La Patria lontana. Enrico Corradini
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Enrico Corradini
La Patria lontana
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066069865
Indice
I.
— Voialtri, insomma, mirate a rovinare il commercio del vino italiano in Argentina?
— Si capisce.
— Lei ier sera mi diceva che ha fatto educare i suoi figliuoli in Italia e che non può stare senza ritornare in Italia per lo meno ogni due anni.
— È vero.
— Ma è altrettanto vero che, non ostante questo, Lei non può vantare la sua italianità come faceva ier sera.
— Perchè?
— Semplicemente perchè Lei è un produttore di vino di Mendoza, vale a dire un nemico dell'importazione del vino italiano in Argentina. Lo ha detto e non potrebbe essere altrimenti.
— Ma Lei dimentica che io, laggiù, do lavoro a molti italiani, e più allargo la mia; azienda o più potrò dar lavoro ai nostri connazionali.
— Suoi, se mai, miei non più.
— Oh!
Un grido di protesta si levò dal circolo che si era formato intorno ai due che discutevano, e più voci domandarono:
— Nessuno di noi dunque è più italiano?
E il produttore di vino di Mendoza andava strillando sugli altri:
— Io mi sento italiano, e come, e come, e come!
L'altro gli ribatteva:
— Per il sentimento non lo nego, ma per il fatto no.
Il primo andava ripetendo:
— E come, e come, e come!
E il secondo:
— Per il fatto no!
E gli astanti, sette o otto commercianti del Brasile, dell'Uruguay e dell'Argentina, già emigrati d'Italia, facevano coro:
— Siamo ancora italiani! Siamo ancora italiani!
Quand'ecco s'avanzò un signore il quale portava una lunga barba nera brizzolata e rivolgendosi a quegli de' due che negava all'altro il diritto d'italianità, disse:
— Scusi, Buondelmonti, se questo signore è italiano per il sentimento, basta; il patriottismo non è altro che sentimento.
Il Buondelmonti squadrò il signore della lunga barba, rimase un po' in silenzio, poi rispose:
— No, caro professore, il patriottismo è anche un fatto.
— Un fatto, si capisce; tutto è fatto, compreso i sentimenti.
— Io dico un fatto di natura economica.
— Per il passato sì, lo ammetto; ma ora che le relazioni fra i popoli si sono centuplicate, ora che non esistono più distanze, ora tanto più di prima uno può dire: — La mia patria è il mondo!
Il professor Axerio parlava con accento di degnazione, perchè teneva in gran conto se medesimo, mentre sul Buondelmonti seguiva l'opinione che di lui s'eran fatta in Italia, che fosse cioè un uomo d'intelligenza fuorviata. Il Buondelmonti lo squadrò ancora qualche momento senza aprir bocca, come faceva quando discutevano tra di loro, perchè in quei momenti di silenzio, prima di rispondergli, aveva bisogno d'insultarlo mentalmente dentro di sè, tanto lo disprezzava. Tutti e due, il Buondelmonti e il professor Axerio, in cuore si disprezzavano e detestavano l'un l'altro, perchè erano due prototipi d'uomini per intelligenza, per carattere, per cultura, per professione avversi: il professore era sicuro di dare allo scrittore continue lezioni di buon senso, lo scrittore aveva messo al professore il soprannome di pedante de' luoghi comuni; oppure lo chiamava con lo Shakespeare «lingua della bocca comune». Ma in apparenza erano amici. Ora il Buondelmonti squadrò l'Axerio e mentre taceva, si domandava dentro di sè: — Debbo rispondere a questo sciocco? — Gli rispose con un ghigno di beffa e di sdegno fra' denti:
— Professore, Lei vuol dire che ora è più facile che per il passato di abbandonare la propria patria come hanno fatto questi signori, come potremmo far noi domani; ma la patria è ora quello che era diecimil'anni fa.
— Ma no, ma no!
— Lei vuol lasciarmi parlare, vero?
Il professore agitava in alto le braccia come se volesse scuotersi di dosso i troppo grossi spropositi dello scrittore, quelli spropositi che in Italia ne screditavano l'intelligenza, quando una mano lo toccò sulla spalla e una voce allegra gli disse:
— Jacopo, lascia parlare il signor Buondelmonti.
Era la signora Giovanna Axerio, sua moglie, una giovane donna di media statura, con un volto lungo e magretto e i capelli leggiadramente pettinati alla greca e cinti d'un nastro di seta color granato. Alcuni de' commercianti s'eran distaccati dal circolo e trattisi in disparte s'interrogavano e si ragguagliavano tra loro intorno al professore Jacopo Axerio e a Piero Buondelmonti, che cosa fossero o non fossero in Italia. Un altro circolo di signore stava seduto poco discosto; alcune lavoravano e di tanto in tanto levavano gli occhi verso quelli che discutevano. La signora Giovanna Axerio era rimasta accanto al marito e fissava sul Buondelmonti due occhi ilari e intimiditi, con quella leggiadra espressione che ha il fanciullo quando finge timidità per giuoco. Qualcuno le si accostò, s'inchinò profondamente e le baciò la mano; essa gli sorrise con gaia cordialità e si dissero qualche parola. Il sopraggiunto era un signore alto, asciutto, aveva un aspetto della più raffinata compitezza e una punta di canzonatura fra ciglio e ciglio. La signora Axerio gli disse battendo insieme le palme gioiosamente:
— Poltrone! Lei si alza ora?
— Con vero rammarico, signora mia.
— Qui si discute di patriottismo.
— Quale fortuna per noi!
E così dicendo, il giovane signore serrò in circolo molte mani.