Novelle. Cesare conte Balbo
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Cesare conte Balbo
Novelle
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066071103
Indice
QUATTRO NOVELLE NARRATE DA UN MAESTRO DI SCUOLA.
NUOVE NOVELLE NARRATE DA UN MAESTRO DI SCUOLA.
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QUATTRO NOVELLE NARRATE DA UN MAESTRO DI SCUOLA.
E venutomi innanzi
Un che di stampar opere lavora,
Dissi: stampami questa alla mal'ora.
Berni.
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PREFAZIONE DELL'AUTORE
Alla edizione delle Quattro Novelle stampata in Torino, per Giuseppe Pomba, nel 1829.
Se vuoi fare a modo mio, cortese discreto leggitore, tu hai nel presente libretto a distinguer bene due persone; il narratore autor delle novelle, e lo scrittore editore di esse. Il primo è un mio amico maestro di scuola in una terra non molto discosta di qua, ma che tu chiederesti invano qual sia, non volendotene io dir nulla per ora, se non ciò che troverai innoltrando due facciate in capo alla prima novella. Del resto, innoltrando più lo conosceresti anche meglio per le sue proprie parole; che quando non si può per le azioni, è pur il miglior modo di conoscere un uomo; miglior assai che per qualunque cosa se ne possa udire da chicchessia altrui, anche da un amico. Così facendo, spero tu abbia a voler po' di bene al maestro; benchè sarà difficile tu gliene voglia mai tanto quanto io. Che se le sue narrazioni ti andassero a genio, vedrei di averne altre, e forse anco un giorno ti scriverei la vita di lui, ch'egli ha narrata a me, ed alcuni altri privati suoi; ma al pubblico dice, che è un'impertinenza far la vita di tale, che non importi se sia vivuto. Perciò è che voglio vedere d'accattarmi prima un po' d'amor tuo. E parendomi che possa conferir a ciò la sua figura, che è buona ed amorevole, sì te la dono sul frontispizio, gratis, come si usa oggidì. Or lasciolo stare, e vengo all'editore, che, come vedi, sono io. Nè debbe calerti chi io sia. Ma forse mi dimanderai come, o perchè io mi mettessi a ciò? Or dirotti: ascoltator trovaimi di novelle per ozio; scrittor fecimi [pg!4] per ozio, ora editor divengo per ozio. Nè da te voglio altro, se non che leggitor mio ti faccia tu anche per ozio. Ma se, passate due ore così, tu ti trovassi d'alquanto migliore, od anche non peggiore; credimi, l'hai a tenere per tanto guadagno, e perciò ad avermene tanta obbligazione. E lascia poi tacciar le mie novelle di classiche, o romantiche, storiche, immaginate, miste, o che so io; tieni buona ogni cosa che non t'annoi, e non ti guasti. E così tu voglia tener me; ed io chiamerotti di nuovo, discreto, cortese, benigno, e benevolo leggitore.
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FRANCESCA.
La calunnia è un venticello.
Rossini, Il Barbiere di Siviglia.
In una villa dove già vissi alcuni anni, fu da maestro di scuola un prete molto buono e sociabile; del quale, come aveva detto messa e finita la scuola o l'ufficio, e se occorreva qualche confessione, ogni sollazzo era alla state ir a diporto su per que' colli, od a sonar gli organi e i gravicembali ne' castelli all'intorno; e il verno poi entrar nelle case de' signorotti e de' villani di quel contado, ed ivi, come si dice, fare stalla, che tant'è come in città far conversazione. E perchè virtuoso e pio e pacifico uomo egli era, ogni suo conversare tendeva a ispirare pace e pietà. Ond'egli poi solea con gli altri preti suoi amici darsi vanto di non far altro là, che continovar lo insegnamento della dottrina cristiana incominciato alla scuola e spiegarla con gli esempi, che fanno più impressione, ma che non tutti starebbero bene in chiesa. — E veramente, egli aggiugnea sorridendo, anche queste vecchierelle usano così, e volendo dar insegnamenti alle giovani, subito vengono agli esempi; ma questa differenza è tra esse e me, che elle li scelgono presso le vicine e contemporanee, io sempre li cerco in tempi antichi e luoghi sconosciuti. Nè so se nel modo loro sia più efficacia, ma nel mio certo è più carità. — Ed una sera che c'ero pur io, ed a suo malgrado s'era appunto sparlato della gente, il buon maestro incominciò così:
[pg!6] Donne mie, lo sparlare della gente è una brutta cosa: e' si fa senza badarci, e chi l'ha fatto la sera, talor non se ne ricorda la domane, nè mai più di sua vita; e intanto quella parola così leggermente uscita di bocca cresce e fa danno, e talor perde un uomo o una donna nell'onore e nella roba, e talor anco nella vita; e chi l'ha detta, anche pentito, non la può più riavere. Del calunniar poi per malignità non ne dico, perchè voi altre siete tutte buone; ma nelle città e paesi grandi è altrimenti. In una di queste, ch'io non vi nomerò, perchè non la conoscete, e se la conosceste, ve la nomerei anche meno, e' fu già una fanciulla chiamata Francesca, nobile, bella, e che era nata ricca e grande quasi sopra ogni altra della città. Ma per il parteggiare che si faceva a que' tempi (gran disgrazia, figliuoli miei, queste parti e nimicizie in un paese!) erano stati uccisi in guerra, ed anche in piazza a furia di popolo, o di supplizi, o morti in esiglio, tutti i suoi, padre, avo, zii, fratelli; che tutti erano stati della parte perdente, ed ella sola e meschina rimanea colla madre vedova e ridotta a povertà. E in che trista vita s'allevasse la fanciulla, pensatelo voi. Non feste, non divertimenti, non gaio e giovanile vestire, che non si convenivano a tal povertà e vedovanza; nemmeno quasi un passeggio, per orrore ch'avea la madre d'incontrare or l'uno or l'altro degli uccisori o persecutori di suo marito o de' suoi figli; non compagne, nè amiche, che poche lor ne restavano, e quelle per timore si schivavano l'una l'altra più che non si cercavano. Ma sole, e il più del tempo la madre a piagnere; la figliuola a piagner con lei, a lavorar dell'ago