Novelle. Cesare conte Balbo

Novelle - Cesare conte Balbo


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o leggenda, e poi di nuovo a veder piagnere la madre, ed uscir ogni domenica a messa molto per tempo, e a vespro molto tardi per non esser vedute, sempre vestite di un cambelotto nero, che la madre quasi credette far un peccato a lasciarlo poi mutar in bigio dalla fanciulla. Nè tuttavia crediate che fosse del tutto disconsolata la vita di questa. Non ella avea conosciuto padre nè fratelli, sendo tuttavia al petto della madre quando si rivolse lor fortuna. [pg!7] Ed, oltrechè il non rammentar tempi felici gran diminuzione è di miseria, la prima gioventù ha nel sangue stesso la felicità, ed a lei piovono le consolazioni. Ora era un bel giorno di primavera, e la madre lasciavala pur uscire all'alba colla servuccia a raccor fiori, ed ella riportavale un bel mazzo di mammole, che poi faceva sotto il povero tetto soave fragranza tutto quel giorno; ora comprato da qualche monello un bel cardellino, ella poi se l'allevava con un amore che se ne faceva un compagno; ora anche, perchè ella era tanto buonissima come bella, con quella poca moneta che poteva avere, sollevava ella meschina qualche più meschino di lei, il quale ne durava grato, meno a lungo forse che non ella felice. Nè era tutto, perchè forza è pur dirlo. Non compiuto avea il sedicesimo anno, una consolazione le venne troppo maggiore delle mammole e del cardellino, ed anche della sua amorevole carità; una consolazione da lei prima inavvertita e che ella nè consolazione nè altro di niun nome chiamava: ma era una vista, un pensiero, una occupazione continova, anzi una vita del tutto nuova e dolcissima.

      Nè a voi che accorte siete è mestiero dirvi che fosse. Dicovi solo il nome del giovane che la vide un giorno a caso in quelle sue gite mattutine a' praticelli fioriti, e sotto il povero e tristo abito pur la trovò bella più di niuna altra, e tornò il domane e ogni giorno, poi molti giorni senza incontrarla, e talor anco la incontrò, e la trovò più bella ogni volta, e pur non le si accostò; ma la seguì da lungi e fino a casa, e seppe chi era; e saputolo, perchè quantunque nascosta mal era ignota sua bellezza e sua bontà e miseria, subitamente con gran passione di lei s'innamorò. Il qual giovane adunque si chiamava Manfredi, ed era pur egli bello e nobile giovine, e pur egli di casa stata ricca e de' perdenti, e il suo padre era morto in esiglio: ed egli era povero e solo rimasto, e benchè di assai ingegno e virtù, e molto destro in armi e cavalli, pure, perchè odioso a chi reggeva la repubblica, non era adoprato in nulla, nemmeno nella milizia, onde languiva in grande ozio. E, come sapete, dicesi l'ozio padre de' vizi, ma io ben credo che sia [pg!8] l'ozio de' felici; perchè gl'infelici e poveri mal possono darsi a' piaceri e alle gozzoviglie, e a' vizi che ne vengono. Sì confesso che gli oziosi infelici troppo sovente cadono poi in amore; e così cadde Manfredi. E l'amore di uno povero ozioso che non abbia altro a pensare il dì e la notte è poi tutt'altro che quello de' giovani occupati ne' piaceri e maneggi pubblici e privati. E in una parola Manfredi era, come si dice, perduto d'amore; che vuol dire che non avea più altro pensiero al mondo; od anzi, che tutti i suoi pensieri antichi e nuovi riferiva al suo amore; e se pensava a riacquistar lo stato e le ricchezze, o a farsi un nome o mostrarsi pro', non era più niente per sè stesso, ma tutto per la fanciulla ch'egli avrebbe voluta far ricca, e allegra, e onorata, e propria moglie. E in questi pensieri poi tanto andava d'uno in altro innanzi, che ne perdeva il pensiero e la ragione. E badate, che la perdeva non solo per l'altre cose di che non gl'importava più, ma in quella stessa di che sola gli caleva, che era il suo amore. Così succede a chi troppo si logora la fantasia in vece di far subito quello che talor sarebbe facile per conseguire il proprio desiderio. Ma così fanno gl'innamorati; e quante storie io n'ho lette, sempre ho veduto ogni lor miseria venire dalla propria stoltezza. Che invece di dir subito il loro amore alla loro innamorata, e saper se ella pure gli ama, e s'è così, domandarla al padre o alla madre, e poi sposarla e menarsela a casa; ora per una sofisticheria, ora per un'altra, o indugiano la dichiarazione, o la domanda a' parenti o le nozze; e allora è che nasce l'uno o l'altro malanno che gli fa tanto tempo patire, e tanto allungarsi lor triste vicende, prima che si trovino a quello onde avrebbero dovuto cominciare; che son le nozze. E pur troppo anco talor non ci si trovano mai più. Ed è perciò che io sempre vi esorto, voi altri giovinastri, se mai siete innamorati, a non indugiare nè allungar le storie; ma seguir quel modo mio di parlarne oggi alla fanciulla, dimani a' parenti, ed alla prima domenica al signor Preposto per le pubblicazioni. E così avesse fatto Manfredi! Nè, a dir vero, altro aspettavansi se non ciò, o la figlia ch'io non dirò innamorata lei, ma sì compiacentesi [pg!9] dell'amore di lui, o la madre già per la fedel serva, e poi per sè stessa fatta accorta non che dell'innamoramento dell'uno, ma del compiacimento dell'altra. E se Manfredi avesse chiesta la fanciulla, ed ella gli sarebbe stata non che volentieri conceduta, ma con gran gioia donata. Che se povero egli era e non in fortuna, povera ella e diserta; e la madre non era di quelle che a fanciulle povere pur vogliono sposi ricchi, e le lascian morir zitelle. Oltrechè, avendo avuti tanti guai, e sofferte tante crudeltà da quelli che erano allora in gran fortuna; e non se ne potendo vendicare: e la disperanza di vendetta troppo sovente diventando, principalmente nelle donne, amarissimo odio e furore; non per tutto l'oro del mondo o per tutta la potenza dell'Imperadore avrebbe voluto far ciò che le pareva viltà: veder la figlia in grande stato, ma nelle braccia d'uno de' persecutori, anzichè in quelle d'uno poverissimo de' perseguiti. Ora potete scorgere se fu stolto Manfredi, che in vece di parlarne a persone così ben disposte come madre e figlia erano, incominciò a sragionare, quasi ella fosse stata una principessa, e non in fortuna eguale alla sua. Troppo peccato se così bella, così buona, così celeste fanciulla, fosse moglie mai d'uno uomo sì povero, sì abbandonato, di così poche speranze com'era egli. Perchè questo era il peggio, non l'esser un nulla, ma fin adesso non aver nemmeno fatto il minimo che, per trarsi da quel nulla. Ed egli avea pur compiuti i vent'anni; e quanti a tal tempo hanno, non che date speranze, ma effettuatele? fatta o rifatta lor fortuna, acquistatosi un nome, o aggiunto a quello de' maggiori? Egli, misero! che sforzo avea fatto, che tentare? Egli che avea pure così poco, anzi nulla a perdere? egli a cui talora del suo stesso nascere era incresciuto? E sua trista vita non avea pur saputo nè adoperare nè perdere? In breve, il giovine tanto e tanto malamente pensò, che prima immaginò, e poi si compiacque nella immaginazione, e in ultimo per fermo deliberò d'irsi a Terra Santa. Dove, non so se abbiate udito dire, si facevano allora grandi guerre, le quali ora non si usano più, contro i Turchi, e questi allora si chiamavano infedeli, e le guerre si dicevano [pg!10] sante e crociate, e non è famiglia grande di signori o principi nostri che non ne sieno iti alcuni a combattervi, ed anche a morirvi contenti per la divozione che allora avevano. Gli è vero che molti anche andavano per acquistarvi signorie o rinomanza: e di questi, forza è confessarlo, fu Manfredi. Perchè si pensava che là con sua valentia, e dispregiando la vita come faceva, il meno che gli podesse accadere era far qualche bella prodezza dinanzi a qualche gran principe o signore, che il prenderebbe in amore, e tornando poscia in Europa, o gli farebbe restituir lo stato in patria, o lo si terrebbe in corte sua; ed egli allora verrebbe a toglier Francesca, e la si avrebbe in modo non tanto indegno di lei, come damigella e gran signora. E fatta questa bella risoluzione, anche fece quella di finalmente parlare alle donne: e trovato modo di andar loro in casa, che fu per li due giovani uno innamorarsi l'uno dell'altro peggio che mai scoperse loro tutto il suo mal pensato divisamento. Alle donne, per le cagioni dette, credo che avrebbe più satisfatto se nè di Terra Santa, nè di gloria, nè di futuri tempi avesse parlato. Ma, o vergogna di mostrar più fretta di lui, o dispetto, e perchè poi la giovane era molto tenera, e ad ogni modo queste imprese lontane andavano a genio delle donne a quel tempo, la madre ne lo lodò, e la figliuola si tacque ed egli a partir si dispose. Accomandate a un vecchio servo, che l'avea allevato, le poche masserizie, e la cameretta che teneva a pigione in un sesto rimoto della città, portava seco in armi e cavallo, il meglio del pochissimo avere restatogli. Solo una croce d'oro che era stata di sua madre, ed egli, non che cara, tenea sacra, lasciò alla fanciulla, pregandola di portarla fino che lo sapesse morto, o cinque anni almeno, per suo amore. Ella piangendo se la metteva al collo, e davagli una fascia trapunta di sua mano, ed egli se ne partiva.

      Due anni passarono, e perchè non erano allora le poste ordinate nè le lettere facili a scriversi come ora sono, non ebbero l'uno dell'altro novelle mai. Finalmente per un romeo, che facendo il gran pellegrinaggio di tutti i luoghi santi, di Gerusalemme veniva a Roma, Manfredi scrisse [pg!11] brevemente alle donne com'egli era vivo e giunto e ogni dì combatteva su quella terra sacra, e alcuni infedeli avea uccisi di sua mano, ed anche alcune lodi da' compagni conseguite; ma che di acquistar nome e grazia di niun signore non gli era venuto fatto fin allora. Là pure tutto esser parti, e scandali di potenti tra sè; e chi non era piaggiatore, nè violento, mal farsi strada appresso a quelli;


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