Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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e cantando dicíen:—Viva Iunone!—

       con suoni, balli, gioia e con gran festa.

      Il carro ad ogni rota avea un grifone,

       pappagalli e pavon con belle penne

       45 intorno e sopra; e tre 'n ogni cantone.

      Poscia che 'l plaustro giú nel pian pervenne,

       Diana il carro suo fe' venir anco,

       che gran bellezza ancora in sé contenne,

      di drappi adorno e d'ogni uccello bianco:

       50 mai vide Roma carro trionfante,

       quant'era questo bel, né vedrá unquanco.

      Con piú di mille ninfe a lei davante

       ella si mosse incontra a fare onore

       alla regina, moglie al gran Tonante.

      55 E poiché fu ballato ben due ore,

       le ninfe di Iunon l'altre invitâro

       a voler concertar con lor valore,

      dicendo:—Acciò che ben si mostri chiaro

       chi usa meglio l'arco o voi o noi,

       60 se a voi piace, a noi anco sia caro.

      Di vostre ninfe due eleggete voi;

       e noi due altre; e chi trarrá piú dritto,

       da dea Iunon sia coronata poi.—

       p. 27

       Alle dèe piacque cosí fatto ditto;

       65 e dea Diana una corona pose

       nell'aer alta a lor per segno fitto,

      fatta di fiori e pietre preziose.

       Per parte di Iunon, celeste dea,

       vennono due ardite e valorose.

      70 Una fu Ursenna e l'altra fu Lippea,

       a me promessa, bella giovinetta;

       ma che foss'ella, io ancora nol sapea.

      A lei diede Iunone una saetta

       e l'arco eburneo bello ed inorato:

       75 tanto era grata a lei e tanto accetta.

      A campo incontra uscîr dall'altro lato

       Lisbena e Pallia; e queste due son quelle,

       che, 'nvitando Iunone, avean cantato.

      E patto fên tra lor quelle donzelle

       80 di trar tre volte; e chi piú ritto manda,

       dé' coronarsi le sue trecce belle.

      Pallia trasse prima alla grillanda,

       coll'arco dirizzando a lei lo strale;

       ma ello dechinò a destra banda.

      85 Poi trasse Ursenna; e ferío altrettale,

       sí che fu giudicato d'este due

       che fosse il colpo loro ognuno eguale.

      Lisbena a saettar la terza fue

       e die' sí ritto, che quasi toccata

       90 fu la grillanda nelle frondi sue.

      Lippea trasse la quarta fiata

       e ritto tanto, che toccò una fronde,

       che cadde in terra dal colpo levata.

      Le sue compagne si fenno gioconde,

       95 perché credetton che dentro passasse;

       ma spesso il fatto al creder non risponde.

      Pallia poi un'altra volta trasse,

       prima pregando la sua dea Diana

       che 'l dardo alla corona dirizzasse.

       p. 28

       100 Ma la saetta tratta andò lontana

       dalla grillanda forse quattro dita,

       sí che la prece e la spene fu vana.

      Lippea bella giá s'era ammannita,

       e, dopo lei, col suo duro arco scocca

       105 una saetta leggiadra e polita.

      Da lei fu un poco la grillanda tócca,

       non dalla punta, ma sol dalla penna,

       c'ha la saetta appresso della cocca.

      E, dopo questa poscia, trasse Ursenna,

       110 Lisbena poi; e giá secondo il patto

       due volte ognuna avea tratto a vicenna.

      Ognuna ancora avea a fare un tratto;

       e Pallia pria, per aver la corona,

       vòlta a Diana con riverente atto

      115 disse:—Se mai, o dea, la mia persona

       servito ha te con arco e con faretra,

       a questo colpo la grillanda dona.—

      Poscia a misura, come un geomètra,

       nella corona sí forte percosse,

       120 che ne fe' d'ella sbalzare una pietra.

      Nel centro avrebbe dato, se non fosse

       che Iuno in quella fe' venire un vento,

       che 'l dardo alquanto dal segno rimosse.

      Ursenna, lieta d'esto impedimento,

       125 prese la mira per voler poi trare,

       col core e con lo sguardo ben attento.

      Non die' nel mezzo, ov'ella credea dare;

       ma la toccò e commossela alquanto,

       ma non però che la fêsse voltare.

      130 Ora in due era omai rimaso il vanto

       della battaglia e della gran contesa;

       e queste eran pregate da ogni canto.

      —Fa', o Lisbena, che vinchi l'impresa

       e getta sí, che non abbiam vergogna,

       135 con l'arco al segno e con la mente intesa.

       p. 29

       —Soccorri, o dea Diana, or che bisogna

       —disse Lisbena,—e se lo mio quadrello

       tu fai che dentro alla grillanda io pogna,

      offerta farò a te d'un bianco agnello,

       140 di bianchi gigli e bianchi fior coperto,

       e d'un bel cervio a Febo tuo fratello.

      Egli è signor e dio e mastro esperto

       di trar con l'arco: egli ferí Fetonte,

       il quale un gran paese avea deserto.—

      145 Lippea ancora al ciel con le man gionte

       a dio Cupido insú alzava il volto,

       che stava meco ascosto a piè del monte.

      —Derizza il dardo mio, ti priego molto,

       o dio d'amor, sí come tu percoti

       150 col dardo che nel cor a tanti è còlto.—

      Poich'ebbon fatti molti e grandi voti

       e che pregato avean con gran desire,

       mostrando gli atti e' sembianti devoti,

      trasse Lisbena, a cui toccò il ferire;

       155 e 'l dardo dentro alla grillanda colse

       in un de' lati e torta la fe' gire.

      In quel che la corona si rivolse,

       gittò Lippea nella circonferenza;

      


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