La Patria lontana. Enrico Corradini
di chi ferisce un inerme.
E pareva che egli pure ardesse ancora di combattimento. Giovanna al solo vederlo si era sentita rianimare, la gioia della mattina le rinacque nel cuore. Volò alla sponda della nave e chinò verso il mare il leggiadro capo dal profilo greco su cui il nastro granato palpitava a una bava di vento. Sotto il cielo puro il mare multicolore e mutevole andava calmandosi. Il mare aveva vasti campi azzurri e qua e là nereggiava del nero d'azzurro o di verde, e verso l'orizzonte aveva cinture di lilla carico biancheggiando per tutto di spume. E il cielo aveva soltanto aliti di nube che vagavano per la sua volta, e s'immergeva nel mare con un piè d'orizzonte lindo. Venne il tramonto, venne la notte; nella notte l'«Atlantide» arrivò a Dakar nella colonia francese della Senegambia.
A giorno il professore Jacopo Axerio operò l'emigrante ferito, e il Buondelmonti e un altro passeggiero chiesero di poter assistere all'operazione. I due estranei tenendosi in disparte stavano attenti ad ogni atto del professore il quale aveva un fremito di gioia dentro la barba mentre si metteva il grembiale bianco e i guanti bianchi. L'uomo era stato spogliato, disteso sulla tavola, legato a' piedi, addormentato, volto di fianco, e l'infermiere e un marinaio gli tenevano fermi piedi e polsi. Il professore s'accostò con le braccia nude, bianchissime, coperte di pelo nero, muscolose, si curvò, tagliò al labbro della ferita, tagliò dritto, poi voltò ad angolo, scoperse il grasso, fu dentro. Il Buondelmonti gli si fece alle spalle e allungò il collo per vedere dentro il petto umano, ma non vide nulla; vedeva le mani del professore con i guanti bianchi tutti sangue continuare a tagliare, mettere delle pinzette ai labbri del taglio, e il medico di bordo che gli stava al fianco, asciugare via via il sangue con dei pezzi di velo. Gli atti delle mani che operavano, erano sicuri, rapidi, ma parevan lenti tanto eran calmi. Non vi eran più se non quelle mani e i due occhi fissi sopra, sicuri e calmi. Apparve un osso, fu scarnificato, resistette al taglio della forbice, l'uomo mise un orrendo fiato sotto la maschera del cloroformio, si torse tutto sul fianco, era una costa. Dopo qualche momento il medico di bordo disse al Buondelmonti sottovoce:
— Siamo sul cuore.
Parve al Buondelmonti e all'altro di vedere il cuore battere alle coste. L'uomo che vi aveva intorno le mani e i ferri, si torse più orrendamente lungo tutta la spina dorsale: un'altra costa era tagliata. Il Buondelmonti e l'altro passeggiero si trassero in disparte, si dissero qualche parola, si riaccostarono, l'operazione era fatta: già il professor Axerio ricuciva le carni. Il Buondelmonti fu preso d'ammirazione per lui e disse al compagno sottovoce:
— Ecco un uomo che vale nell'arte sua!
E aggiunse che la celebrità di cui il professor Jacopo Axerio godeva in Italia, era davvero meritata.
L'Axerio forse avendo sentito si voltò e continuando a togliersi i guanti posò lo sguardo sul Buondelmonti sorridendo come l'uomo che ha compiuto valorosamente la sua opera che gli piace. E il Buondelmonti prima d'uscire dall'infermeria lo ringraziò e gli strinse la mano con rinata cordialità.
L'«Atlantide» allora finiva di caricar carbone per il resto del suo cammino e di lì a poco riprese il mare. Fino a Rio de Janeiro non doveva fermarsi più. Il passaggio d'un'altra nave al largo, la pinna nera d'un pescecane natante a fior d'acqua continuarono ad essere gli avvenimenti di bordo ove la giornata consueta era intessuta di colazioni e di pranzi, di qualche lettura, di qualche giuoco, della contemplazione de' tramonti, delle discussioni, dell'incanto del mare, quando qualcuno s'appartava nella solitudine. Piero Buondelmonti discusse altre volte con il professor Jacopo Axerio, col produttore di vino di Mendoza, con gli altri commercianti e anche con Filippo Porrèna; continuò a far visite agli emigranti e ad occuparsi della loro vita. Perchè egli era veramente un giovane di gran cuore, sentiva pietà per quelli che soffrono e nutriva simpatia per il popolo, per i forti lavoratori. Egli aveva le maniere e i sentimenti dei vecchi padroni della campagna toscana da cui proveniva. Come quelli dando del tu ai loro sottoposti se li affezionano ed attaccano tanto da formare insieme una sola famiglia; così il Buondelmonti godeva nell'essere alla mano e affabile con chi era da men di lui. Egli sapeva adoperare quel tu dei toscani che dà confidenza e toglie la separazione delle condizioni e delle classi, secondo il volere della vita che gli individui facciano un tutto fra di loro e chi è più in basso si continui in chi è più in alto. Soltanto quando diventava uno scrittore politico, quando nel suo cuore parlava la nazione, allora non s'accorgeva neppur più di quella parte popolare de' suoi sentimenti. Allora egli era semplicemente l'apostolo dell'eroico nazionale. Egli era un artista. Egli aveva fatti gli studii classici, e la storia, la letteratura, la lingua latina, gli avevan formato lo spirito. La romanità era diventata sangue del suo sangue e carne della sua carne, come espressione della più vigorosa volontà collettiva di vastità, d'unità e di potenza. Così educato il Buondelmonti era avverso al socialismo e odiava tutti coloro i quali della nazione vogliono fare un istituto per rimediare ai mali degli individui e delle classi e ignorano che le nazioni debbono esse agire come individui validi. E per questo in patria Piero Buondelmonti era stato accusato d'essere uno scrittore politico nemico del popolo, della democrazia, della libertà. Nemico della libertà, perchè mirando alla unione nazionale avrebbe voluto domare la lotta di classe e l'insorgere dei partiti. Uno scrittore del passato, perchè ai più sfuggiva la modernità di quel suo classicismo romano considerato come espressione di ciò che il mondo moderno ha di più moderno, come espressione d'una volontà di vastità e di potenza; ai più sfuggiva la modernità di quel suo concepire la nazione come un maggiore individuo, attivo nel vasto e potente mondo. I più insomma non sapevano distinguere nel Buondelmonti l'uomo nazionale, l'uomo che può cessare d'essere individuo e diventare coscienza di nazione. Egli invece distingueva in sè queste due nature delle quali, quasi come in Cristo, l'una era umana e l'altra era divina. E così ora sull'«Atlantide» essendo uomo fra uomini sentiva pietà degli emigranti; ma quando in lui si risvegliava l'anima italiana, si sentiva umiliato. Il suo cuore irascibile si sdegnava contro un popolo in cui sì spesso l'uomo s'appaga di viver miserrimamente, un popolo ignaro di ambizione e d'orgoglio, un popolo che si appaga di mandare tanta parte di sè a far da materiaccia prima alla formazione di vita d'altri popoli. Il Buondelmonti si sdegnava contro le vilissime classi dirigenti della borghesia e contro i ciechi conduttori del socialismo, teneri d'introdurre i diritti degli uomini tra' cinesi; si sdegnava contro tutti i politici da ospedale, contro tutti gli Axerio d'Italia i quali s'eran trovati d'accordo nell'escogitare il rimedio umanitario per gli emigranti. Questi rifiuti espulsi verso il lontano ignoto straniero vivevano per i quindici giorni del viaggio sotto gli amorevoli occhi di un medico militare della patria chiamato commissario regio, il quale pesava loro il cibo scelto, misurava lo spazio e l'aria ventilata, medicava le piaghe aperte da anni ed anni e che per anni ed anni sarebber rimaste aperte sotto il furor del tropico. Spesso il Buondelmonti seduto in disparte tutto solo considerava quella miseria che navigava con lui, e tanta viltà che egli aveva lasciata in patria. E spesso allora non era più un individuo ma l'uomo nazionale d'Italia il quale aveva vissuto in tutti i tempi della storia italiana e di tutto si ricordava. Si ricordava d'un altro popolo disperso per il mondo, fatto fango sotto i piedi delle genti, e si diceva fra sè e sè: — Perchè così anche l'Italia? — Il suo cuore si riempiva dell'amarezza dell'ira e del dolore, e talvolta il giovane chinava il mento nel cavo della mano e gli occhi gli s'inumidivano sotto l'ombra della florida chioma.
La signora Giovanna Axerio riconduceva il Buondelmonti al sentimento della vita individuale ispirandogli sempre più amore. Un mese prima s'eran trovati insieme in casa d'amici a Roma. Si conoscevano sin da quando abitavan tutti e due a Firenze, innanzi che Giovanna si maritasse, e Piero aveva sempre avvertita dentro di sè una inclinazione ad innamorarsi di lei, perchè essa era d'una leggiadria d'animo e di persona che parlava a quanto egli aveva di più delicato in fondo al cuore. Ma s'erano incontrati di tanto in tanto e per poco e Piero non s'era mai innamorato di Giovanna. L'ultima volta che l'aveva trovata a Roma, era pieno d'afflizione, perchè poche sere prima aveva fatto in pubblico un discorso per esporre le sue dottrine politiche, e gli avversarii di queste dottrine s'eran dati convegno nell'aula, gli avevan troncato la parola e l'avevano costretto ad andarsene con urli e fischi, nessun difendendolo. E questo sopra tutto lo aveva afflitto: che nessuno fosse sorto a difenderlo, perchè egli non poteva comprendere la viltà. Si doleva con Giovanna, appunto di quella sera, e si mostrava afflittissimo, deliberato a non ritentar la prova, quando ad un tratto Giovanna gli aveva detto:
— Perchè non viene con noi?