Il nome e la lingua. Ariele Morinini

Il nome e la lingua - Ariele Morinini


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solo come regione culturale una Svizzera italofona e italiana può legittimarsi a livello nazionale e difendere la propria autonomia e specificità.

      La locuzione “Svizzera italiana” è impiegata più volte da FransciniFransciniStefano sin dalle pagine della Statistica della Svizzera (1827), un’opera di concezione liberale che rileva con metodo comparativo, quindi immediato e accessibile al lettore, la complessità topografica, etnica, culturale, politica e sociale della Svizzera.4 Ma è solo con l’opera maggiore, La Svizzera italiana, che la denominazione è connotata in maniera precipua.5 La prima attestazione del termine non spetta però a FransciniFransciniStefano, ma risale al secolo precedente e non è in lingua italiana. Come anticipato, a quanto mi risulta, l’autore che per primo ha impiegato questa espressione è l’avvocato ungherese Ladislaum EgyEgyLadislaum («republica Helvetico Italica») in un salvacondotto del 1779. Questa testimonianza era certamente ignota allo statista, che avrà invece letto i Beyträge zur nähern Kenntniß des Schweizerlandes del pastore riformato Hans Rudolf SchinzSchinzHans Rudolf (1745-1790), nei quali è impiegata la locuzione («Italienische Schweiz»). Nei Beyträge è inclusa una descrizione dei baliaggi italiani maturata durante un soggiorno biennale dell’autore a Locarno, fra il 1770 e il 1772, nella quale con rigore statistico sono indagate la situazione politica, culturale, economica e sociale del territorio. Anche in questo senso quella di SchinzSchinzHans Rudolf è un’opera che precede e fa da modello, con altre ricerche di questo taglio, alla Svizzera italiana di FransciniFransciniStefano.6 La denominazione usata da SchinzSchinzHans Rudolf è tuttavia diversa e non esaurisce il concetto proposto dal ticinese. Lo si verifica nel capitolo intitolato Grenzen der Italienischen Schweiz contenuto nel quarto quaderno, nel quale l’autore presenta l’inquadramento geografico della Svizzera italiana:

      Sotto il nome di Svizzera italiana [ted. Italienische Schweiz] si intendono tutte le Comunità appartenenti alla Svizzera che si trovano sul versante meridionale della vetta delle Alpi e che a partire dal San Gottardo formano sulla carta geografica una lingua di terra che si incunea nel Ducato di Milano. Siccome tutte queste Comunità al di là della vetta delle Alpi, verso meridione e fino al Milanese, sono soggette agli Stati liberi della Confederazione svizzera, in quest’ultima vengono chiamate semplicemente ‘Baliaggi oltremontani’.7

      Come documenta questo passo, la denominazione «Italienische Schweiz» impiegata nei Beyträge è circoscritta ai baliaggi italiani o transalpini, ovvero al territorio dell’attuale Cantone Ticino, e non include le valli italofone del Grigioni. Si tratta, in sostanza, di una denominazione pratica per indicare un territorio politicamente svizzero ma di geografia e cultura italiana: l’ordine degli elementi, ovvero la scelta di “ridurre” l’italianità dei baliaggi all’attributo, sarà forse da imputare alla prospettiva elvetica di SchinzSchinzHans Rudolf. Queste prime testimonianze non divergono dunque dalle più particolareggiate denominazioni geografiche presenti nei Beyträge («schweizerische Lombardey») o pochi anni dopo, nel 1800, nel Tagebuch einer Reise durch die östliche, südliche und italienische Schweiz dalla scrittrice danese Friederike BrunBrunFriederike («italienischer und piemontesischen Schweiz»).8

      Un uso dell’espressione conforme a quello di EgyEgyLadislaum, di SchinzSchinzHans Rudolf e della BrunBrunFriederike, limitato cioè all’area del Cantone Ticino, si incontra anche nella Statistica della Svizzera e in altri scritti di FransciniFransciniStefano precedenti alla Svizzera italiana. Come detto, solo in quest’ultima il significato della denominazione è sviluppato nel senso politico-culturale oggi comune. Considerata la divergenza semantica, l’impiego del sintagma “Svizzera italiana” da parte di FransciniFransciniStefano potrebbe essere indipendente dall’esempio di SchinzSchinzHans Rudolf. Siamo tuttavia certi che il ticinese conoscesse dettagliatamente la bibliografia settecentesca relativa al territorio della Lombardia svizzera. Nella Svizzera italiana, infatti, FransciniFransciniStefano discute i contenuti di questi testi, soprattutto quando le descrizioni e le considerazioni proposte dagli autori sono a parer suo pretestuose e restituiscono un’immagine incongrua o caricaturale del territorio e delle comunità dei baliaggi. Nella Svizzera italiana, ad esempio, FransciniFransciniStefano contesta indirettamente alcuni brani inclusi nelle Lettere sopra i baliaggi italiani, parte di un più vasto e noto epistolario del bernese Karl Viktor von BonstettenBonstettenKarl Viktor von. Mosso da un «patriottismo illuminato», quest’ultimo era promotore di grosse riforme amministrative e in funzione di tale proposito sottopose a dure critiche il funzionamento del governo elvetico nelle prefetture italiane, che si trovavano per una questione “naturale”, di tipo etnico secondo il bernese, in uno stato di arretratezza rispetto ai confederati.9 Nel paragrafo bibliografico della Svizzera italiana FransciniFransciniStefano scrive, a proposito dei libri di BonstettenBonstettenKarl Viktor von, che «hanno molto sul nostro Cantone, ma non vanno scevri di errori».10 Così come non sono pacificamente ricevute le informazioni trasmesse nel Manuel du Voyageur en Suisse di Johann Gottfried EbelEbelJohann Gottfried, un medico e scrittore nato nella Slesia prussiana e vissuto tra la Francia, la Germania e Zurigo, dove uscì la guida consultata da FransciniFransciniStefano nell’edizione in lingua francese.11 Nella Svizzera italiana, in apertura al capitolo sui Costumi, si legge un paragrafo che bene sintetizza l’aspetto per certi versi anche polemico dell’opera:

      Il BonstettenBonstettenKarl Viktor von, l’EbelEbelJohann Gottfried e più altri hanno fatto de’ nostri costumi un quadro ben fosco. A sentirli dire, noi siamo neghittosi e nemici del lavoro e dell’industria: noi inferiori a tutti gli altri popoli d’Elvezia in moralità e benessere: noi alloggiati peggio che in qualche luoghi della Svizzera tedesca, i maiali; noi non partecipi della sobrietà italiana né quanto al cibo né quanto alla bevanda: noi altrettanti miserabili.12

      D’altro canto, non tutte le informazioni tràdite dalle descrizioni compilate nel Settecento sono contraddette da FransciniFransciniStefano, il quale, ad esempio, accoglie con favore alcune tesi proposte da SchinzSchinzHans Rudolf. Nella bibliografia della Svizzera italiana i Beyträge sono definiti un’opera «in quattro diversi fascicoli, pieni di notizie storiche, economiche e statistiche, e degnissimi di essere consultati».13 Oltre, forse, alla denominazione “Svizzera italiana”, FransciniFransciniStefano riceve positivamente le argute considerazioni linguistiche proposte dal pastore zurighese nel quarto quaderno dei Beyträge: probabilmente la più importante testimonianza linguistica esterna per quanto concerne la situazione della Lombardia svizzera nel secolo XVIII. In particolare, FransciniFransciniStefano impiega le informazioni contenute nel capitolo Cultur, Wissenschaft und Künste. Come suggerito da BianconiBianconiSandro, in questo passaggio SchinzSchinzHans Rudolf dimostra una sensibilità per le situazioni comunicative che sembra anticipare, pur senza un’impostazione teorica, le variabili della sociolinguistica moderna, ossia la diatopia, la diastratia e la diafasia:14

      La loro conoscenza delle lingue non è molteplice. Fra di loro parlano un italiano corrotto e alterato, con espressioni regionali e dialettali del tutto incomprensibili per lo straniero; quando però sono in compagnia di forestieri, parlano in maniera molto più forbita, corretta ed elegante dei milanesi e dei piemontesi, e perfino i popolani sanno parlare in buon italiano, devono avvezzarcisi per farsi intendere meglio quando emigrano. Balivi e sindacatori comprendono questa lingua soltanto quand’è parlata correttamente; per comunicare con costoro nei frequenti rapporti con i tedeschi, gli indigeni devono applicarsi a parlare il tedesco e il buon italiano.15

      FransciniFransciniStefano condivide senza riserve questa valutazione. Nella Svizzera italiana il paragrafo sul Linguaggio, collocato in apertura al capitolo dedicato allo Stato sociale, giunge alle stesse conclusioni e sembra, in larga misura, esemplato proprio sulla descrizione di SchinzSchinzHans Rudolf. Dapprima FransciniFransciniStefano asseconda e convalida la riflessione concernente la capacità del contadino ticinese di esprimersi in lingua con maggior eleganza e sicurezza dei campagnoli piemontesi e lombardi. In questo caso, l’informazione proposta da SchinzSchinzHans Rudolf e avallata nella Svizzera italiana, se considerata attendibile, ci informa di una diffusione secondaria dell’italiano che parrebbe superiore alle note stime proposte da DE MAURODe MauroTullio 1963 e CASTELLANICastellaniArrigo 1982:16

      Generalmente parlando chi si rivolge in buon italiano a’ Ticinesi non del tutto idioti viene inteso facilmente; che anzi


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