Speranze e glorie; Le tre capitali: Torino, Firenze, Roma. Edmondo De Amicis

Speranze e glorie; Le tre capitali: Torino, Firenze, Roma - Edmondo De Amicis


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è credibile che ei non stimasse quell'intento una follia. E vivo ancora e soggiorna fra noi quel venerando ministro d'Inghilterra che disse ai lavoratori:—Voi sarete presto i padroni del mondo.—E son menti elette e potenti d'ogni razza che studiano i mali e i rimedi, che affrontano da tutti i lati il problema, e cercano ad uno ad uno gli organi vitali della società nuova, con una costanza maravigliosa e una fede invitta. Oh vediamo un poco se l'ordinamento della società, che s'è andato mutando così profondamente a traverso ai secoli, abbia raggiunto davvero una tal perfezione, che debba dare un fermo alla storia, che non si possa più correggere o mutare in alcuna sua parte essenziale, senza fare il peggio anche del maggior numero, a cui riesce intollerabile ancora. L'affermazione, se non alttro, è ardita. Vediamo un po' col giudizio nostro se quello che ci propongono è veramente un'utopia!

      Per questo io vi ripeto, concludendo:—Occupatevi voi pure, quanto i vostri studi ve lo consentono, della quistione sociale.

      A quelli di voi che non si sono ancora affacciati alla nuova letteratura (già ricchissima e svariatissima) o per mitezza d'animo che rifugge dai cimenti della coscienza, o per il falso concetto, diffuso da quelli a cui giova, che le idee socialistiche sian proprie per essenza loro delle nature acri e violente o di gente invelenita dalla mala fortuna, io dico:—Entratevi anche per poco, non v'arrestate davanti alla sua parte arida o volgare, irta di cifre o gonfia di rettorica, procedete oltre le sue lacune nebbiose, e vedrete quante anime nobili e belle vi si son consacrate; quanti fortunati del mondo ne sono i più ardenti cavalieri; quante pagine forti e splendide di pensiero, quante altre riboccanti di pietà e di amore e di tutti gli affetti più delicati e più santi essa conta già fra le sue; e vi troverete pure delle rivelazioni di miserie che ignoravate e che vinceranno ogni vostra idea, ed esempi di virtù e d'eroismo che vi strapperanno un grido d'ammirazione, e raggi sublimi di speranza, e sogni fors'anche, ma così vasti e luminosi che tutta l'anima vostra ne uscirà abbagliata e commossa come da una visione dell'umanità ideale di Cristo.

      Dico a quelli di voi che, essendosi già affacciati a questi studi, ne hanno respinto alla prima le conclusioni:—Diffidate di voi stessi, fate ancora uno sforzo per proseguire, per sciogliervi dai pregiudizi fra cui voi ed io siamo nati, dalle idee che ci furono inculcate con l'educazione, e dalla suggestione delle consuetudini della vita che sono più forti delle idee; fate ancora uno sforzo per correggervi di quel nostro difetto congenito all'organo visivo dell'intelligenza, il quale ci fa apparire il mondo di scorcio, atteggiato in modo che gli interessi intellettuali e materiali della nostra classe ci si presentano come gli interessi della società tutta quanta; fate ancora per poco questo sforzo, che è di tutti il più difficile, poichè si tratta d'uscir da noi stessi, e di tutti il più fecondo, poichè, a chi lo compie, si mostra ogni cosa sotto un aspetto nuovissimo, e gli par di ricominciare la vita dello spirito e di avanzarsi in un mondo ignorato. E se, fatto quest'ultimo sforzo, rimanete fermi nelle prime idee, palesatele e lottate per esse a viso aperto, perchè nella grande battaglia sarete più rispettati e più utili come nemici appassionati che come scettici spettatori; e non scendete mai nello sciame innumerevole dei farisei, che strisciano chi è in alto per ambizione e adulano chi è in basso per paura, che commiserando con finto affetto la plebe che disprezzano, con una mano si picchiano il petto e con l'altra nascondon la borsa, per chiederle poi dei voti con tutte e due.

      A quelli di voi, finalmente, il cui cuore è già vinto e batte col mio, io mando il saluto del compagno e il bacio del fratello, e dico:—Perseverate, o prediletti, anche nel campo più faticoso, nella parte rigidamente economica di questi studi, perchè il periodo idillico del socialismo è chiuso da un pezzo, perchè esso è giunto a tal grado di maturità, che non basta più il portargli il semplice contributo della passione: dovere di tutti ora è di tradurre i sentimenti in idee, di rispondere ad ogni lamento del popolo con una ricerca alacre e paziente dell'intelletto. E andate innanzi senza alcun fine, senza attender nè sperar alcuna gratitudine, non cercando il premio che nella soddisfazione altissima di operare secondo coscienza, di non aver più bisogno di mentire, nè di soffocar la voce dell'anima, nè di mascherar l'egoismo; il che vi riuscirà assai più facile che non pensiate, perchè la grande quistione sociale, la quale tocca tutte le scienze come l'oceano bacia tutte le terre, ha pure questo di benefico, che schiaccia col peso della sua grandezza, che offusca con la forza del suo splendore ogni meschina vanità, ogni basso interesse di colui che le si consacra. Comprendendola degnamente, voi abbraccerete nel vostro affetto fiammeggiante non soltanto le classi sociali che più lo meritano e più n'han bisogno, ma pure la vostra, per la quale v'entrerà nel cuore una sollecitudine nuova e profonda; sentirete sorgere in voi attitudini e forze sconosciute; sentirete nel vostro ingegno e nel vostro petto dilatati fremere il soffio dell'umanità, come il palpito d'una seconda giovinezza, più poderosa e più dolce di quella che già vi ferve nel sangue e vi splende sul viso.

      Voi conoscete l'immaginazione terribile del Carlyle, che raffigura il mondo presente in una landa selvaggia e caotica, coperta di nebbie pestilenti, gravata d'un'atmosfera di piombo, nella quale scrosciano diluvi e guizzano lampi di rivoluzione, e per le vaste tenebre non luccicano che le fosforescenze della filantropia, e non v'è più stelle nel cielo. Ebbene, manca un'immagine al quadro: una moltitudine che empie tutto l'orizzonte, estenuata e lacera, rivolta tutta verso un punto dove biancheggia il cielo, con le braccia stese a invocare il nuovo sole, il sole che le asciughi le lagrime, che le riscaldi le membra, che le abbellisca la terra, che le faccia amare la vita. Oh, questo sole splenderà, abbiamone fede! Possiate voi, che siete giovani, vederlo sorgere, e felici quelli che, salutando il suo primo raggio, potranno dire nella propria coscienza:—Io l'ho desiderato ed atteso!

      Torino 1892.

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