Il Professore Romualdo. Enrico Castelnuovo
nell'andito, uscì da una stanza e si avvicinò il fratello chiedendogli piano — Hai parlato?
— Ho parlato, ma non se ne fa nulla. Il signor professore vuole la bimba per sè... E noi — egli si affrettò a soggiungere, vedendo ch'ella si disponeva a replicare — non possiamo fare alcuna obbiezione, perchè egli è nel suo pieno diritto.
La donna, che aveva una gran soggezione del suo Tonino, com'ella chiamava il gigantesco fratello, non aperse bocca, e si limitò a congiunger le mani e a tentennare il capo con aria malcontenta. — È già vestita — ella disse poi, mettendo il piede sopra una favilla sprigionatasi dalla pipa del capitano e caduta sul pavimento.
Sotto questi auspizi il professor Grolli fu presentato alla Gilda col vezzeggiativo di zio Aldo. La fanciulla era bruna, ricciuta, aveva due occhi color nocciuola pieni di vita e d'intelligenza, membra snelle, giuste, aggraziate, statura piuttosto alta per l'età sua. È forza riconoscere ch'ella mostrò di gradir poco la presentazione. Infatti, quando lo zio Aldo tentò di prenderla in braccio, ella si scontorse e si mise a strillare in modo che gli convenne deporla subito in terra, e quando lo zio Aldo, che aveva disimparato i baci da un pezzo, si chinò a baciarla, ella tornò a piangere al contatto della sua ispida barba. Onde il professore si perdette d'animo, e la signora Teresa dichiarò al fratello che mai e poi mai la Gilda si sarebbe acconciata ad andarsene con quel porcospino. Il capitano Rodomiti, vista la difficoltà della situazione, volle rimaner solo con la bimba, che lo chiamava abusivamente zio Tonino e che nei due mesi e mezzo passati a bordo della Lisa non gli aveva disobbedito una sola volta; se la fece sedere sulle ginocchia, quindi se la portò sulla spalla destra tenendola ritta, tantochè ella potesse toccare il soffitto colle sue manine, la condusse in giro per la stanza in questa posizione eminente, le raccontò alcune storielle, e le promise di raccontargliene dell'altre la sera, purchè fosse buona e si lasciasse prendere in braccio e baciare dallo zio Aldo. Così quando la Gilda ricomparve insieme col capitano, ella era di umore assai più mansueto, e respinse meno violentemente le carezze abbastanza impacciate dello zio.
VI.
Il dì seguente, nelle prime ore del pomeriggio, fra i tanti fiacres che percorrevano le vie di Genova diretti alla stazione, ce n'era uno aggravato dal peso formidabile del capitano Rodomiti, e da quello assai più tenue del dottore Romualdo e della piccola Gilda. Il capitano dondolava la bimba sulle sue ginocchia cingendole con un braccio la personcina elegante, mentre con la mano che gli restava libera sosteneva la sua pipa di maiolica, da cui si alzava una colonna di fumo ancora più densa dell'ordinario. Quanto al professore, si sarebbe detto ch'egli studiava un problema di matematica. E invero, ciò ch'egli studiava in quel momento era per lui ben più difficile d'un problema di matematica. Si trattava di apprendere l'arte di addomesticare la Gilda Natali come il capitano era riuscito ad addomesticarla, e l'occhio del Grolli passava dal Rodomiti alla fanciulla e dalla fanciulla al Rodomiti, tentando di coglier la formula d'una situazione così delicata. Ahimè, nè la geometria superiore, nè l'algebra offrivano la soluzione dell'arduo quesito; e il libro dei logaritmi saputo a memoria giovava assai meno allo scopo di quello che non gioverebbe il libretto dell'Attila a far comprendere la questione d'Oriente. Onde il professore sudava freddo pensando che, una volta salito in ferrovia, egli si sarebbe trovato alle prese con difficoltà assai maggiori di quelle incontrate fino allora nella sua vita tutta studio e raccoglimento. Dal canto suo il capitano pareva molto più occupato della bambina che di colui il quale doveva succedergli nell'averne cura. Egli ravvolgeva le dita nei folti e ricciuti capelli di lei, le sfiorava carezzevolmente col dorso della mano la guancia, e la guardava con occhi inteneriti attraverso le nuvole di fumo svolgentisi intorno alla sua pipa. Dinnanzi a un confettiere, egli fece fermar la carrozza. Scese con la Gilda, entrò nel negozio e comprò alcuni frutti canditi, ne diede uno alla bimba e affidò gli altri al professore perchè li portasse seco in vagone e li distribuisse con parsimonia alla sua compagna nei momenti scabrosi. Alla stazione il capitano s'incaricò egli stesso di consegnare il bagaglio della fanciulla; poi scelse pei due viaggiatori una buona carrozza di seconda classe ancora vuota, ve li fece salire e, ritto dinnanzi allo sportello con un piede sul montatoio, formò un argine insuperabile a tutti quelli che avrebbero voluto entrare nel compartimento. Quando lo sportello fu chiuso dal conduttore, il Rodomiti mise sul montatoio anche l'altro piede e introducendo la testa nel vano del finestrino continuò a mantenersi in comunicazione col professore e con la Gilda, sulla cui fronte principiavano ad addensarsi certe grosse nubi foriere della tempesta. Infine, allorchè la parola pronti fu ripetuta da un capo all'altro del convoglio e la macchina mise il suo fischio, egli baciò di nuovo la bambina, strinse vigorosamente la mano del Grolli, e calatosi a terra, se ne stette immobile a veder sfilarsi davanti i vagoni. Quando avrebbe riabbracciato la sua figlioccia? S'era avvezzo ormai alla compagnia della gentile creatura, per quasi tre mesi l'aveva avuta ai fianchi a tutte le ore, l'aveva tenuta a dormire nella sua cabina, l'aveva addomesticata allo spettacolo del mare in tempesta, del cielo scuro e iracondo, s'era avvezzato a vestirla, a spogliarla, a metterla a letto, e adesso gli toccava lasciarla forse per sempre. — A rivederci tra qualche anno — egli aveva detto nell'accommiatarsi dal professore; ma chi sa che cosa sarebbe accaduto fra qualche anno? Intanto fra pochi giorni egli salpava per le Indie, e la Gilda avrebbe un bel chiamare lo zio Tonino!
Con questi pensieri lo zio Tonino si allontanava dalla stazione, e fosse il fumo della pipa o altro che gli dèsse molestia, fatto si è ch'egli dovette passarsi più volte la manica del vestito sugli occhi.
Mentre il capitano Rodomiti si affannava nelle angustie dell'avvenire, il professore Romualdo era in mezzo alle tribolazioni del presente. Fino all'ultimo momento la Gilda era fissa nell'idea che lo zio Tonino sarebbe partito con lei, e aveva creduto ch'egli scherzasse dicendole il contrario. Ma quando il convoglio si mise in moto, ed ella vide che il capitano restava davvero alla stazione, non ebbe ritegno alcuno nell'urlare e nel piangere. Il meschino professore non sapeva più a che santi votarsi, e girava intorno certi occhi smarriti come se dovesse capitargli un aiuto di sotto i sedili. Invano ricorreva alle preghiere, alle minacce, alle frutta candite lasciategli dal capitano; preghiere e minacce non valevano a nulla, e le frutta candite venivano dalla terribile Gilda tramutate in proiettili ch'ella slanciava a tutti gli angoli della carrozza. Ah se il nostro Romualdo avesse potuto dire al macchinista come si dice a un cocchiere — Torniamo indietro! — Se avesse potuto almeno riconsigliarsi col capitano Rodomiti, prender da lui una nuova lezione sul modus tenendi con questa indomabile nipote! Doveva proprio capitare a lui! A lui che non dimandava se non che di vivere tranquillo in mezzo alle equazioni di terzo grado e alle storte del suo laboratorio! Così si giunse alla prima stazione, ed il professore stava raccogliendo da terra gli avanzi della battaglia, quando lo sportello si spalancò e il conduttore introdusse nella carrozza una famiglia di sei persone, che vennero ad occupare tutti i posti disponibili. Il professore, colto di sorpresa, ebbe appena tempo di mettersi ritto e di tirar da una parte la recalcitrante fanciulla, ma non potè impedire ad una grossa e rispettabile matrona di sedersi sopra un mandarino, il quale scoppiò come una granata e abbellì di non previsti ornamenti il vestito della signora. Onde i richiami e le lagnanze dei compagni di viaggio vennero ad aggiungersi alle altre allegrezze dell'infelicissimo Grolli. In quanto alla Gilda, seppure di tratto in tratto ella si distraeva guardando fuori della finestra gli alberi e le case, questi lucidi intervalli duravano poco, e ogni pretesto bastava a rimetterla sul piede di guerra. Allora le si manifestavano tutti i bisogni fisici e morali del mondo. Pareva aver più sete dei Crociati sotto Gerusalemme, più fame dei figli del conte Ugolino, più necessità di locomozione di un condannato da dieci anni al carcere cellulare. Quando poi, nelle brevi fermate, il povero Romualdo chiamava il caffettiere della stazione per offrire alla bisbetica sua pupilla una limonata o una cialda, o quando egli le proponeva di condurla a far quattro passi sotto la tettoia, ella rispondeva con uno sdegnoso rifiuto, salvo a ridomandare, appena il convoglio era in movimento, ciò che ormai non poteva più ottenere. Intanto alle varie stazioni qualche viaggiatore scendeva, qualche altro saliva, e la compagnia andava mutandosi continuamente. Ma per quante mutazioni accadessero, il professore non vedeva intorno a sè che volti ostili, non sentiva che un mormorio poco lusinghiero per lui. La bimba destava affetti diversi a seconda dell'indole più o