Novelle. Cesare conte Balbo
fini a quella santa guerra; pur domandava che fino al termine detto gli si serbasse la promessa fedeltà. E le donne, alcuni mesi appresso, per un fraticello che andava a Gerusalemme, gli risposero facendogli cuore, e la fanciulla di soppiatto aggiunse alla lettera, che non solo pel tempo detto, ma sempre finchè vivrebbe, gli sarebbe fedele, e che in qualunque tempo, o prima o dopo lui, morrebbe sua. Intanto giunta ella a diciott'anni s'era tanto d'ogni maniera abbellita, che non fu più povero vestire o romito vivere che la potesse nascondere agli occhi vaghi de' giovani di quella città. Uno principalmente, nobile, ricco, figlio di potenti, potente egli, e se non bello quanto Manfredi, ornato di quella allegria e bravura giovanile che talor supplisce a bellezza, la vide, l'ammirò ed a suo modo l'amò. Dico a modo suo, che è il mio, perchè a nozze egli in breve pensò. Nè ad amarla per meno onesto fine, o gli era possibile averne qualche speranza, o l'avrebbe voluto egli stesso. Che Rambaldo, così chiamavasi il giovane, era di quelli nè tutto buoni, nè tutto cattivi, che forse sarebbero tutto buoni, se non gli avesse guasti troppo costante felicità. E, quantunque a sposare sì povera fanciulla, reliquia di parenti condannati e vilipesi, egli avesse a vincere prima la propria ambizione, e poi la difficoltà de' parenti, pure tanto potè l'amore, che prima sè stesso risolse, e dopo alcun tempo, fece acconsentire anche i genitori e i parenti; e allora credette finita ogni cosa. Perchè di dubitare che sì povera e trista madre volesse negare a lui, così grande e ricco, la fanciulla, o che questa così sola avesse pure posto amore a nessuno, non gli venne pensiero mai. E perchè era uomo tutto all'incontro [pg!12] di Manfredi, e non che in pensieri, nemmeno in opere inutili non solea perdersi, e se ne dava vanto; non avea voluto andar mai per la casa alle donne, finchè non si fosse assicurato dei proprii parenti; e quando fu, pensò d'esser ricevuto non come uomo, ma come angelo di paradiso che scendesse a sollevarle, ed anzi tutto della propria generosità e di lor grazie si compiacea. Pensate ora voi se restasse avvilito, quando, presentatosi, non ebbe da madre e figlia altra risposta che di muto e quasi sdegnoso stupore. Scambiollo pur prima per mal avveduta modestia; e volendo loro lasciar tempo a riprender gli spiriti, non senza alcune mal composte parole, dicendo di non volerle troppo pressare, e che tornerebbe la domane, le lasciò. Allora consigliavansi madre e figliuola, se consiglio dee dirsi tra una risolutissima, e l'altra che volea pur parerlo, ma invero cominciava a dubitare e per la lettera di Manfredi, e per l'amor alla figlia che in lei vincea tutto, anche l'odio ai potenti. Benchè il medesimo amore, siccome sincerissimo, facendole cercare la felicità della figliuola, gliela faceva cercare quale desideravasi da questa; non come solete voi troppo sovente nel dar le figlie a marito, che pare voi dobbiate maritarvi e non esse. Perciò disse alla figlia quanto le parve, non a rimuoverla da sua fedeltà duranti i cinque anni, che a lei sarebbe paruto gran fallo; ma perchè s'indugiasse la risposta fin dopo a quel tempo, non sapendosi mai che potesse succedere, e che so io. Ma rispondendole la fanciulla molto caldamente, che se non avesse mai conosciuto Manfredi, ella non avrebbe pure sposato Rambaldo mai! e che se le fosse stata offerta la mano non che di Rambaldo ma di qualunque maggior principe della terra, ed ella avesse poi conosciuto Manfredi, Manfredi pure avrebbe sempre voluto, ed altre simili cose; l'amorosa madre non pensò ad altro più che a cansarle la pena d'avere a riveder Rambaldo; e il dì appresso, mandata la figliuola da una buona vecchia loro vicina, ella sola lo ricevette; e perchè costumata era in ogni cosa, come meglio seppe, gli diè pure il necessario commiato.
Che ne sentisse Rambaldo, chiaro debb'esservi, se [pg!13] avete atteso alla sua natura, più che innamorata, superba. Dolsegli della perduta fanciulla; ma più dell'aversi a ricredere, co' genitori e parenti ed amici, delle anticipate confidenze fatte loro di suo amore: nè seppe altro modo, per non parer ributtato egli, che di far credere avesse egli ributtate le nozze. Cominciò a dire che avendola veduta più da presso non gli era paruta così bella, ma perchè questo non lo poteva a nissuno che l'avesse veduta una volta persuadere, aggiugnea che parlandole l'avea conosciuta molto semplice e sora; e nè ciò avendo ombra di verità, mutò un'altra volta discorso, e così, con una certa aria misteriosa, e con quel tacere più perfido che le istesse parole, fece intendere ch'egli avea sue ragioni per non ir oltre alle nozze ideate; ed avrebbe avuto facilità a ben altro anche che nozze, ma a lui non era piaciuta mai la soverchia facilità; e non sapea qual malinconia gli fosse già entrata in capo di pensar mai a coteste donne; le quali a dir vero, non erano molto dappiù che non fossero stati lor uomini, tanti anni innanzi ben degnamente cacciati e condannati. E così, come dicesi una parola traendo l'altra, anzi una bugia facendo un'altra necessaria, venne a chiaramente far intendere, che avendo la fanciulla per amanza ei non si curava più d'averla per moglie. Aiutollo la serva di quelle povere donne, a cui non pareva vero che un signore sì ricco e sì grande avesse voluto sposar la padrona, ed ella l'avesse così stoltamente ributtato. Onde, il giorno ch'egli ebbe il commiato dalla madre, la serva lo seguì per la via; e dicendogli di non disperare, se gli era profferita non per nulla di male, ma per vedere se pur vi fosse verso di rannodar il rotto trattato. Rambaldo tutto turbato allora non le avea risposto altro se non che venisse a trovarlo; ma venuta dopo alcuni giorni, le incominciò a dar moneta, e ragionarle del suo amore. Nè si conviene poi supporre ogni cosa alla peggio; forse qualche speranza dettata da sua medesima superbia rimaneva a Rambaldo. Ma se l'aveva, non istette molto a perderla quando la serva gli narrò degli incontri mattutini di Manfredi e Francesca, e poi delle visite di quello e della sua dipartita per Terra Santa, e della [pg!14] croce e della fascia, e in somma tutti i particolari del loro dolcissimo amore. Allora invase il petto di Rambaldo una subitanea gelosia; e gelosia di superbia tanto più feroce ed accanita, che non gelosia di vero amore. Perchè, badate bene, figliuoli miei, i gelosi innamorati o serbano tuttavia qualche tacita speranza, ed han riguardi all'amata, o la loro disperazione più contro sè stessi che contro lei si rivolge. Ma i gelosi per superbia, questi sono che non la perdonano alle povere donne, e fanno poi gli scandali e i guai che vediamo troppo sovente. Rambaldo era di questi; rivide più volte la serva, ed una volta che ella pareva più che mai impietosita, e pronta a fare ogni cosa per lui, egli le chiedette che involando la croce d'oro della fanciulla glie la recasse come a consolazione e sollievo della sua sventurata passione. La serva dubitò; disse che per nulla al mondo non vorrebbe far male alla padrona, nè cosa illecita mai, e questo era rubare, ed altre cose simili; ma egli pressando e dicendo che l'avrebbe poi restituita, o datone una più bella, finalmente n'ebbe la promessa, e in breve la croce. Perchè una notte che la fanciulla era in profondissimo verginal sonno immersa, e forse i dolci giorni del ritorno sognava, accostasi al lettuccio la traditrice serva pian piano, le recise la nera benda che teneale la croce dì e notte appesa al bianchissimo collo, che più pietà sarebbe stato, cred'io, in quel punto trafiggerglielo. Perchè svegliata appena all'alba la meschina, e volendo, come solea, prima d'ogni cosa baciar la croce, e farvi sopra la preghiera mattutina, invano la cercava al collo ed al petto, invano tra i veli e i panni e nella camera e in tutta la casa, e diceva che era certissima d'essersi alla sera coricata con quella, e che le era stata involata, e piagnendo miseramente si disperava. Nè tuttavia aveano in sospetto la serva stata loro sempre fedele, nè Rambaldo, di che mai più non aveano udito, nè niun altro; ma credettero o che la fanciulla si fosse ingannata credendo di averla al collo la sera innanzi, e l'avesse smarrita per via; o forse, perchè in quell'età facilmente credevasi a prodigi ed augurii, che succeduta qualche disgrazia grande, forse la maggiore, [pg!15] a Manfredi, si fosse la croce sua miracolosamente perduta. E così aiutando la solitudine siffatte immaginazioni, tanto ci si internò la Francesca, che la sua nativa ma fin allora dolce malinconia incominciò a farsi amarissima, e tristi i suoi giorni, e irrequiete le notti, e grave il capo, or tutto ristretto or tumido e palpitante il cuore, impallidito il bel volto, languidi gli occhi, e fievole tutta la gentile persona. Non si figurava tanto Rambaldo; nè mai si figura gli strazii dell'infelice l'uomo felice che li causò. Anzi, avuta la croce, e fattane alcun tempo menzognera mostra ai compagni, presso i quali era nota anzi famosa la croce d'oro e il nastro nero e il collo bianco della bella Francesca, in breve non se ne diede più pensiero di sorta alcuna, e trovò consolazioni e distrazioni in altri amori, e poi ne' maneggi e negozi pubblici dov'era molto adoprato. A' quali attendendo egli con nuovo ardore, accadde che avendo la repubblica a mandare un ambasciadore al Papa, egli fu scelto, e molto volentieri, e lietamente con un grande e nobile accompagnamento a Roma se n'andò.
Non era allora per anco il quarto anno compiuto dalla partenza di Manfredi. Ma vedendo egli troppo mal arridergli la fortuna, e disperandone oramai, e pungendolo il desiderio della amata vista, e ridotto poi anco dalla sperienza a più prudenti pensieri, lasciati i sogni