Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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120 e che mai non mi lasci per persona.—

      Io gliel promisi e per fede gli strinsi

       la bianca mano e con le braccia stese

       il capo bianco e 'l collo ancor gli avvinsi.

      Contro l'amor non fe' poi piú difese

       125 la bella ninfa e mostrossi sicura,

       pur con vergogna ed onestá cortese.

      Cercando andammo per quella pianura,

       e poi salimmo ad alto suso al monte,

       in tanto che la notte si fe' oscura.

      130 Era giá Febo sotto l'orizzonte

       ben venti gradi, ed ella mi condusse

       in un bel prato, ov'era un bello fonte.

      Ed in quel loco tanto vi rilusse

       la chiara luna, che per quella valle

       135 ogni fiore io vedea qual e' si fusse.

       p. 44

       Di fiori e di viol vermiglie e gialle

       la bella ninfa tutto mi coprío;

       e poi sul prato mi posai le spalle.

      E quando all'oriente in pria apparío

       140 il chiaro sol, trovai che n'era andata,

       e posto un sasso scritto al capo mio,

      nel qual dicea: «Sappi ch'io son tornata

       a dea Iunone, alla regina mia;

       che colle mie compagne io sia trovata.

      145 Tu sai che dea Iunone, andando via,

       di lassarmi a Diana ell'ha promesso

       che con lei io rimanga in compagnia.

      In questo tempo che star m'è concesso,

       staremo ed anderem come a noi piace,

       150 cercando e boschi e balzi e scogli spesso.

      Fatti con Dio e tieni occulto e tace;

       e prego che a vedermi torni tosto,

       ché solo in veder te 'l mio core ha pace».

      Oh lasso! a Invidia nulla è mai nascosto,

       155 c'ha mille orecchie la malvagia e rea,

       e l'occhio suo in mille lochi è posto.

      Questa n'andò all'una e all'altra dea,

       dicendo:—Or non sapete ch'una dama

       qui delle vostre, chiamata Lippea,

      160 il giovinetto qui venuto ell'ama

       col core e coll'amor tanto fervente,

       che sol per lui di rimaner ha brama?—

      E, detto questo, sparí prestamente.

      p. 45

       Indice

      Come la ninfa Lippea si duole che le convien partire.

      Letto ch'io ebbi ciò che nel sasso era,

       io mi partii e dentro uno spineto

       mi posi a stare ascoso insino a sera,

      acciò che il nostro amor fosse segreto.

       5 Presso all'occaso ed io scendea la costa

       e per veder Lippea andava lieto.

      Ed una driada disse:—Fa', fa' sosta—

       forte gridando, ond'io maravigliai

       e 'nsin che giunse a me, non fei risposta.

      10 Quando fu a me, ed io la domandai.

       —Non sai—rispose—ciò ch'è intervenuto,

       e Lippea quanti per te sostien guai?

      L'amor tra te e lei stato è saputo,

       e conven che si parta: oh sé infelice,

       15 ché contra questo nullo trova aiuto!

      Io son sua driada e giá fui sua nutrice:

       l'amor, che porta a te, m'ha rivelato,

       ed ogni suo segreto ella mi dice.

      Se saper vuoi il fatto come è stato,

       20 la Invidia, che sempre il mal rapporta,

       che mille ha orecchie ed occhi in ogni lato,

      disse a Iunone:—Or non ti se' tu accorta

       che Lippea ama il vago giovinetto,

       che venne qui e tanto amor gli porta?—

      25 Poscia sparío, quando questo ebbe detto

       la rea, che ha mille occhi e tutto vede

       e mille orecchie e tosco ha dentro al petto.

       p. 46

       Ah Invidia iniqua, quanto a te si crede!

       e perciò volentier tu se' udita,

       30 perché troppo al mal dir si dona fede.

      A Lippea detto fu che ammannita

       stesse ad andarne nel seguente giorno,

       quando Iunon volea far sua partita.

      Pel gran dolor e per lo grave scorno

       35 d'amaro pianto si bagnò le gote,

       e smorto diventò suo viso adorno.

      E per non far di fuor le fiamme note,

       che Amor le aveva acceso dentro al core

       coll'arco dur, che mai invan percote,

      40 pigliava scusa pianger per l'amore,

       ch'ella portava alla Diana dea

       e alle sue ninfe come a care suore.

      —Sorelle mie—dicea,—perché credea

       rimanermi con voi, però 'l cuor piagne

       45 che dipartir mi fa la 'Nvidia rea.

      E non sará che mai 'l mio pianto stagne:

       tanto è l'amor, oh lassa me tapina,

       ch'io conceputo ho qui, o mie compagne.—

      Poscia andò a Iuno e disse:—O mia regina,

       50 per darmi infamia e darmi vitupero,

       l'Invidia con sua lingua serpentina

      detto ha cosí; ma s'ella dice il vero,

       io cada morta, o s'io assento all'arme

       di dio Cupido o mai n'ebbi pensiero.

      55 Quando deliberasti, o dea, lassarme,

       concepii amore a tutte, ed or mi dole

       se io le lascio e altrove puoi menarme.—

      Iunon rispose a lei brevi parole:

       —Voglio che vegni e, quando il carro parte

       60 crai, sii la prima sul levar del sole.—

      Poscia che mille lacrime ebbe sparte,

       dicea fra sé dolente ed angosciosa:

       —Come farò? oimè! 'l cor mio si sparte.—

       p. 47

       Come va 'l cervio, a cui giá venenosa

       65 è giunta la saetta, e move il corso

       or qua or lá, e insin che muor non posa:

      cosí ed ella per aver soccorso

      


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