Il nome e la lingua. Ariele Morinini

Il nome e la lingua - Ariele Morinini


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       Ch. Cons.e Stefano Franscini FransciniStefano

      Ex libris Francisci CherubiniCherubiniFrancesco Mediolanenses.17

      Il documento, di pugno di FransciniFransciniStefano, non è in realtà particolarmente rozzo o mal presentato. Sulla scorta di quanto scritto nella lettera del 20 ottobre 1826, sembra non avventato ipotizzare che le liste di voci di qualità redazionale e contenutistica peggiore fossero quelle allestite dagli informatori anonimi ai quali si rivolse il ticinese, di cui si è detto sopra. Tra le carte di CherubiniCherubiniFrancesco custodite in Ambrosiana non si conserva infatti traccia dei fascicoli dedicati alla Valle di Blenio e alla Riviera, né emergono testimonianze indirette del loro impiego nel cantiere della Dialettologia italiana. A questo proposito sembra condivisibile l’ipotesi avanzata da FarèFarèPaolo A., secondo il quale questi materiali dovevano essere esigui e di scarso interesse, perciò sono stati persi o distrutti dal lessicografo.18 Tale congettura sembra confermata dal mancato riferimento ai due manoscritti nella meticolosa Bibliografia dialettale redatta dallo stesso CherubiniCherubiniFrancesco.19 A questo proposito, nel 1846, recensendo il Vocabolario dei dialetti della città e diocesi di Como di Pietro MontiMontiPietro, CherubiniCherubiniFrancesco ricorda, riconoscendo dignità e merito all’indagine, il saggio sul dialetto leventinese ricevuto da FransciniFransciniStefano tra la fine del 1826 e l’inizio del 1827, ma trascura i fascicoli che teoricamente lo accompagnavano:

      Nella mia raccolta di stampe e manoscritti vernacoli de’ varii paesi d’Italia posseggo anch’io un Saggio di Dialetto Leventino compilato e donatomi dal ch. scrittore della Statistica della Svizzera, l’egregio FransciniFransciniStefano. In quel Saggio (che novera 23 carte) esistono parecchie voci che potranno arricchire una seconda edizione del presente Vocabolario del MontiMontiPietro; a cagion d’esempio Antru (rampollo), Bascioeù (porco), Bascióra (scrofa), Cusgnà (bussare), e più altre.20

      MontiMontiPietro si servì infatti solo di una parte dei Vocaboli di Leventina per il suo Vocabolario, quella raccolta nella opus magnum dello statista, indicata tra le fonti della sua opera: «Stefano FransciniFransciniStefano, nella Svizzera italiana, ci diede alcune voci del Cantone Ticino».21 Benché l’esperimento lessicografico del ticinese non ambisse alla diffusione editoriale o all’esaustività della ricerca, il materiale procurato da FransciniFransciniStefano fu una risorsa di interesse per i lessicografi lombardi. Ma la fortuna di questa snella documentazione fu anche più ampia, lo dimostra il paragrafo Valle Leventina dei Saggi ladini, elaborato da Graziadio Isaia AscoliAscoliGraziadio Isaia sul prezioso mannello di voci allestito da FransciniFransciniStefano:

      Qui si schiude alla nostra indagine una fonte abbastanza copiosa. È un vocabolario autografo di Stefano FransciniFransciniStefano, inserito in CH. E.S. III, 24, p. 9 segg. [ora: M 67 suss., cc. 9-32], del quale noi attingeremo a larga mano, ordinando e commentando il nostro spoglio secondo il tipo da noi adottato.22

      A quanto risulta, tolte le pagine della Svizzera italiana dedicate al Linguaggio, che si ricollegano più o meno direttamente a questa esperienza, le richieste di CherubiniCherubiniFrancesco hanno costituito le uniche occasioni di studio e riflessione sui dialetti regionali per lo statista. Pur da una diversa angolatura, fa eccezione la traduzione del breve dialogo tra un padrone e il suo servitore voltata da FransciniFransciniStefano in due varietà della regione per il capitolo dedicato alla Svizzera italiana incluso nel supplemento al settimo volume della Corografia dell’Italia di Attilio Zuccagni-OrlandiniZuccagni-OrlandiniAttilio.23

      1.3. La descrizione delle varietà dialettali della Svizzera italiana

      Anche nelle sue manifestazioni più settoriali, ad esempio quelle linguistiche, il sapere di FransciniFransciniStefano era pratico e utilitaristico, coerente con la sua formazione tardo-illuministica. Così, gli spogli lessicali e più generalmente le indagini dialettali condotte negli anni giovanili trovano una loro ragione non solo a servizio di ricerche altrui ma anche nella propria opera storico-statistica, che dedica un paragrafo alla Varietà fra i dialetti Ticinesi nel capitolo sul Linguaggio della Svizzera italiana. Il paragrafo sulle varietà vernacolari del Cantone Ticino, che privilegia la schedatura lessicologica all’analisi più propriamente strutturale, è la prima trattazione dei dialetti ticinesi nel loro insieme. In queste pagine, FransciniFransciniStefano si occupa di descrivere la geografia dialettale della regione e discute in chiusura, con una postilla cursoria, alcune caratteristiche fonomorfologiche del vernacolo in analisi. Anche l’unico affondo in questo senso non va oltre il descrittivismo. Infatti, l’autore si limita a registrare, senza ulteriori analisi o specifiche, le oscillazioni formali degli articoli, caratterizzate in particolare dal rotacismo della l:

      Gli articoli il, lo si trasformano molto diversamente nelle diverse parti del Cantone. Sono nell’un luogo ’l, nell’altro ol, or: in certi altri u, ul, ur: e benanco si ode ro e ru. L’articolo del femminile soggiace a molto minori alterazioni: chi dice la, chi ra. Al plurale la voce i serve, come nel dialetto milanese, d’articolo al maschile ed al femminile.1

      Nel capitolo relativo al Linguaggio, prima di ogni altra considerazione, lo statista ricollega il territorio ticinese all’area culturale italiana, con particolare riferimento alla comunanza linguistica – in altri passi dell’opera sono la fisionomia, i costumi o le semplici abitudini a fare del Ticino una terra naturalmente italiana. La lingua, come vedremo meglio nelle pagine a seguire, è una spia identitaria alla quale nella Svizzera italiana è attribuita un’importanza determinante. Per contro, all’italianità comune al territorio, fatto salvo Bosco Gurin, l’unico villaggio ticinese di lingua tedesca, non corrisponde un’unità dei vernacoli. Le varietà dialettali del Cantone Ticino sono organizzate da FransciniFransciniStefano in un macro-insieme bipartito:

      I ticinesi, non fosse altro, sono veramente italiani perché, da’ terrieri di Bosco di Valle Maggia in fuori, parlano il bel linguaggio del sì. Ne’ borghi e nelle parti più meridionali e più aperte verso la Lombardia il vernacolo tien molto del lombardo-milanese: nelle remote parti esso è più originale e partecipa del lombardo e del rezio o romanzo.2

      Nella regione si distinguono le varietà meridionali, prossime al dialetto milanese, e quelle settentrionali, per le quali FransciniFransciniStefano addita l’influenza del romancio – forse condizionato dalla classificazione dei dialetti di CherubiniCherubiniFrancesco – e tace quella del tedesco, discussa più avanti nel capitolo. Nella dicotomia fa eccezione il vernacolo cittadino, assimilabile ai dialetti sottocenerini a prescindere dalla localizzazione geografica.3 Seppur in maniera approssimativa, l’abbozzo di FransciniFransciniStefano coglie la bipartizione della geografia linguistica del Ticino, ossia la distinzione tra le varietà lombardo-occidentali al sud del monte Ceneri e le varietà lombardo-alpine diffuse a nord del valico, con le singole eccezioni. Questa suddivisione è fondamentalmente accettata nei decenni successivi dagli studi della dialettologia scientifica. Come saggio rappresentativo a questo proposito basti una considerazione di Carlo Salvioni,SalvioniCarlo inclusa nell’articolo Lingua e dialetti della Svizzera italiana:

      I dialetti della Lombardia occidentale posson dividersi, in ordine alle pratiche necessità nostre, in dialetti lombardi veri e propri (=dialetti della pianura e delle prealpi) e in dialetti lombardo-alpini, che, per brevità chiameremo lombardi rispettivamente alpini. Dei dialetti italo-svizzeri sono alpini i dialetti grigioni e quelli ticinesi del Sopraceneri, eccettuati però qui Locarno e i dialetti parlati lungo la riva sinistra del Ticino e del Verbano de’ distretti di Bellinzona e Locarno. Sono Lombardi gli altri.4

      Questa articolazione della geografia linguistica locale è già chiara per FransciniFransciniStefano all’altezza della Statistica della Svizzera, dove, nella sinossi intitolata Prospetto della Svizzera secondo gli idiomi, espone una bipartizione affine: «Due principali gerghi: quello della parte più meridionale del Ticino appartiene al dialetto lombardo: quello delle altre terre e de’ Grigioni ha del lombardo e del rezio».5 Anche in questo caso, oltre che contare sulla propria sensibilità ed esperienza linguistica, FransciniFransciniStefano ha forse guardato


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