Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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essa,

       Ilbina ha nome, che la dea Diana

       la mandò a te ed halla a te concessa.

      E perché la mia spen non fosse vana,

       80 Iunon la confermò e fe' che scese

       Iris, sua nuncia, presso una fontana.

      Acciò che mie parol sien meglio intese,

       mira colui che sal su per la via:

       il mio figliuol colui d'Ilbina accese.

      85 Costui è quel, di cui prego che sia

       la detta ninfa; ed egli è quel che fue

       dato da Iuno a lei per compagnia.

      Vedi che move ratto i passi insúe

       e per la costa omai è tanto stanco,

       90 che a pena dietro a te può seguir piúe.—

      Minerva, vòlta verso il destro fianco,

       mi rimirò; ed io era da lunge

       tre gettar di balestro o poco manco.

      Come che 'l servo se medesmo punge,

       95 che è visto ed aspettato dal signorso,

       che affretta i passi insin che a lui aggiunge;

      cosí fec'io insin ch'io ebbi corso

       al carro, ove Ciprigna s'era posta,

       che mi aspettava per darmi soccorso.

       p. 58

       100 Come persona a compiacer disposta

       a chi la prega, cosí Palla fece

       a Citarea benigna risposta:

      —Se a Iunone, a cui imperar lece,

       io ho rispetto ed a te che 'l domandi,

       105 che puoi dir: «Voglio», e fai cotanta prece,

      io mi contento far ciò che comandi;

       ma chiama Ilbina e vedi se consente

       innanti che 'l mio carro piú su andi.—

      Come donzella, che tra molta gente

       110 si dé' sposar, ed ègli detto:—Vuoi

       per tuo marito costui qui presente?—

      che, vergognando, abbassa gli occhi suoi;

       cosí Ilbina si fe' vergognosa,

       parlando questo le dèe amendoi.

      115 Però gli disse Venere amorosa:

       —O ninfa, che tra l'altre piú elette

       piú bella se' e piú pari graziosa,

      perché della vergogna sottomette

       il tuo bel volto? perché hai temenza

       120 del mio parlar, che gran ben ti promette?

      Vien' su nel carro di tanta eccellenza:

       io ti voglio parlar quassú da presso:

       vien' su avanti alla nostra presenza.—

      Come la zita col volto sommesso

       125 va per la via e move il passo raro,

       tal andò al carro e poi montò su in esso.

      Mentre salea, io vidi un foco chiaro,

       che gli abbruciò l'estremitá del panno,

       ond'ella mise un gran suspiro amaro.

      130 Quando s'avvide Palla dello 'nganno

       e che conobbe il foco, il fumo e 'l segno

       del sospirar, che fe' con tanto affanno,

      si volse a Citarea con grande sdegno:

       —Come se' tanto ardita, o rea e falza,

       135 tradir le ninfe, che son del mio regno?

       p. 59

       Nata nel mare giú tra l'acqua salza,

       de li membri pudendi, e tra le schiume,

       qual è quella superbia, che t'innalza?

      Madre e maestra d'ogni rio costume,

       140 pártite e vanne al regno tuo, lá dove

       ogni tuo atto è vano e torna in fume.

      Tu lodi il tuo figliuol, che ferí Iove;

       ma non fu il vero: Iove anche è diverso

       da quel che il cielo ed ogni effetto move.

      145 Quel sommo re, che regge l'universo,

       porta odio a te e 'l tuo figliuol descaccia,

       sí come falso amor, rio e perverso.—

      Come chi scorna, ch'abbassa la faccia

       e mormorando seco il capo scuote,

       150 mostrando irato e con segni minaccia;

      cosí Ciprigna con le rosse gote

       partíssi quindi ed al figliuol ricorse,

       come chi sé vendicar ben non puote.

      E giá ad Ilbina sarebbon trascorse

       155 le fiamme e 'l sacro foco insino al core,

       se non che Palla il suo scudo gli porse,

      che ha tanta virtú, tanto valore,

       che ogni fiamma di Cupido ammorta,

       ogni atto turpe ed ogni folle amore.

      160 E questo scudo, che Minerva porta,

       è di cristallo e 'l capo gorgoneo

       ha sú scolpito di Medusa morta,

      vinta per forza e ingegno di Perseo.

      p. 60

       Indice

      Come la dea Minerva racconta all'autore l'eccellenza del suo reame.

      Con miglior labbia poscia a me rivolta

       la dea Minerva splendida e serena,

       mi disse:—Attento mie parole ascolta.

      Se vuoi lassar Cupido, che ti mena

       5 tra' duri scogli dell'aspro deserto

       con tanti inganni e con cotanta pena,

      e vuoi salir la strada suso ad erto,

       meco venendo all'alto mio reame,

       chiuso agli stolti ed alli saggi aperto,

      10 io ti farò amar dalle mie dame,

       che fanno i lor amanti esser felici,

       e te faran beato, se tu l'ame.

      Le ninfe di Diana servitrici,

       rispetto a quelle, ti parran villane,

       15 incolte, indotte, zotiche e mendíci.

      O ben dell'aspre selve, o cose vane,

       tanto veloce lo tempo vi toglie,

       che come d'ombra nulla ne rimane!

      Non posson contentar l'umane voglie,

       20 che 'n sé non hanno esistente bontade,

       e 'l ciel le logra, mentre sopra voglie.

      E, perché il ciel voltando sempre rade,

       quel che fu nuovo riveste l'antico;

       però le cose belle si fan lade.

      25 E, perché meglio intendi ciò ch'io dico,

      


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