First Italian Readings. Autori vari

First Italian Readings - Autori vari


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portavoce della mano, rispose:—Due uomini a cavallo, sulla strada bianca.

      —A che distanza di qui?

      —Mezzo miglio.

      —Movono?

      —Son fermi.

      —Che altro vedi?—domandò l'uffiziale, dopo un momento di silenzio.—Guarda a destra.

      Il ragazzo guardò a destra.

      Poi disse:—Vicino al cimitero, tra gli alberi, c'è qualche cosa che luccica. Paiono baionette.

      —Vedi gente?

      —No. Saran[4] nascosti nel grano.

      In quel momento un fischio di palla acutissimo passò alto per l'aria e andò a morire lontano dietro alla casa.

      —Scendi, ragazzo!—gridò l'ufficiale.—T'han visto. Non voglio altro. Vien giù.

      —Io non ho paura,—rispose il ragazzo.

      —Scendi...—ripetè l'uffiziale,—che altro vedi, a sinistra?

      —A sinistra?

      —Sì, a sinistra.

      Il ragazzo sporse il capo a sinistra: in quel punto un altro fischio più acuto e più basso del primo tagliò l'aria.—Il ragazzo si riscosse tutto.—Accidenti!—esclamò.—L'hanno proprio con me![5]—La palla gli era passata poco lontano.

      —A basso!—gridò l'uffiziale, imperioso e irritato.

      —Scendo subito,—rispose il ragazzo.—Ma l'albero mi ripara, non dubiti.[6] A sinistra, vuole sapere?

      —A sinistra,—rispose l'uffiziale;—ma scendi.

      —A sinistra,—gridò il ragazzo, sporgendo il busto da quella parte,—dove c'è una cappella mi par di veder....

      Un terzo fischio rabbioso passò in alto, e quasi ad un punto[7] si vide il ragazzo venir giù, trattenendosi per un tratto al fusto ed ai rami, e poi precipitando a capo fitto colle braccia aperte.

      —Maledizione!—gridò l'uffiziale, accorrendo.

      Il ragazzo battè della schiena per terra e restò disteso con le braccia larghe, supino; un rigagnolo di sangue gli sgorgava dal petto, a sinistra. Il sergente e due soldati saltaron giù da cavallo; l'uffiziale si chinò e gli aprì la camicia: la palla gli era entrata nel polmone sinistro.—È morto!—esclamò l'uffiziale.—No, vive!—rispose il sergente.—Ah! povero ragazzo! bravo ragazzo!—gridò l'uffiziale;—coraggio! coraggio!—Ma mentre gli diceva coraggio e gli premeva il fazzoletto sulla ferita, il ragazzo stralunò gli occhi e abbandonò il capo; era morto. L'uffiziale impallidì, e lo guardò fisso un momento;—poi lo adagiò col capo sull'erba;—s'alzò, e stette a guardarlo;—anche il sergente e i due soldati, immobili, lo guardavano:—gli altri stavan rivolti verso il nemico.

      —Povero ragazzo!—ripetè tristamente l'uffiziale.—Povero e bravo ragazzo!

      Poi s'avvicinò alla casa, levò dalla finestra la bandiera tricolore, e la distese come un drappo funebre sul piccolo morto, lasciandogli il viso scoperto. Il sergente raccolse a fianco del morto le scarpe, il berretto, il bastoncino e il coltello.

      Stettero ancora un momento silenziosi; poi l'ufficiale si rivolse al sergente e gli disse:—Lo manderemo a pigliare[8] dall'ambulanza: è morto da soldato; lo seppelliranno i soldati.—Detto questo mandò un bacio al morto con un atto della mano e gridò:—A cavallo.—Tutti balzarono in sella, il drappello si riunì e riprese il suo cammino.

      E poche ore dopo il piccolo morto ebbe i suoi onori di guerra.

      Al tramontare del sole, tutta la linea degli avamposti italiani s'avanzava verso il nemico, e per lo stesso cammino stato percorso[9] la mattina dal drappello di cavalleria, procedeva su due file un grosso battaglione di bersaglieri, il quale, pochi giorni innanzi, aveva valorosamente rigato di sangue il colle di San Martino. La notizia della morte del ragazzo era già corsa fra quei soldati prima che lasciassero gli accampamenti. Il sentiero, fiancheggiato da un rigagnolo, passava a pochi passi di distanza dalla casa. Quando i primi uffiziali del battaglione videro il piccolo cadavere disteso ai piedi del frassino e coperto dalla bandiera tricolore, lo salutarono con la sciabola; e uno di essi si chinò sopra la sponda del rigagnolo, ch'era tutta fiorita, strappò due fiori e glieli gettò. Allora tutti i bersaglieri, via via che passavano, strapparono dei fiori e li gettarono al morto. In pochi minuti il ragazzo fu coperto di fiori, e uffiziali e soldati gli mandavan tutti un saluto passando:—Bravo, piccolo lombardo!—Addio, ragazzo!—A te, biondino!—Evviva!—Gloria!—Addio!—Un uffiziale gli gettò la sua medaglia al valore, un altro andò a baciargli la fronte. E i fiori continuavano a piovergli sui piedi nudi, sul petto insanguinato, sul capo biondo. Ed egli se ne dormiva là nell'erba, ravvolto nella sua bandiera, col viso bianco e quasi sorridente, povero ragazzo, come se sentisse quei saluti, e fosse contento d'aver dato la vita per la sua Lombardia.

      edmondo de amicis.

      SOTTO L'OMBRELLO.

       Indice

      MANCAVANO ancora più di tre chilometri per arrivare alla villa quando cominciò a piovere.

      La signora Susanna guardò in alto, allungò il braccio e ricevette le prime goccie sul dorso della mano e sulla faccia. Poi disse a suo nipote ch'era un ragazzo tra i quattordici e i quindici anni:—Ferruccio, va in due salti laggiù dalla[1] vecchia Marta; ella avrà forse da prestarci un ombrello. Tu, Cecilia, resta qui.... Non faresti che inzaccherarti tutta.

      In pari tempo la signora Susanna aperse il suo ombrellino e disse alla figliuola:—Finchè torna Ferruccio, vieni sotto anche tu. Non sarà un gran riparo, ma a qualche cosa servirà pure.—Però Cecilia rispose:—No, mamma, è inutile, in due non ci si sta.[2]

      Ferruccio non tardò a ricomparire, seguito a pochi passi di distanza da una donna trafelata che teneva sotto il braccio un grande ombrellone rosso.

      —Non sarebbe meglio che s'accomodassero da me per un quarto d'ora?—disse officiosamente la nuova arrivata.—Già questo tempaccio tanto non può durare.... Creda, signora, sarebbe meglio.... Se poi non vuole, eccole un ombrello.... Un ombrello da povera gente, ma non ho che questo.

      —Grazie, Marta,—replicò con affabilità la signora Susanna.—Verrei da voi volontieri; ma è già tardi e il desinare ci aspetta. Accetto il vostro ombrello che vi farò avere più tardi. E grazie di nuovo.

      Ferruccio e Cecilia ridevano fra di loro contemplando quell'ombrellone da curato che pareva dover proteggere sotto le sue ali un'intera famiglia.

      —Tutti e tre a braccetto, tutti e tre a braccetto,—esclamò la ragazza battendo le mani.

      —Nemmen per sogno,[3] bimba che sei,—riprese la madre.—A te il mio parasole, Ferruccio terrà l'ombrellone e farà da cavaliere a me.

      Queste disposizioni piacquero poco a' due cugini le cui facce si allungarono di alcuni centimetri. Ma la signora Susanna non se ne accorse, perchè in quel momento ella s'era voltata al rumore di una carrozza che si avvicinava.

      Era la timonella del dottor Lonzi.

      —Signora Mellini,—gridò il dottore fermando il cavallo e sporgendo la testa fuori del mantice alzato a metà,—vuol salire in timonella? Ho un posto disponibile.

      —In verità,—rispose la signora Susanna,—se non credessi di farla deviare dal suo cammino, accetterei.

      —Si figuri.... Passo anzi davanti alla sua villa. E in ogni caso.... Mi dispiace piuttosto di non potere offrire ospitalità a que' due signorini.

      —I due signorini vanno a piedi,—disse Cecilia tutta contenta.

      E


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