Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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era ridutto,

      79

      che tra Lurcanio e un cavallier istrano

      si fa ne l'altro capo de la terra,

      ove era un prato spazioso e piano;

      e che già cominciata hanno la guerra.

      Aperto fu al signor di Montealbano,

      e tosto il portinar dietro gli serra.

      Per la vota città Rinaldo passa;

      ma la donzella al primo albergo lassa:

      80

      e dice che sicura ivi si stia

      fin che ritorni a lei, che sarà tosto;

      e verso il campo poi ratto s'invia,

      dove li dui guerrier dato e risposto

      molto s'aveano, e davan tuttavia.

      Stava Lurcanio di mal cor disposto

      contra Ginevra; e l'altro in sua difesa

      ben sostenea la favorita impresa.

      81

      Sei cavallier con lor ne lo steccato

      erano a piedi, armati di corazza,

      col duca d'Albania, ch'era montato

      s'un possente corsier di buona razza.

      Come a gran contestabile, a lui dato

      la guardia fu del campo e de la piazza:

      e di veder Ginevra in gran periglio

      avea il cor lieto, ed orgoglioso il ciglio.

      82

      Rinaldo se ne va tra gente e gente;

      fassi far largo il buon destrier Baiardo:

      chi la tempesta del suo venir sente,

      a dargli via non par zoppo né tardo.

      Rinaldo vi compar sopra eminente,

      e ben rassembra il fior d'ogni gagliardo;

      poi si ferma all'incontro ove il re siede:

      ognun s'accosta per udir che chiede.

      83

      Rinaldo disse al re: — Magno signore,

      non lasciar la battaglia più seguire;

      perché di questi dua qualunche more,

      sappi ch'a torto tu 'l lasci morire.

      L'un crede aver ragione, ed è in errore,

      e dice il falso, e non sa di mentire;

      ma quel medesmo error che 'l suo germano

      a morir trasse, a lui pon l'arme in mano.

      84

      L'altro non sa se s'abbia dritto o torto;

      ma sol per gentilezza e per bontade

      in pericol si è posto d'esser morto,

      per non lasciar morir tanta beltade.

      Io la salute all'innocenza porto;

      porto il contrario a chi usa falsitade.

      Ma, per Dio, questa pugna prima parti,

      poi mi dà audienza a quel ch'io vo' narrarti. —

      85

      Fu da l'autorità d'un uom sì degno,

      come Rinaldo gli parea al sembiante,

      sì mosso il re, che disse e fece segno

      che non andasse più la pugna inante;

      al quale insieme ed ai baron del regno

      e ai cavallieri e all'altre turbe tante

      Rinaldo fe' l'inganno tutto espresso,

      ch'avea ordito a Ginevra Polinesso.

      86

      Indi s'offerse di voler provare

      coll'arme, ch'era ver quel ch'avea detto.

      Chiamasi Polinesso; ed ei compare,

      ma tutto conturbato ne l'aspetto:

      pur con audacia cominciò a negare.

      Disse Rinaldo: — Or noi vedrem l'effetto. —

      L'uno e l'altro era armato, il campo fatto,

      sì che senza indugiar vengono al fatto.

      87

      Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro

      che Ginevra a provar s'abbi innocente!

      tutti han speranza che Dio mostri chiaro

      ch'impudica era detta ingiustamente.

      Crudel superbo e riputato avaro

      fu Polinesso, iniquo e fraudolente;

      sì che ad alcun miracolo non fia

      che l'inganno da lui tramato sia.

      88

      Sta Polinesso con la faccia mesta,

      col cor tremante e con pallida guancia;

      e al terzo suon mette la lancia in resta.

      Così Rinaldo inverso lui si lancia,

      che disioso di finir la festa,

      mira a passargli il petto con la lancia:

      né discorde al disir seguì l'effetto;

      ché mezza l'asta gli cacciò nel petto.

      89

      Fisso nel tronco lo trasporta in terra,

      lontan dal suo destrier più di sei braccia.

      Rinaldo smonta subito, e gli afferra

      l'elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia:

      ma quel, che non può far più troppa guerra,

      gli domanda mercé con umil faccia,

      e gli confessa, udendo il re e la corte,

      la fraude sua che l'ha condutto a morte.

      90

      Non finì il tutto, e in mezzo la parola

      e la voce e la vita l'abandona.

      Il re, che liberata la figliuola

      vede da morte e da fama non buona,

      più s'allegra, gioisce e raconsola,

      che, s'avendo perduta la corona,

      ripor se la vedesse allora allora;

      sì che Rinaldo unicamente onora.

      91

      E poi ch'al trar dell'elmo conosciuto

      l'ebbe, perch'altre volte l'avea visto,

      levò le mani a Dio, che d'un aiuto

      come era quel, gli avea sì ben provisto.

      Quell'altro cavallier che, sconosciuto,

      soccorso avea Ginevra al caso tristo,

      ed armato per lei s'era condutto,

      stato da parte era a vedere il tutto.

      92

      Dal re pregato fu di dire il nome,

      o di lasciarsi almen veder scoperto,

      acciò da lui fosse premiato, come

      di sua buona intenzion chiedeva il merto.

      Quel,


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