Il nome e la lingua. Ariele Morinini

Il nome e la lingua - Ariele Morinini


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milanese distingue, nell’area del Basso lombardo, il dialetto «Luganese» da quello delle «Valli Svizzere italiane».6 La stessa ripartizione è confermata nelle carte della Dialettologia italiana, nelle quali i dialetti del luganese e del mendrisiotto sono catalogati come lombardi, con il titolo di Suddialetto ceresiano, mentre le restanti varietà della regione appartengono, secondo questa distribuzione, al «Valligiano italo-svizzero».7

      La mappatura è ulteriormente arricchita dalla pluralità vernacolare che frammenta le due regioni, riassumibile complessivamente in nove distretti linguistici:

      Difficil cosa sarebbe distinguere e determinare il numero dei dialetti che si parlano nel nostro paese, giacché la varietà vi è grandissima e quasi incredibile da luogo a luogo. Pare che si possano stabilire nove principali dialetti, – degli abitanti delle città o borgate, – quello del Mendrisiotto, – del Luganese, – del Locarnese, – di Vallemaggia, – del Bellinzonese, – della Riviera, – di Blenio – e della Leventina. Il primo, che non è intieramente lo stesso in niuna delle nostre piccole città, si è detto che si conforma moltissimo al lombardo-milanese. Quelli del Mendrisiotto e del Luganese gli somigliano pure non poco.8

      La prima distinzione operata da FransciniFransciniStefano, anticipata in apertura di capitolo, è relativa alla varietà parlata nei borghi, che indipendentemente dalla collocazione geografica si conforma al lombardo-milanese; un fenomeno nel quale potremmo scorgere i prodromi di una koinè ticinese. Nella regione meridionale questa differenza è di conseguenza meno netta, poiché le varietà del Suddialetto ceresiano rassomigliano alla parlata vernacolare milanese, analogamente a quelle dei centri cittadini di tutto il cantone. Questa considerazione, ribadita da FransciniFransciniStefano nella Guida del viaggiatore nella Svizzera italiana («la popolazione cittadina e nelle parti meridionali anche la campagnola fa uso di un dialetto che tien molto del lombardo-milanese e comasco»9), va probabilmente ricondotta a una dinamica analoga a quella osservata da MontiMontiPietro per il borgo di Como, ed espressa con maggiore agio e chiarezza nell’introduzione al Vocabolario dei dialetti della diocesi di Como:

      Il dialetto proprio di Como, intendo dire quello che si parla in Como e nelle vicine terre per un quindici miglia incirca, il quale poco si discosta dal milanese, ed è perciò il meno importante per uno studio speciale; perché in Como, e quindi nelle terre adjacenti, pei progressi del commercio e della cultura letteraria, più assai che nelle lontane, si obliarono le forme vetuste; e la favella si andò sempre più avvicinando alla comune lingua italiana.10

      Tuttavia, anche all’interno degli stessi distretti linguistici sono presenti delle oscillazioni. Ad esempio, osserva FransciniFransciniStefano, «nel locarnese vi è gran divario tra il dialetto che s’ode nelle terre lacuali e quello che è proprio o sia degl’Onsernonesi o sia de’ Verzaschesi». Una situazione analoga si verifica anche nei territori dove la lingua più si conforma al milanese, come nel distretto di Lugano: «Ma nel luganese stesso gli abitanti della così detta Pieve Capriasca e di Val Colla parlano un vernacolo che diversifica notabilmente da quello delle altre genti del distretto». L’attenzione particolare riservata alla Valle Leventina, già osservata nel rilievo lessicale e dovuta alla familiarità dell’autore e alla singolarità di un dialetto suscettibile di oscillazioni facilmente inquadrabili rispetto alla Dachsprache, emerge anche in sede di mappatura linguistica. Infatti, FransciniFransciniStefano è il primo a esprimersi sulla pluralità vernacolare della sua valle d’origine, che rappresenta l’area linguistica più frammentata della regione: «Tal differenza in niun luogo è forse così sorprendente come nella Leventina là dove si potrebbono di leggieri distinguere almeno cinque varietà di dialetto, due nella regione inferiore, due nella centrale e uno nella superiore».11 Questa considerazione è assecondata e comprovata dalle più autorevoli disamine linguistiche condotte nei decenni successivi, tra cui anche quella dei celebri Saggi ladini, nei quali AscoliAscoliGraziadio Isaia non solo avalla ma sottoscrive e cita le parole di FransciniFransciniStefano:

      […] le varietà dialettali in cui la Leventina si riparte. Circa le quali così si esprime lo stesso autore nella già citata sua Svizzera italiana (1: 307): “Tal differenza (di linguaggio) in niun luogo è forse così sorprendente come nella Leventina là dove si potrebbono di leggieri distinguere almeno cinque varietà di dialetto, due nella regione inferiore, due nella centrale e uno nella superiore”.12

      La considerevole varietà dialettale del territorio traduce nel dato linguistico la frammentazione interna storicamente documentata nel Ticino, riconducibile come detto all’organizzazione statutaria di carattere comunale che ha regolamentato il sistema sociale dal Medioevo all’istituzione cantonale. Ne sono conseguite le scarse relazioni instaurate tra baliaggi, governati da poteri indipendenti e non collaboranti fra loro, nonché la precarietà delle vie di comunicazione interne al territorio, che preclusero i contatti tra paesi e borghi. In sostanza, la condizione di separatezza sembra aver influenzato lo sviluppo delle varietà linguistiche regionali in maniera più importante rispetto all’effetto unitario esercitato dal centro culturale di Milano e dai centri secondari, economici e religiosi, vale a dire le pievi e le diocesi.13

      Sulla scorta dell’esperienza linguistica personale, forse confortata dalle schedature lessicali effettuate negli anni giovanili, FransciniFransciniStefano afferma che:

      Ogni circolo poi, ogni comune, e fors’anche ogni terra e terriciuola ha qualche cosa o nella pronuncia o nella qualità delle parole, per cui il suo dialetto non si può confondere con quello del finitimo circolo, comune o villaggio.14

      E aggiunge però, mostrando un’attenzione anche diacronica per l’elemento linguistico, che il nuovo assetto cantonale va stemperando la divisione campanilistica della regione. Ne conseguono fenomeni innovativi e di livellamento che riducono progressivamente il divario tra borgo e campagna sul piano della lingua:

      Dopo riuniti li baliaggi in un solo Cantone, dopo fatte le nuove strade, moltiplicati e agevolati i punti e i mezzi di contatto, le differenze del vernacolo vanno divenendo meno forti; e quel dialetto che abbiamo detto essere proprio delle città e borgate divien famigliare presso buon numero di colte e agiate famiglie sparse ne’ villaggi.15

      Anche in questo caso FransciniFransciniStefano ha forse presente una fonte settecentesca, in opposizione alla quale sembra presentare i suoi argomenti. Una considerazione analoga è infatti proposta nelle citate Lettere sopra i baliaggi italiani di BonstettenBonstettenKarl Viktor von. In termini peggiorativi, nella lettera relativa al Viaggio d’agosto attraverso il baliaggio di Valmaggia e della Lavizzara, il bernese osserva che

      Un tratto singolare di queste valli, ma anche della maggior parte dei villaggi della Svizzera italiana, è la varietà della lingua e dell’abbigliamento, varietà percepibile da un luogo all’altro già a mezzora di cammino […] Questa varietà di lingua, di abbigliamento e di usanze è forse la prova di come, nel carattere italiano, ci sia qualcosa di associale, di riservato, di sospettoso; per questo qui si osserva poco commercio e poca scienza.16

      La forte identità comunale si riflette, infine, anche in un peculiare aspetto del lessico. Le numerose espressioni popolari o blasoni, sedimentati nel linguaggio volgare e raccolti nella scheda Soprannomi degli abitanti di paesi, circoli e distretti della Svizzera italiana contenuta nel secondo volume del RID, testimoniano, nella loro importanza numerica e con la loro caratterizzazione municipale, la continuità anche primonovecentesca della frammentazione comunale tipica della Svizzera italiana.17

      1.4. Il Grigioni e il topos del “cattivo italiano”

      Il mosaico linguistico risulta ancora più complesso se si includono nel quadro complessivo le tre regioni del Grigioni italiano, non contemplate nella riflessione presentata da FransciniFransciniStefano nel capitolo sul Linguaggio. Questa negligenza mostra le difficoltà e i limiti intrinseci al progetto della Svizzera italiana, percepibili nell’organizzazione stessa dell’opera. Infatti, un’ampia trattazione è riservata al Cantone Ticino mentre le considerazioni sul Grigioni italiano sono relegate in una breve appendice in calce al secondo volume.1 In questo complemento, gli abitanti italofoni del Grigioni sono definiti di cultura ancipite: ossia, sono descritti come individui di origine italiana contaminati dalla cultura


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