La vendetta paterna. Francesco Domenico Guerrazzi
del continuo seduto, pronto alla vostra chiamata, vigile per sovvenire ai vostri bisogni di notte... ma voi punto non vi commuovete; la pietà è chiusa nel vostro cuore di metallo. Andate; chiunque affligge suo padre non può far sì che non capiti male, ed io lo so; — fuori, serpenti, di casa mia; fuori, tizzoni d'inferno... io vi maledico... vi maledico... vi maledico.»
E qui farneticando co' capelli ritti abbrancava ducati, e a manca e a diritta li sbatacchiava furiosamente per terra. Quando poi di ducati andava piena ogni cosa, e del forziere già si vedeva il fondo, tocco da raccapriccio, don Marcantonio sentiva cascarsi il cuore, gli pareva avere commesso sacrilegio; onde mutati ad un tratto intento e voglie, con mano paralitica si dava a raccogliere la sparsa moneta camminando su le ginocchia per ogni parte del pavimento, e in cotesta attitudine bestiale così andava in suono pietoso lamentandosi:
«Ahi finalmente vi prende ribrezzo della ingratitudine vostra... voi piangete... Cessate le lacrime, in nome di Dio, o che il cuore mi si spezza: tiriamo un frego su gli errori passati: punto, e da capo: voi sapete che non posso fare a meno, ch'io vi ami... tremendamente io vi ami. Tornate tornate, figliuoli prodighi, a casa vostra; — tornate nelle braccia del padre; oggi bandiremo festa solenne, ammazzeremo la vitella grassa... Ma i fratelli pretendono le loro pensioni...? Che pensioni, e non pensioni? Quale hanno diritto costoro di strapparmi il cuore? E gli operai, e i creditori, e le loro famiglie come faranno a vivere se tu non paghi i tuoi debiti? E dov'è la necessità, che tutti cotesti uomini campino? Crepino cento volte prima ch'io mi separi dal mio dio, dal mio tutto.»
Intanto aveva riposto, e chiuso come prima i ducati nel forziere. Allora, asciugatisi il sudore e la polvere dalla fronte, guardava con occhi stralunati il forziere, e in suono cupo di voce aggiungeva:
«Mi hanno prima a scorticare vivo da capo a piedi, che tormi di sotto il più piccolo baiocco.» E la mattina se si presentavano i fratelli, ed ei li bistrattava; se operai e mercanti, ed ei per quanto era lunga la sala li rincorreva con la partigiana, e gli avrebbe seguitati giù per le scale, se la paura di lasciare la camera incustodita non lo avesse richiamato a dietro più che di passo. Alla fine dai oggi, dai domani, venivano i birri di corte a gravare i mobili di casa; e il marchese don Marcantonio si chiudeva nella sua stanza, tirava chiavistelli, metteva bracciòli, rizzava puntelli come se avesse dovuto sostenere l'assedio: ma sentiti i primi colpi alla porta, pauroso che gli atterrassero l'uscio, e vedessero le sue ricchezze e il suo stato, calava subito agli accordi; e domandato a quanto sommava il debito, udiva per il buco della chiave la voce del birro ammonirlo cosi:
«Eccellenza! ducati mille per sorte principale.»
«Ahi!» — E traeva un guaio acuto come gli avessero strappato un dente.
«Eccellenza! ducati trentadue e baiocchi quindici per interessi scaduti alla ragione...»
«Ahi! ahi! — Ecci altro?»
«E ducati settantadue di spese, nelle quali vostra eccellenza è stata condannata...»
«Ahi, boia! tu mi fai morire a poco per volta, tagliami di un colpo solo la testa.»
«E ducati ottanta ammenda, nella quale la sacra Ruota vi ha condannato come temerario litigante...»
«Ahi!»
«E le spese del gravamento ducati dodici, e un po' di mancia, se piacerà a vostra eccellenza.»
«Un paio di forche alte quanto il Colosseo.»
«In tutto, eccellenza, ducati mille... cento... novantasei e baiocchi quindici.»
«Senti, famiglio, fatti in qua; mi pare ravvisarti dalla voce, e tuo padre fu certo dei familiari di casa mia... Che fa egli il padre tuo?...»
«Egli è morto cinquanta anni fa.»
«Ouf! Senti, famiglio, tu sai quanto sia il credito di casa Massimi, in ispezie pel suo parentado con la clarissima casa Colonna, e tu mi pari garzone troppo...»
«Eccellenza! garzone io? Traverso il buco della chiave vi servono male gli occhi; io ho sessanta anni suonati...»
«Ciò non monta, famiglio; io posso farti favore se ti preme avanzarti di ufficio.»
«A me non preme altro, che riscuotere i millecentonovantasei ducati e baiocchi quindici...»
«E non si potrebbe risparmiarne almeno cento, e più... vedi un po' se ti riesce...»
«Me li date, o non me li date...?»
«Via, anche sei...»
«Famigli, atterrate la porta.»
«Al diavolo te e la tua infame schiatta, brutto Giuda Scariotte: statevi indietro se la vita vi preme, che or ora vi pagherò.»
Quindi a breve si schiudeva a mala pena la porta, e ne usciva una mano scarna, che agguantava un sacco di moneta; e questo in gran fretta rovesciato si ritirava la mano come lampo, si chiudeva la porta con impeto, e si udiva per dieci minuti il cigolio di catenacci, paletti e bracciòli. — In una parola, il diavolo dell'avarizia aveva preso possesso dell'anima sua.
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