La Repubblica di Venezia e la Persia. Berchet Guglielmo
di Uzunhasan, doveva il Barbaro impegnarlo ad includervi la repubblica, procurando di farle restituire la Morea, Metelino, Negroponte, od almeno Negroponte ed Argo.
Con queste commissioni pertanto Giosafat Barbaro partì da Venezia a' 18 di febbraio 1473, e per Zara, Lesina, Corfù, Modone e Rodi giunse a Famagosta il 29 di marzo[26]. Ma quantunque alla repubblica assai importasse il sollecito suo viaggio in Persia, egli dovette fermarsi circa un anno nell'isola di Cipro, essendo tutte le coste occupate dagli Ottomani.
Quivi egli diede prove di carattere saldo e di valentìa negli affari di stato, mantenendo in fede il Lusignano, che per ambizione di regno era più tenero degli infedeli che dei cristiani, e provvedendo col generale Mocenigo in aiuto del principe di Caramania.
Il quale, alleatosi alla repubblica fin dal 1464, avendo chiesto a Giosafat Barbaro, che trovavasi in Cipro, soccorso per ricuperare i castelli di Sighin, Kurku e Selefke, intorno ai quali stava il suo campo, ebbe dal Barbaro e dal Mocenigo la chiesta assistenza; perocchè, portatisi colla veneta armata alle marine, essi presero a viva forza Sighin ed ottennero a patti gli altri due castelli, che il Mocenigo[27] consegnò a Kasim beg fratello del Caramano, il quale ringraziatolo del possente aiuto, lo regalò di un leopardo e di un superbo destriero tutto addobbato con fornimenti d'argento[28].
Intanto Caterino Zeno non si stancava di eccitare la regina di Persia perchè persuadesse il marito a muovere la guerra a Mohammed, acerrimo nemico in particolare di lei, a cui avea fatta perire tutta la famiglia; per le quali persuasioni Uzunhasan, che era di già infiammato ad abbassare la potenza ottomana e ad innalzare la propria, scrisse al signore dei Georgiani che rompesse da quel lato la guerra[29], e mandò un oratore a Costantinopoli per chiedere Trebisonda ed i luoghi usurpati.
Questo oratore presentò al sultano, secondo il costume orientale, una mazza ed un sacco di miglio, per dimostrargli che il re della Persia avrebbe armato esercito potente e numerosissimo; ma il padishàh lo licenziava facendogli vedere a mangiare da poche galline quel miglio, e dicendogli: « Così i miei giannizzeri faranno cogli uomini del tuo signore, che sono soliti a guardar capre e non a guerreggiare[30] ».
Allora Uzunhasan rivolse ogni sua cura a raccogliere genti ed armi, e mandò notizia a Venezia della sua mossa, animando la repubblica a fare altrettanto dalla sua parte; con lettera recata da Sebastiano dei Crosecchieri cappellano di Caterino Zeno, nell'ottobre 1472[31].
Ai 15 di dicembre[32] lo Zeno partecipava le prime vittorie di Uzunhasan, che uditi i fatti della veneta armata sulle coste della Caramania, ancorchè non gli fossero ancora pervenuti i domandati sussidii, avea dato ordine di guerra, per nulla temendo i rigori della stagione e la mancanza di artiglierie.
Il veneto oratore seguì l'esercito persiano, e lo passò in rassegna prima che entrasse in campagna. Narra lo Zeno nella sua lettera del 9 ottobre 1472[33] che quello era composto di 100 mila cavalli, armati in parte alla maniera che usavasi in Italia, e in parte coperti da fortissimi cuoi atti a resistere ai grandi colpi. Gli uomini erano vestiti parte con corazzine dorate e maglie, e parte in seta. Aveano rotelle in luogo di scudi, e scimitarre.
Mentre l'esercito persiano dopo le prime vittorie attese nel verno a ristorarsi, Uzunhasan spedì un nuovo oratore a Venezia, il quale vi giunse per la via di Cipro nel mese di febbraio 1473, e recò la notizia della presa di Malatiah all'ovest dell'Eufrate, e dell'assedio di Bir[34].
Il serenissimo principe accolse il legato persiano con amorevolezza; si congratulò seco delle vittorie ottenute, esprimendo fiducia che il Barbaro si sarebbe recato quanto prima nella Persia colle bombarde, le spingarde, e coi maestri di artiglieria, spediti da quasi un anno. Ed egualmente scriveva ad Uzunhasan il 15 di febbraio[35], annunziandogli la venuta del Barbaro con efficaci sussidii, e l'ordine dato alla veneta armata di attaccare le coste, tostochè il di lui esercito si fosse a quelle avvicinato. Il Barbaro poi lo avvertiva da Colchos l'8 di giugno[36] di essere con potentissima armata e cogli ambasciatori del papa e del re Ferdinando ed agì Mohammed a di lui disposizione, e pronto ad attaccare la stessa Costantinopoli.
Queste lettere empierono di allegrezza e di speranze Uzunhasan, il quale ne fece bandire la nuova per tutto l'esercito, e salutare a suon di trombette e zambalare il nome veneziano [Documento XI].
I Turchi, fatto anch'essi il maggior sforzo, si avvicinarono all'Eufrate poco lungi da Malatiah, dove sull'altra riva erano schierati i Persiani in ordinanza. Quivi si incontrarono i due eserciti, ed azzuffatisi vigorosamente, prevalse il persiano. Il sopraggiungere della notte però impedì, che la vittoria di Uzunhasan riescisse decisiva e finale.
Rotti pertanto gli Ottomani, scriveva a Venezia Luca da Molino, sopracomito del porto di S. Teodoro[37]: che era vicino il re di Persia, che il Mocenigo aveva incominciate le operazioni marittime, e che già tutta la costa erasi assoggettata e restituita al Caramano.
Laonde, elevati gli animi alle più belle speranze, si vinceva in senato, dietro proposizione di Girolamo da Mula, il partito, di scrivere al Mocenigo che penetrasse con tutta l'armata nello stretto, e si portasse a battere immediatamente la stessa Costantinopoli, qualora però fossero stati di tale avviso il legato papale e il capitano di Napoli[38].
Ma poco stettero le cose a cangiare d'aspetto. Battuti i Turchi, fu Uzunhasan spinto dai suoi ad inseguirli al di là dell'Eufrate, e potè raggiungerli presso Terdshan nelle vicinanze di Erzengian, alla fine di luglio del 1473. Mentre il suo esercito era in marcia, mandò l'11 di luglio a chiamare lo Zeno e gli comandò di scrivere all'imperatore ed al re d'Ungheria di « metter a foco et fiamma il paese de l'Othoman in Europa, perchè essendo esso, con l'aiuto di Dio, per aver certissima vittoria contro l'Othoman, el vol ch'el sia sfrachassado da ogni parte, che più nol se possa refar, et che totalmente sia estinto el nome suo[39] ».
Confidando pertanto nella favorevole sua fortuna, e credendo per la recente vittoria di poter ancora facilmente superare l'esercito ottomano, Uzunhasan apprestò a battaglia le sue truppe, appena che lo ebbe raggiunto[40].
Ma, attaccato invece vigorosamente e disperatamente dai Turchi, egli rimase sconfitto per modo che dovette fuggire nelle montagne dell'Armenia, abbandonando il campo e le salmerìe, mentre invano suo figlio Seinel perdeva la vita, cercando di tener testa coi pochi rimasti [Documento XII].
Per quella stessa opinione che Uzunhasan teneva di essere invincibile, si avvilì maggiormente di questa sconfitta; laonde non vedendo altra speranza che nel soccorso dei principi cristiani, ai quali le sue disgrazie non toccavano meno che a lui, spedì Caterino Zeno come proprio ambasciatore presso ai principi d'Europa: con incarico di domandar loro quell'aiuto che richiedeva il pericolo comune, e particolarmente dacchè, in contemplazione della repubblica di Venezia e degli interessi della cristianità, avea preso le armi. Prometteva poi di mettere in campo per la ventura stagione un formidabile esercito, onde continuare nella impresa.
Partitosi lo Zeno dalla corte persiana, si diresse alle rive del mar Nero, dove, noleggiata una nave genovese di Luigi Dal Pozzo, corse pericolo di essere tradito e consegnato agli Ottomani, se Andrea Scaramelli di notte tempo accostandosi secretamente con una barca alla nave, da quella non lo avesse levato, e condotto incognito a Caffa, insieme ad un di lui servo chiamato Martino.
Quivi trovandosi lo Zeno spoglio di denari e di ogni cosa, e non potendo essere assistito dal povero suo liberatore, potè una seconda volta salvarsi da mal partito e così porsi in grado di adempire ai suoi incarichi, per la fedeltà del suo servo Martino, che tanto lo pregò fino a che egli accondiscese di venderlo siccome schiavo per provvedersi di denari pel viaggio. La generosità del Martino fu poi riconosciuta dal veneto senato, che lo riscattò e lo provvide di buona pensione[41].
Da Caffa lo Zeno scriveva alla signorìa, narrando il successo della guerra passata, le nuove speranze che ancora si avevano, e lo incarico a lui affidato da Uzunhasan, del quale spediva una lettera al doge Nicolò Tron relucentissimo sultan de la fede cristiana, cui prometteva di esser pronto a tentare di nuovo con tutte le forze della Persia la fortuna delle armi [Documento XIII].
Queste