Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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verrone, e come

      mandò la scala, onde era a lei venuto

      un drudo suo, di chi egli non sa il nome,

      che s'avea, per non esser conosciuto,

      cambiati i panni e nascose le chiome.

      Soggiunse che con l'arme egli volea

      provar tutto esser ver ciò che dicea.

      66

      Tu puoi pensar se 'l padre addolorato

      riman, quando accusar sente la figlia;

      sì perché ode di lei quel che pensato

      mai non avrebbe, e n'ha gran maraviglia;

      sì perché sa che fia necessitato

      (se la difesa alcun guerrier non piglia,

      il qual Lurcanio possa far mentire)

      di condannarla e di farla morire.

      67

      Io non credo, signor, che ti sia nuova

      la legge nostra che condanna a morte

      ogni donna e donzella, che si pruova

      di sé far copia altrui ch'al suo consorte.

      Morta ne vien, s'in un mese non truova

      in sua difesa un cavallier sì forte,

      che contra il falso accusator sostegna

      che sia innocente e di morire indegna.

      68

      Ha fatto il re bandir, per liberarla

      (che pur gli par ch'a torto sia accusata),

      che vuol per moglie e con gran dote darla

      a chi torrà l'infamia che l'è data.

      Chi per lei comparisca non si parla

      guerriero ancora, anzi l'un l'altro guata;

      che quel Lurcanio in arme è così fiero,

      che par che di lui tema ogni guerriero.

      69

      Atteso ha l'empia sorte, che Zerbino,

      fratel di lei, nel regno non si truove;

      che va già molti mesi peregrino,

      mostrando di sé in arme inclite pruove:

      che quando si trovasse più vicino

      quel cavallier gagliardo, o in luogo dove

      potesse avere a tempo la novella,

      non mancheria d'aiuto alla sorella.

      70

      Il re, ch'intanto cerca di sapere

      per altra pruova, che per arme, ancora,

      se sono queste accuse o false o vere,

      se dritto o torto è che sua figlia mora;

      ha fatto prender certe cameriere

      che lo dovrian saper, se vero fôra:

      ond'io previdi, che se presa era io,

      troppo periglio era del duca e mio.

      71

      E la notte medesima mi trassi

      fuor de la corte, e al duca mi condussi;

      e gli feci veder quanto importassi

      al capo d'amendua, se presa io fussi.

      Lodommi, e disse ch'io non dubitassi:

      a' suoi conforti poi venir m'indussi

      ad una sua fortezza ch'è qui presso,

      in compagnia di dui che mi diede esso.

      72

      Hai sentito, signor, con quanti effetti

      de l'amor mio fei Polinesso certo;

      e s'era debitor per tai rispetti

      d'avermi cara o no, tu 'l vedi aperto.

      Or senti il guidardon che io ricevetti,

      vedi la gran mercé del mio gran merto;

      vedi se deve, per amare assai,

      donna sperar d'essere amata mai:

      73

      che questo ingrato, perfido e crudele,

      de la mia fede ha preso dubbio al fine:

      venuto è in sospizion ch'io non rivele

      a lungo andar le fraudi sue volpine.

      Ha finto, acciò che m'allontane e cele

      fin che l'ira e il furor del re decline,

      voler mandarmi ad un suo luogo forte;

      e mi volea mandar dritto alla morte:

      74

      che di secreto ha commesso alla guida,

      che come m'abbia in queste selve tratta,

      per degno premio di mia fé m'uccida.

      Così l'intenzion gli venìa fatta,

      se tu non eri appresso alle mia grida.

      Ve' come Amor ben chi lui segue, tratta! —

      Così narrò Dalinda al paladino

      seguendo tuttavolta il lor camino.

      75

      A cui fu sopra ogn'aventura, grata

      questa, d'aver trovata la donzella

      che gli avea tutta l'istoria narrata

      de l'innocenza di Ginevra bella.

      E se sperato avea, quando accusata

      ancor fosse a ragion, d'aiutar quella,

      via con maggior baldanza or viene in prova,

      poi che evidente la calunnia truova.

      76

      E verso la città di Santo Andrea,

      dove era il re con tutta la famiglia,

      e la battaglia singular dovea

      esser de la querela de la figlia,

      andò Rinaldo quanto andar potea,

      fin che vicino giunse a poche miglia;

      alla città vicino giunse, dove

      trovò un scudier ch'avea più fresche nuove:

      77

      ch'un cavallier istrano era venuto,

      ch'a difender Ginevra s'avea tolto,

      con non usate insegne, e sconosciuto,

      però che sempre ascoso andava molto;

      e che dopo che v'era, ancor veduto

      non gli avea alcuno al discoperto il volto;

      e che 'l proprio scudier che gli servia,

      dicea giurando: — Io non so dir chi sia. —

      78

      Non cavalcaro molto, ch'alle mura

      si trovar de la terra e in su la porta.

      Dalinda andar più inanzi avea paura;

      pur va, poi che Rinaldo la conforta.

      La porta è chiusa, ed a chi n'avea cura

      Rinaldo domandò: — Questo ch'importa? —

      E fugli detto: perché 'l popol tutto

      a


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