Novelle e ghiribizzi. Fanfani Pietro
quell'altro:
—Bachícche, bachícche.
Qui i medici danno in una gran risata; ma lo speziale, che era uomo risoluto:
—O giovanotto, che venite qui per canzonare? Badate, potreste averci poco gusto.
Il cameriere, sopraffatto da quella risata, e da questa ammonizione, dubitò di avere sbagliato: cavò di tasca il foglietto, e dandolo allo speziale, disse ch'e' non intendeva di canzonar nessuno, e che aveva scritto così il suo padrone, il quale ne sapeva più di tutti gli speziali di Firenze. E qui un'altra gran risata de' medici. Lo speziale, piccato:
—Avete a dire al vostro padrone, che è una bestia: e, gettandogli in faccia quel fogliolíno, uscì da banco.
Quando il signor Girolamo vide tornare il suo uomo senza le píllole; e udì le insolenti parole dello speziale, non si domanda se montò sulle furie. Si vestì alla meglio: piglia sotto il braccio il volume del vocabolario dov'è la lettera B, entra dallo speziale, e senz'altre parole:
—La bestia, signore speziale, è lei, non io. Guardi (e qui apre il vocabolario), guardi qui. Bachícco, aggiunto di píllole buone per la tosse. Impari meglio la educazione, e prima di parlare ci pensi. Per questa volta, passi.
A tale improvvisa rammanzína, che finiva in una mezza minaccia, lo speziale non si potè tenere; e replicò che invece d'esser bestia lui solo, erano bestie anche gli Accademici della Crusca; che le píllole bachícche non esistono, se non nella fantasia de' buffoni: che egli non aveva paura di minaccie; e che si levasse di lì, o l'avrebbe fatto pentire della sua arroganza. Il signor Girolamo, che era più zolfíno[27] dello speziale, a quella antífona si sentì montar le vampe alla testa; e ricopèrtoglisi il lume degli occhj, diede con tanta forza sul capo dello speziale il volume della Crusca, dalla parte della còstola, che gli fece uno sdrúcio[28] nel capo, e lo fece cadere sbalordito. I tre medici, che tuttora eran lì, raccolsero quel caduto, e lo medicarono; e il signor Girolamo, pentito di questa sua sfuriata, se ne scusò come meglio poteva, mostrandone vivo dispiacere; e col suo vocabolario sotto il braccio se ne tornava a casa: ma le Guardie di pubblica sicurezza, che erano accorse al romore, informatesi del fatto, lo raggiunsero per portarlo alla Questura; dove, dato ogni buon recápito di sè, fu ritenuto il volume del Vocabolario, corpo del delitto; ed egli, data ricca cauzione, fu lasciato libero, nel tempo che s'istruiva il processo.
Negli interrogatorj diceva sempre che era stato egli il provocato; che aveva chiesto le píllole bachícche come insegna la Crusca; e che, se lo speziale era un ignorante da non saper che cosa sono, e da tenersene beffato, ciò non gli dava il diritto di dar della bestia a lui. Pensò poi a trovarsi un avvocato valente, non solo nella sua professione, ma anche nelle lettere; e si preparavano tutti e due alla discussione dinanzi al tribunale, la quale, cosa mirabile! non si fece troppo aspettare.
Premeva allo speziale di metter in sodo che il signor Girolamo aveva voluto schernirlo, col mandargli a chiedere quella roba che non è in rerum natura; giustificando per questa via le sue acerbe parole contro di lui, ed aggravando ad un tempo medesimo il procedere manesco del suo avversario: premeva dall'altra parte al signor Girolamo di provare che intenzione di schernirlo non ci poteva essere, perchè le píllole bachícche ci sono bell'e bene; e di mostrare che l'avversario suo non aveva niuna ragione di risentirsene, e molto meno di insultarlo per ciò; e così parvificare di molto l'improvviso atto di sdegno e d'ira del dargli il Vocabolario sul capo, perchè il sentirsi insultare a torto fa perder la pazienza anche a Giobbe.
In favor dello speziale fecero testimonianza collettiva tutti gli speziali di Firenze, che quelle píllole bachícche non ci sono; e che il mandarle a pigliare da uno speziale, può ben credersi esser fatto per celia: dall'altra parte l'avvocato del signor Girolamo dimostrava la buona fede del suo cliente col Vocabolario della Crusca alla mano, il quale registra queste píllole bachícche: e come i signori accadèmici dichiarano solennemente di registrare nel Vocabolario sole le voci vive, usate e usabili, così, o è vero che le píllole sopraddette sono dell'uso vivo; o almeno il mio cliente ha giusta cagione di crederle tali.
Il tribunale non potè non valutare questa ottima ragione, tanto più che il signor Girolamo non era Toscano, da poter giudicare con la norma dell'uso; e però, esclusa ogni malizia dal canto suo, dichiarò essere stato condotto in errore dalla Crusca: aver lo speziale corso troppo nel dargli della bestia; e per conseguenza attenuò di molto il suo improvviso atto d'ira. Ma tuttavía, come la ferita ci era stata, e lo speziale, il quale era dovuto stare otto giorni a letto, si richiamava dei danni, così non potè il signor Girolamo passarla liscia; ma fu condannato a una multa piuttosto grave, ed al rifacimento dei danni in lire dugento, che egli pagò, sbuffando e maledicendo la Crusca e i Cruscanti: le quali maledizioni si accrebbero a mille doppj quando sentì, che, per questa cosa delle píllole, gli era stato messo il soprannome di Signor Bachícche; il che fu cagione di fargli abbandonare per sempre Firenze.
Vedete a che cose si trovano coloro che giurano sulla Crusca! La quale però, saputa la forma della sentenza, e come vi si diceva che Ella aveva errato, non che si ricredesse e correggesse l'errore; ma fece solenne protesta al Ministero di grazia e giustizia, contro il potere giudiziario, che si arrogasse il diritto di sentenziare in cose che non sono di sua competenza, offendendo un collegio così venerando come l'Accademia; e per di più commise al suo illustre Apologista di fare un volume di difesa per le píllole bachícche; ed egli tosto si mise all'opera, e ci lavora indefessamente da cinque anni. I Filòlogi ne stanno in grande aspettazione, e tutti dicono che sarà un miracolo di dottrina e di erudizione Filològica.
NOVELLA V.
LA DISCREZIONE DE' FRATI.
Quando si vuol tassare di indiscreta una tal persona, gli si suol dire che la sua è discrezione da frati. Con molti esempj si potrebbe chiarire tal dettato familiare: io voglio darvi il seguente, come me lo ha raccontato un legnajuolo fiorentino. Udite.
Una mattina gli cápita a bottega un fratone zoccolante:
—Maestro, buon giorno; e cava fuori dalla manica la scatola del tabacco, offrendone una presa al legnajuolo, il quale, dopo avergli reso il buon giorno, lo ringraziò.
—Scusate, maestro, disse allora il frate: che ci avreste da darmi un pezzetto di legno, lungo un dito o così?
E il legnajuolo:
—Volentieri, padríno. E trovato il legnòttolo, glielo porge con buon garbo.
—Dio vi rimèriti e S. Francesco—dice il frate; e si volge per andarsene; ma, come se gli venisse in mente una nuova cosa:
—A propòsito, disse, giacchè qui avete tutti gli arnesi, me lo potreste piallare un pochino.
E il maestro pialla, e riduce al pulito.
—Ecco, séguita il frate, ora ce ne vorrebbe un altro pezzetto simile, un poco più corto: vi rincrescerebbe a farlo per l'amore di S. Francesco?
E il legnajuolo, che era un buon cristianello, storse[29] un poco, ma trovò l'altro legnòttolo, e piallátolo, lo dette al caro frate; il quale, simulando vergogna:
—Proprio mi rincresce d'incomodarvi; ma, oramai che siete stato tanto buono per me, scusate, fatemi una tacca quadra quassù a un terzo del legno più lungo, e un'altra simile nel mezzo de' mezzi al più corto[30].
Il legnaiuolo lo guardò, e fu per dirgli qualcosa di bello; ma, vedendo quella faccia impietrita del frate, si rattenne; e presi i ferri da ciò, si mise a fare le due tacche. Quando furon fatte:
—Caléttano bene?[31] domandò il frate: e l'artefice, dopo aver provato, e limato qui, e smussato là:
—Ecco; vanno ottimamente.
—Ora