La Giovine Italia. Mazzini Giuseppe
parte del contenuto, perché, ad eccezione di quegli scritti, che il Mazzini inserì nella raccolta delle sue opere, e che poterono quindi consultarsi con più agio, l'altra parte, certamente [pg!xi] meno importante, ma forse più curiosa e più utile allo studioso, in quanto riflette le passioni del momento, e abbonda di particolari di grande interesse per la storia del Risorgimento, seguitò a rimanere inaccessibile. Onde parve a noi che ripigliando il proposito del Mazzini, allargandolo in quei concetti che nel 1840 potevano essere più plausibili, e ristampando integralmente i sei fascicoli della Giovine Italia, riproducendo esattamente, o almeno fin dove era possibile, le caratteristiche esterne ed interne del periodico, si sarebbe reso, come si dice, un utile servigio agli studiosi della nostra storia nazionale.
Il còmpito al quale ci siamo assunti è stato poi agevolato dal fatto che una copia completa della Giovine Italia è conservata nel fondo Risorgimento della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Roma. La grande cortesia del bibliotecario, conte Domenico Gnoli, ci permise di trascriverla tutta, dando agio a me e al tipografo di riprodurre esattamente il frontespizio e tutte quelle particolarità che possono offrire al possessore di questa ristampa l'illusione di aver presso di sé l'originale, dal quale ad ogni modo, non riproducemmo, liberandoci d'una soverchia pedanteria di editore diplomatico, gli errori di stampa e l'errata-corrige. Diremo di più che a piede di pagina abbiamo notato le varianti degli scritti mazziniani risultate dal confronto tra la Giovine Italia e la prima edizione degli Scritti editi e inediti intrapresa per le cure stesse dell'autore nel 1861, perché ci parve che il Mazzini, grande stilista, più di quanto ai più non [pg!xii] sembri, abbia sempre prediletto di tormentare la forma classica del periodo. Abbiamo di più posto alla fine della pubblicazione un indice analitico, che servirà allo studioso per orientarsi e indagare per entro il periodico.
* * *
Sono abbastanza note, perché le narrò, forse con troppo parsimonia, lo stesso Mazzini in alcuni di quei preziosi Ricordi autobiografici sparsi ne' primi volumi dei suoi Scritti editi e inediti, le origini del periodico. Esso fu ideato, insieme con l'associazione omonima, nel forte di Savona, dove il Mazzini era stato rinchiuso, dopo che la delazione di Raimondo Doria aveva rivelate al governo sardo le deboli fila della Carboneria genovese, alla quale aveva aderito qualche tempo prima il grande Italiano, allora agli inizii della sua carriera di cospiratore, «Ideai — dice egli stesso — in quei mesi d'imprigionamento in Savona, il disegno della Giovine Italia; meditai i principii sui quali doveva fondarsi l'ordinamento del partito, e l'intento che dovevamo dichiaratamente prefiggerci: pensai al modo d'impianto, ai primi ch'io avrei chiamato ad iniziarlo con me, all'inanellamento possibile del lavoro cogli elementi rivoluzionari Europei»5. Liberato dal carcere, a condizione che scegliesse tra un soggiorno, che non fosse Genova, né Torino, né un punto qualsiasi delle [pg!xiii] spiagge liguri, e l'esilio, preferì quest'ultimo. E nell'esilio, dopo la lettera a Carlo Alberto, che gli procurò l'ira del governo sardo, dopo tante delusioni ch'ebbe per l'abortita insurrezione dell'Italia centrale e per la mancata prima spedizione in Savoia, mise ad effetto il disegno che avea maturato nel forte di Savona, cioè «la fondazione della Giovine Italia» a cui provvide quando dalla Corsica ritornò a Marsiglia, e «fermo nell'idea d'iniziare la doppia missione segreta e pubblica, insurrezionale e educatrice», s'affrettò a stampare il manifesto del periodico, che fu divulgato sul finire del 1831, a poca distanza dalla pubblicazione del primo fascicolo6.
Ben modesti furono gl'inizi del giornale, perché quasi tutti gli esuli erano «dissestati in finanza». Tuttavia Giacomo Ciani, un de' due fratelli che tanto diedero d'opera e di danaro in que' primi movimenti patriottici, fece «guarentigia per ottomila franchi al periodico»7; il Mazzini «andava economizzando quanto più poteva sul trimestre che gli veniva dalla famiglia»8; altri aiutarono in diverse guise, come quel La Cecilia «allora dirittamente buono», che giunto in Marsiglia dalla Corsica, dove s'era rifugiato dopo l'infelice tentativo di Lione, si fece compositore di caratteri, e ad un tempo collaboratore; [pg!xiv] come Giuseppe Lamberti, l'amico, il segretario fidato del Mazzini, che assunse la correzione delle bozze. Insomma fu un affratellamento de' più eroici, accesi tutti del nobile entusiasmo di divulgare scritti che avrebbero infiammato i giovani italiani del santo amore della patria. «Vivevamo uguali e fratelli davvero — assicura il grande cospiratore, — d'un solo pensiero, d'una sola speranza, d'un solo culto all'ideale dell'anima; amati, ammirati per tenacità di proposito e facoltà di lavoro continuo dai repubblicani stranieri; spesso — dacché spendevamo, per ogni cosa, del nostro, — fra le strette della miseria, ma giulivi a un modo e sorridenti d'un sorriso di fede nell'avvenire. Furono, dal 1831 al 1833, due anni di vita giovine, pura e lietamente devota, com'io la desidero alla generazione che sorge. Avevamo la guerra accanita abbastanza e pericoli, com'ora dirò, ma da nemici dai quali l'aspettavamo. La misera tristissima guerra d'invidie, di ingratitudini, di sospetti, e calunnie da uomini di patria e spesso di parte nostra, l'abbandono immeritato d'antichi amici, la diserzione della Bandiera, non per nuovo convincimento, ma per fiacchezza, vanità offesa e peggio, di quasi una intera generazione che giurava in quegli anni con noi, non aveva ancora non dirò sfrondato o disseccato l'anime nostre, amorevoli oggi e credenti siccome allora, ma insegnato a noi pochi
La vïolenta e disperata pace,
il lavoro senza conforto di speranza individuale, [pg!xv] per sola riverenza al freddo, inesorabile, sacro dovere»9.
Ma a questi pericoli i quali il Mazzini poteva prevedere, agli altri, che pur troppo furono un fatto compiuto e si chiusero, tragicamente, col sangue, altri ancora s'addensavano sui capi di quei magnanimi, dacché la vigile polizia sarda a Marsiglia ne spiava attentamente i più riposti propositi, riferendoli al governo centrale di Torino. Infatti, nel dicembre del '31 il consolato sardo a Marsiglia era in grado di scrivere al suo governo: «Mi annunziano che una società di rifugiati italiani, alla testa dei quali si trova l'avvocato Mazzini, si sta attualmente occupando per trovar mezzo di pubblicare un giornale sotto il titolo di Giovine Italia, proprio ad esaltare gli spiriti e indurli alla rivolta, coll'idea poi di spanderlo a profusione per tutta Italia»10; il mese dopo, il Morra, governatore d'una città di frontiera del Piemonte, scriveva al ministro Tonduti della Scarena: «Coll'ultimo corriere di posta m'è pervenuto dal solito corrispondente di Marsiglia una nota contenente in ispecie alcune ben interessanti indicazioni sia riguardo alla società sotto il titolo di Giovine Italia, quanto principalmente sui corrispondenti, che li capi di detta Società trovansi [pg!xvi] avere tanto in Genova che a Bologna. Il solito corrispondente, essendo non senza difficoltà pervenuto a procurarsi il manoscritto del prospetto di quel giornale sotto il nome di Giovine Italia, che alcuni fuorusciti hanno intenzione di stampare in Marsiglia, me ne ha coll'ultimo corriere trasmessa copia. Da quanto egli mi annunzia, il primo numero di quel tal giornale verrà senza fallo pubblicato il 1º del prossimo mese di febbraio, e non ostante tutte le precauzioni che i redattori prendono, perché non capiti nelle mani che dei soli loro, mi lusingo nulladimeno di averne regolarmente un esemplare. Sto altresì occupandomi per conoscere di quali altri mezzi, oltre li indicati, potranno per avventura prevalersi li detti redattori dello stesso giornale in Italia»11. Prosa, come si vede, sporca e negletta, come l'abito della spia. La quale, seguendo il suo ufficio con assai diligenza, scriveva da Marsiglia alla Polizia torinese nel marzo dello stesso anno: «Enfin l'ouvrage périodique vient de paraître, et il a été distribué hier matin à tous les abonnés..... Il m'a été assuré par quelqu'un qui est à même de le savoir que le principal envoie en Italie aura lieu par le bateau à vapeur le Francesco Primo, commandé par le capitaine De Martino, qui partira de cette ville le 31 de ce mois. Le capitaine est l'intime ami de Mazzini, et ce qui est cause qu'on compte plus sur lui qui tout autre. Mais indépendemment de celà, on se propose de profiter de [pg!xvii] toutes les occasions favorables qui peuvent se présenter. Ils ont des abonnés à Gènes, à Milan, mais sortout dans les quatres légations»12.
Ma, nonostante le molte persecuzioni che forse si saranno usate per impedirne la pubblicazione, il 18 marzo del 1832 era pronto, per essere irraggiato su tutta la penisola, come un astro nuovo, puro, virgineo, che riscaldava di calore insolito l'intorpidita coscienza degl'Italiani, il primo fascicolo di quella raccolta periodica di scritti, i quali, osserva uno storico che fu tra' piú temuti avversari del Mazzini, e qui intendo