Conferenze tenute a Firenze nel 1896. Autori vari

Conferenze tenute a Firenze nel 1896 - Autori vari


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furto, dell'omicidio, delle libidini, ecc., che esistono appena in embrione in ciascun individuo fino che vive isolato, massime se temperato dall'educazione, si ingigantiscono, tutto ad un tratto, al contatto degli altri.

      Una prova se n'ebbe in molti che andati nella folla repugnanti, o solo curiosi, o anche per impedirne le stragi, finirono per parteciparvi.

      Così un certo Groppin, spedito dalle sue sezioni per salvar dai Settembristi due prigionieri, finì invece di sedere vicino al Maillard e con lui condannare a porte chiuse per 60 ore di seguito quei poveri carcerati.

      Un commesso di negozio, uscito nella via per curiosità, uccise di sua mano 20 preti e dopo poco tempo ne moriva d'orrore e di rimorso.

      E molti dei più feroci rivoluzionari divennero pacifici impiegati sotto Napoleone, come ben nota il Lebon; prova che non erano sanguinari.

      Ma se il fermento criminale epidemico spiega l'irruenza e la ferocia di molti eventi, non può spiegare come essi abbiano potuto durare tanto tempo.

      È giusto, nota Taine, che un uomo come Marat sbraiti: “Arrostate ministri, segretari, metteteli ai ferri. Il re non ha diritto di desinare quando voi mancate di pane. Domandate che con un contributo si dia il benessere agli indigenti; se vi si rifiuta, dividetevi le terre di quei scellerati, fate cadere le teste dei ministri, dei sindaci, dei generali, dei deputati.„ Che un tal matto dica questo non è strano, nè è strano che una plebe affamata, fanatizzata, pratichi questa teoria; ma che vi siano degli uomini di Stato, dei legislatori, che vedono per tre anni la sua mala esperienza e che abbiano sempre continuato ad adottarla come un dogma di fede; che giunti al termine, e vedendo che invece di un tempio trovavano un macello di cui essi erano il greggie e il beccaio, seguitassero a credervi, questo parrebbe inesplicabile. Ma la spiegazione vi è: giustamente diceva in questo luogo stesso, un forte pensatore italiano, il Bonfadini, una rivoluzione non può durare senza un'idea.

      Ora un'idea sussisteva e aveva conquistato si può dire tutti gli animi. Quella della sovranità popolare.

       Influenza di Rousseau.

       Indice

      I germi della prima idea erano nati dietro alle prime scoperte dei grandi scienziati di quel secolo di Newton, Spallanzani, Reaumur, che tutti o scettici o panteisti o deisti, tendevano ad atterrare l'ortodossia religiosa e politica; se non che quelle idee in gran parte giuste, si guastarono attraversando le menti pervertite dal classicismo, pronubo alle tristi nozze, un delinquente e pazzo di genio, il Rousseau.

      Costui a vicenda cieco e veggente, poeta malato, in luogo dei fatti vedea i propri sogni, prendeva per atti i suoi propositi, e per propositi le sue velleità.

      Sognatore e selvaggio, dominato dalle idee di persecuzione e dall'ambizione, si foggia gli uomini sul proprio stampo. “L'uomo è buono, l'ambiente lo guasta, tornate alla natura.„ E perciò egli invece di punire il malvagio, “puniva il gendarme che deve contenerlo„. La proprietà, secondo lui, è ingiusta, il ricco diceva al povero: vi do il permesso di servirmi ma in compenso dovete darmi tutto quello che vi resta. La società dunque è basata su un contratto iniquo, il popolo è il sovrano, il governo invece in realtà ne è men che il commesso.

      Chi leggeva queste strane sentenze non ricordava che chi le dettava era un lipemaniaco, già ladro, già apostata, già cerretano, che aveva percorse tutte le gamme della scienza, e del vizio, che ritiratosi, come un selvaggio nei boschi, credeva di esser perseguitato dalla folla e che poteva ben dir col Tasso che così spesso citava:

      Sempre fuggendo avrò me sempre appresso.

      “Io ho (scrive egli stesso nelle sue Confessioni), passioni ardentissime; mentre queste mi agitano, non conosco più riguardi, non amore; non vedo che l'oggetto; tutto ciò dura un istante, e l'instante che segue mi accascia, mi prostra.

      “Dominato dai sensi, egli continua, non seppi resistervi mai; il piacere più piccolo, ma presente agli occhi, mi seduce più che tutte le gioie del paradiso.„ Infatti per il gusto di una cena fratesca (del padre Pontierre) si faceva apostata; per un lieve ribrezzo abbandonava crudelmente un amico epilettico sulla via.

      Nè le passioni soltanto erano in lui morbose e violenti, ma l'intelletto pur anco era nella sua compage e fino dai primi anni guasto ed alterato, e ne siano prova queste confessioni:

      “La mia immaginazione non è mai montata sull'allegro come quando sto male davvero. La mia testa non sa abbellire le cose veramente piacevoli che m'accadono, ma sì bene le immaginarie. Se voglio dipingere bene la primavera bisogna che sia d'inverno.„

       “V'hanno tempi in cui sono sì poco simile a me stesso, che mi si prenderebbe per uomo di carattere affatto opposto. Prendetemi nella calma: sono l'indolenza, e la timidità stessa, e non so esprimere nulla dei miei pensieri; se io invece mi passiono, subito trovo ciò che ho da dire; le idee circolano imbarazzate, lentamente, sordamente, e non si presentano mai che dopo l'occasione. I piani più bizzarri (Confess., I, 129) più matti e fanciulleschi mi seducono, mi piaciono, mi paiono verosimili.„ Difatti a 18 anni si mette con un altro amico in viaggio con una fontanella di bronzo, e crede di poter vivere ed arricchire facendola vedere ai contadini.

      E così quest'infelice percorre la serie di quasi tutte le arti, dalle più nobili alle più vili, da quelle dell'apostata a denaro, a quelle dell'oriolaio, del cerretano, del maestro di musica, del pittore, dell'incisore, del servo e del segretario diplomatico in erba, e nella letteratura e nelle scienze si abbarbica alla medicina, alla musica, alla botanica, alla teologia, alla pedagogia. L'abuso del lavoro intellettuale, tanto più dannoso in un pensatore in cui le idee svolgevansi lente ed imbarazzate, e lo stimolo sempre crescente dell'ambizione, a poco a poco trasformano l'ipocondriaco in melancolico e per ultimo in maniaco.

       “Le mie agitazioni, scrive egli, le mie ire mi commossero, sì che durai in delirio dieci anni e non sono calmo che ora!„ Calmo!? Quando il morbo incronichito non gli lasciava omai distinguere più, nemmeno per brevi lampi, la parte reale dei dolori dalla immaginaria!

      E infatti ei si ritira dal gran mondo, in cui anche prima s'era trovato a disagio, e fugge nella solitudine; ma anche nella campagna il mondo della città lo perseguita; i vapori dell'amor proprio, i tumulti del mondo appannano la freschezza della natura. Ha un bel rivolgersi nei boschi; la folla ve lo segue e persegue.

      Più tardi crede che la Prussia, l'Inghilterra, la Francia, i re, le donne, i preti, gli uomini irritati da alcune frasi contenute nelle sue opere, gli abbiano mosso contro una terribile guerra, cogli effetti od apparenze della quale egli spiega il malessere interno che prova.

      “Nel raffinamento della loro crudeltà, i suoi nemici hanno dimenticato una cosa sola: di graduargli i dolori, onde potesse tutti a sorso a sorso provarli.„ (Rêverie, p. 371).

      Nella sua dimora a Londra, la sua melancolia si trasforma in un vero accesso maniaco. S'immagina che Choiseul lo facesse cercare per arrestarlo; lascia i denari ed i bauli all'albergo e fugge alla spiaggia pagando gli albergatori con pezzi di cucchiai d'argento; trova i venti contrari alla navigazione, e crede anche ciò un effetto del gran complotto; irritatissimo arringa dall'alto d'un colle, in cattivo inglese, la folla di Warton che lo ascolta, stupefatta, ed egli crede commossa.

      Ma, ritornato in Francia, non trova ancora calmati i suoi nemici invisibili che lo spiano e interpretano male ogni suo atto. Se legge un giornale “essi dicono ch'egli cospira„; se fiuta una rosa, certo sospettano che studi qualche veleno contro di essi. Di tutto gli vien fatto colpa. Per poter meglio spiarlo, essi collocano alla sua porta un rivenditore di quadri, e fanno che la porta di casa non si possa socchiudere; niuno entra in sua casa che prima non sia stato sobillato contro lui. Essi corrompono contro di lui il caffettiere, il parrucchiere, l'oste, ecc.; il lucidatore di scarpe non ha lucido quando egli lo desidera; il pontoniere della Senna non ha barche quando egli vuol traghettare.

      Egli chiede


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