Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.. Beatrice Gavazza

Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C. - Beatrice Gavazza


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Tucidide fu contemporaneo di alcuni poeti, tra cui Agatone tragico. Prassifane fu un peripatetico, allievo di Teofrasto; la περὶ ἱστορίας è menzionata dalla sola Vita Thucydidis.1

      La vita di Tucidide si colloca tra il 460 circa e il 400 a.C.2 Per quanto riguarda gli altri autori qui ricordati, il commediografo Platone, attivo ad Atene contemporaneamente ad Aristofane ed Eupoli, visse tra la metà del V sec. e il 390 a.C. circa.3 Di Nicerato, un autore di versi epici (ἐποποιός) originario di Eraclea Pontica, non si hanno molte notizie, se non quella relativa a una sua vittoria in un agone poetico tenutosi a Samo nel 404 a.C. (Plut. Lys. 18, 4s.); la sua data di nascita è da collocarsi plausibilmente intorno alla metà del V sec. a.C.4 Cherilo fu poeta epico proveniente da Samo e residente per un certo periodo, forse fino alla morte, alla corte macedone di Archelao; la sua vita si colloca tra gli anni 468–465 e 404–399 a.C.5 L’ultimo autore menzionato è Melanippide, compositore di ditirambi annoverato nel gruppo di poeti che segnarono lo sviluppo di questo genere letterario tra la seconda metà del V e l’inizio del IV sec. a.C., soprattutto attraverso innovazioni in campo metrico–musicale. Per il periodo di attività poetica di Melanippide si ipotizza la seconda metà del V sec.6

      Per l’interpretazione del passo, una prima linea di pensiero – già di Preller, ampliata e argomentata da Wilamowitz e Hirzel e accettata da Wehrli – consiste nell’ipotizzare che nella περὶ ἱστορίας di Prassifane gli autori menzionati si riunissero presso la corte di Archelao, re di Macedonia dal 413 al 399 a.C.7 L’opera del peripatetico prenderebbe spunto dalla situazione della corte macedone alla fine del V sec. a.C., quando Archelao, secondo un disegno di politica culturale volto a ellenizzare la Macedonia – zona considerata periferica dai Greci dell’epoca – radunò intorno a sé intellettuali e artisti provenienti da città greche.8 La tradizione di un soggiorno macedone esiste per Tucidide, per Cherilo, per Melanippide e per Agatone. Tra i poeti attivi alla corte di Archelao troviamo anche Euripide (non menzionato da Prassifane).9 La notizia non è invece attestata per Nicerato e per Platone.10 Tale interpretazione si fonda sulla menzione di Archelao subito dopo l’elenco degli autori, alle ll. 2s. del fr 18 Wehrli di Prassifane (ap. Marcell. Vit. Thuc. 30).11 Il verbo συγχρονίζω indicherebbe la simultanea presenza dei personaggi citati alla corte di Archelao.12 Non accetta tale interpretazione del passo Aly, il quale per Nicerato e Platone nega qualunque nesso con la corte di Archelao e considera azzardata l’ipotesi di ricostruire l’opera di Prassifane come la messa in scena di un incontro in Macedonia di tutti questi autori; Prassifane avrebbe usato συγχρονίζω per indicare che, in base ai suoi calcoli, gli autori citati sarebbero vissuti nel medesimo periodo.13 Il riferimento ad Archelao sarebbe stato riportato da Marcellino in una forma abbreviata e sarebbe da leggersi in riferimento solo ad alcuni dei nomi presenti, tra cui Agatone. Siamo in ogni caso di fronte a una fonte che lega il nome del poeta tragico a una generazione di autori vissuti nella seconda metà del V sec. a.C., alcuni attivi anche nei primi anni del IV sec., e al contesto della corte macedone di Archelao.

      Test. 8a (7a S.–K.)

      Aristoph. Ra. 83–85 (a. 405)

Ἡρακλῆς Διόνυσoς Ἡρ. Δι. Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται, ἀγαθὸς ποιητὴς καὶ ποθεινὸς τοῖς φίλοις (σοφοῖς schol. VE ad 84). ποῖ γῆς ὁ τλήμων; 85 εἰς μακάρων εὐωχίαν.
Eracle Dioniso Er. Di. E Agatone dov’è? Abbandonatomi se n’è andato un buon poeta, rimpianto dagli amici. In quale angolo della terra, il disgraziato? 85 Al banchetto dei beati.

      Interpretazione

      Nel 405 a.C. Aristofane presenta in occasione delle Lenee le Rane, commedia che mette in scena la catabasi di Dioniso, desideroso di riportare ad Atene Euripide, in assenza di altri poeti tragici di buon livello. Per realizzare il piano, la divinità chiede aiuto a Eracle; ha luogo una discussione sul contemporaneo panorama teatrale ateniese, con la menzione di rinomati poeti tragici, tra cui Agatone.

      Al v. 83, l’espressione ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται è definita da Del Corno come connotata da «un tono da epitafio», in quanto Agatone «si era trasferito altrove, era come morto per il teatro ateniese».14 Il verbo ἀποίχομαι, ‘andarsene’, a seconda del contesto può esprimere l’allontanamento di una persona tanto da un luogo quanto dalla vita stessa.15 L’ambiguità del termine permette un gioco di parole tra l’allontanamento geografico e la morte. Secondo Lévêque tuttavia il ricorso alle forme composte dei verbi ἀπολείπω e ἀπολαμβάνω, nonché la domanda ποῦ’ στιν, con il ricorso a un avverbio di luogo, spingono a interpretare i tre versi come espressione di allontanamento geografico. Gli scolî e il dialogo di apertura del Simposio di Platone (vd. test. 9) confermano l’interpretazione di un semplice allontanamento fisico di Agatone da Atene.

      Al v. 84, il testo tramandato dai codici e accettato da Wilson è ποθεινὸς τοῖς φίλοις, mentre negli scolî appare la variante σοφοῖς. Dover mette a testo τοῖς φίλοις, considerando σοφοῖς una glossa oppure una variante.16 Del Corno, seguendo Dobree, sceglie di mettere a testo σοφοῖς, lezione segnalata negli scolî dei manoscritti V ed E, ritenendo che il φίλοις dei codici sia il risultato di un’interpolazione forse causata dall’inserzione nel testo di una segnalazione, in origine a margine, di un passo parallelo euripideo, il v. 320 delle Fenicie.17 In ambito funerario – argomenta Dover – l’espressione ποθεινὸς τοῖς φίλοις (o equivalenti) è diffusa: ποθεινὸς ἐὼν σοῖ–/[σι φίλο]ις (IG II/III² 6004, vv. 7s.); φίλοις ἐρατός (SEG LV 723, v. 10); φίλοις πᾶ–/σι ποθεινὸς (IK Knidos I 304, vv. 8s.). D’altro canto, la lezione σοφοῖς ha carattere meno generico e ben si adatterebbe alle note frequentazioni da parte di Agatone dei sofisti, suoi maestri, e della cerchia socratica (vd. anche testt. 2s. 17). La formulazione non resta senza attestazione: φίλον καὶ π[ᾶσι]/[σ]<ο>φοῖσι (IGLSyr 4 1350, vv. 4s.). Considerata tuttavia l’unanimità della tradizione manoscritta e l’assenza di validi motivi per pensare a φίλοις come a una corruttela, si accetta la lezione tràdita.

      Il v. 85 continua a giocare sull’ambiguità tra partenza e dipartita. Alla domanda posta da Eracle, verso quale parte della terra se ne sia andato Agatone, definito τλήμων alla stregua di un morto o di un eroe tragico, 18 Dioniso risponde ἐς μακάρων εὐωχίαν. La morte di una persona è definita frequentemente in iscrizioni funerarie come un viaggio verso le isole (o l’isola) dei beati, εἰς μακάρων νήσους/νῆσον.19 È qui richiamata da un lato la tradizione greca secondo la quale, dopo la morte, le anime dei giusti saranno accolte nelle isole dei beati;20 dall’altro lato, l’accostamento di εὐωχίαν e μακάρων si avvicina invece ad alcune espressioni formulate in contesti satirico–parodici. Due esempi sono: ἐν μακάρων δείπνοις nella lunga citazione, presso Ateneo, dell’autore di parodie epiche Matrone (fr. 1 v. 67 Olson–Sens = SH 534 v. 67), e εἰς τῶν μακάρων συμπόσιον nella Storia vera di Luciano (VH 2, 11). In questo modo, l’ambiguità morte/allontanamento dei tre versi aristofanei non si scioglie, ma acquisisce anche una sfumatura comica, considerando che il pubblico di Aristofane era consapevole della sorte di Agatone in quel momento: gli scolî alle Rane spiegano che il poeta si era


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