Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.. Beatrice Gavazza
πολλοὺς καὶ ἄλλους, ἐν τούτοις δὲ καὶ πάνσοφόν τινα καὶ πάγκαλον ἄνδρα, διασεσαλευμένον τὸ βάδισμα, ἐπικεκλασμένον τὸν αὐχένα, γυναικεῖον τὸ βλέμμα, μελιχρὸν τὸ φώνημα, μύρων ἀποπνέοντα, τῷ δακτύλῳ ἄκρῳ τὴν κεφαλὴν κνώμενον, ὀλίγας μὲν ἔτι, οὔλας δὲ καὶ ὑακινθίνας τὰς τρίχας εὐθετίζοντα, πάναβρόν τινα Σαρδανάπαλλον ἢ Κινύραν ἢ αὐτὸν Ἀγάθωνα, τὸν τῆς τραγῳδίας ἐπέραστον ἐκεῖνον ποιητήν.
Ma andando per l’altra strada troverai molti altri, e tra questi un qualche uomo di grande arguzia e bellezza, dal passo rilassato, dal collo curvo, dallo sguardo effeminato, dalla voce di miele, dal dolce profumo, che si solletica la testa con la punta del dito, si mette a posto i capelli, se anche ormai pochi, comunque ricci come giacinti, un qualche delicato Sardanapalo, o Cinira, o Agatone in persona, quell’amabile poeta tragico.
g) Max. Tyr. 18, 4 l. 10 Trapp
ἀλλὰ καὶ διδασκάλους ἐπιγέγραπται (Socrates) τῆς τέχνης, Ἀσπασίαν τὴν Μιλησίαν καὶ Διοτίμαν τὴν Μαντινικήν, καὶ μαθητὰς λαμβάνει τῆς τέχνης, Ἀλκιβιάδην τὸν γαυρότατον καὶ Κριτόβουλον τὸν ὡραιότατον καὶ Ἀγαθῶνα τὸν ἁβρότατον
Ma anche [Socrate] elenca come maestri dell’arte [erotica] Aspasia di Mileto e Diotima di Mantinea, e come discepoli dell’arte prende lo splendido Alcibiade e Critobulo pieno di grazie e l’amabilissimo Agatone
Interpretazione
Il nome di Agatone è legato nella tradizione antica all’attributo καλός e sinonimi. Nelle fonti, la bellezza del poeta ne costituisce la caratteristica fondamentale: esplicita al v. 192 delle Tesmoforiazuse aristofanee, è implicita già nello scambio di battute ai vv. 29–33 (vd. test. 4), dove l’effetto comico nasce dai tentativi del Parente di identificare Agatone con un uomo nerboruto, scuro e dalla barba ispida, non corrispondente certo all’immagine di bellezza delicata e femminea delineata più tardi dal v. 192. Per quanto riguarda gli scritti di Platone, nel Protagora (vd. test. 3) Socrate nota Agatone per via del suo bell’aspetto. Nel Simposio la bellezza di Agatone determina precisi comportamenti da parte degli altri convitati: Socrate si è preparato al banchetto lavandosi, per presentarsi bene all’incontro con una persona bella (174a 9); sempre Socrate mette a rischio la buona riuscita del progetto di lodare Eros per il gusto di confrontarsi dialetticamente con un uomo di bell’aspetto (194d 4). Alcibiade arriva a banchetto finito per incoronare la testa di Agatone, il più sapiente e il più bello (212e 8), commenta quindi la presenza di Socrate accanto ad Agatone ribadendo la bellezza del poeta (213c 4s.) e si mette a discutere con Socrate per chi debba restare sdraiato vicino ad Agatone (222e 6–232a 9), dichiarando infine di non poter competere con Socrate nel godere della presenza di uomini belli (232a 7).
Di difficile valutazione è un’iscrizione vascolare ΑΓΑΘ[ΩΝ] ΚΑΛΟΣ, segnalata come incertum da Snell–Kannicht. Il vaso su cui il graffito compare, rinvenuto presso l’Acropoli di Atene, è frammentario, e la parte superiore è perduta.3 Si tratta di un contenitore che, dal piede, si allarga nella pancia per poi restringersi verso la gola, come una oinochoe o un altro tipo di brocca. Secondo Robinson–Fluck si può ipotizzare una data di produzione intorno alla metà del V sec. a.C.4 Le iscrizioni del tipo καλός, in uso in ambito ateniese dalla metà del VI sec. al 420 circa a.C.,5 sono un’espressione riconducibile in larga misura al fenomeno della pederastia:6 l’aggettivo si accompagna talvolta con il sostantivo ὁ παῖς, talvolta con un onomastico, che in alcuni casi può essere identificato con il nome di un noto giovane dell’aristocrazia ateniese.7 L’identificazione dell’ ΑΓΑΘ[…] del vaso con il nome tragediografo è sostenuta da Robinson–Fluck, i quali individuano nelle altre testimonianze relative ad Agatone i presupposti per ipotizzare che il poeta fosse celebrato da iscrizioni vascolari di tipo καλός.8 Lévêque preferisce lasciare la questione irrisolta, e, accettando una collocazione cronologica del vaso alla prima della metà del V sec., è più propenso a escludere un riferimento ad Agatone, nato intorno alla metà del secolo ed entrato solo negli anni ‘30 in un’età in cui sarebbe potuto diventare oggetto di iscrizioni simili.9 Per quanto l’ipotesi di Robinson–Fluck s’inserisca senza difficoltà entro un quadro di promozione del poeta tragico durante l’epoca a lui contemporanea e trovi riscontro in quel filone letterario (da cui dipende la tradizione erudita più tarda) che ricorda Ἀγάθων quasi sempre insieme all’attributo καλός, la difficoltà posta dai resti del vaso e l’assenza di altre attestazioni del nome di Agatone tra le iscrizioni del tipo καλός obbliga a lasciare questa fonte tra gli incerta.
L’associazione del poeta tragico con l’aggettivo καλός, consolidata nelle fonti più antiche e autorevoli, è riproposta da autori più tardi: da Plutarco, nella opere pseudo–plutarchee (vd. test. 15b; contesto di citazione del fr. 3a) e da Ateneo (vd. contesto di citazione dei frr. 11. 13. 15). Il concetto ritorna anche in altre varianti: in riferimento ad Agatone, Luciano nel II sec. d.C. ricorre a πάναβρος, “delicato”, “effeminato”, ed ἐπέραστος “amabile” (rh.pr. 11 ll. 8–10). Consideriamo gli aggettivi che esprimono qui la qualità della bellezza: πάγκαλον ἄνδρα […] πάναβρόν τινα […] αὐτὸν Ἀγάθωνα, τὸν τῆς τραγῳδίας ἐπέραστον ἐκεῖνον ποιητήν. Il primo di questi aggettivi è una forma di καλός rafforzata dall’avverbio πᾶν.10 Il secondo termine, πάναβρος, è raro: si trova per la prima volta proprio in Luciano,11 in seguito solo nelle Chiliadi di Tzetzes (XII sec.) in riferimento ai banchetti siculi, ἐκ τραπεζῶν Σικελικῶν οὐσῶν παναβροτάτων (chil. X 356, 808), e in un proverbio spiegato da Michele Apostolio (XV sec. d.C.), Πάναβρος Σαρδανάπαλος· ἐπὶ τῶν τρυφώντων καὶ τῶν πολυόλβων (Apostol. XIII 89 Leutsch–Schneidewin). Il termine è composto dall’aggettivo ἁβρός rafforzato dall’avverbio πᾶν. ἁβρός ricorre per la prima volta in Esiodo (fr. 339 M.–W.) come attributo del sostantivo παρθένος e si trova frequentemente nella lirica e nella tragedia in riferimento a giovani donne.12 Nella prosa anteriore al I sec. a.C. l’aggettivo compare raramente e l’uso prosastico mostra uno slittamento di significato rispetto all’uso poetico: dall’idea di delicatezza femminile presente in poesia si passa a quella di lusso agiato, secondo la frequente associazione di delicatezza femminile e comodità, lusso (cfr. p. es. Plut. quomodo adul. 20a) Alcuni esempi: una forma ἁβρόν e un superlativo ἁβρότατοι si riferiscono alla popolazione tracia degli Agatirsi in Erodoto (rispettivamente I 71. IV 104) con il significato di ‘delicato’, ‘lussuoso’; Senofonte attribuisce la connotazione di ἁβρός a κτῆμα, dunque alla sfera dei beni materiali (Xen. Symp. 4, 44: τὸ ἁβρότατόν γε κτῆμα); Platone nel Simposio utilizza l’aggettivo, in forma sostantivata, come nome del predicato nella formulazione ἔστι τὸ ἐραστὸν τὸ […] ἁβρόν (Symp. 204c). Sempre nel Simposio platonico ricorre il sostantivo ἁβρότης (197d al gen. ἁβρότητος) unito a τρυφή e χλιδή, che designano un lusso caratterizzato da comodità, delicatezza.13 In Luciano