Sette Pianeti. Massimo Longo E Maria Grazia Gullo

Sette Pianeti - Massimo Longo E Maria Grazia Gullo


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erano stati costretti all’esilio e, ospitati dai pianeti della Coalizione, organizzavano la ribellione interna per la riconquista del pianeta.

      Il corpo di Oalif era ricoperto da peli neri che lasciavano intravedere la pelle chiara, il contorno degli occhi verdi e gli zigomi erano glabri, aveva una folta barba che finiva a punta sul petto, i capelli lunghi e raccolti a coda sulla nuca.

      Oalif era perfetto per questa missione ma purtroppo sarebbe dovuto rimanere a bordo per non attirare sguardi indiscreti. Era infatti ricercato, il suo viso era noto e non sapevano chi e cosa il gruppo avrebbe incontrato.

      La navicella atterrò in una verdissima radura assolata attraversata da un grande fiume dalle acque basse e trasparenti che lasciavano intravedere il fondale composto da una grande varietà di sassi dai colori vividi, come in un quadro impressionista.

      - Il modo migliore per nascondere qualcosa è alla luce del sole, Oalif appena scendiamo attiva i pannelli di mimetizzazione e grazie, sei stato magnifico - si complimentò Ulica l’Eumenide.

      - È incredibile questo posto, la nebbia che lo circonda una volta dentro svanisce e i raggi di KIC 8462852 riscaldano come in piena estate - fece notare appena fuori dalla navicella Zàira di Oria.

      - Muoviamoci abbiamo poco tempo per trovare un rifugio prima di sera, Mastigo non ci darà molto tempo per trovare il monastero - ordinò Xam del Sesto Pianeta, quarto componente del gruppo.

      - Inoltriamoci lungo il fiume - propose Zàira - la foresta che lo circonda ci coprirà mentre calcoliamo il percorso migliore.

      Si addentrarono nella vegetazione, Xam e Zàira facevano strada mentre Ulica calcolava la direzione da seguire per giungere ad un villaggio Bonobiano dove contavano di ristorarsi e trovare informazioni sul monastero di Nativ, il loro obiettivo.

      Xam, guerriero del Sesto Pianeta, umano, durante le ultime guerre si era distinto per coraggio e umanità.

      Era un giovane adulto, alto e dal fisico scultoreo, aveva la pelle chiara e i capelli ricci, corti e nerissimi come i suoi occhi, le sue lunghe labbra si nascondevano sotto una folta barba densa di riccioli. Sui pantaloncini aderenti indossava una cintura multifunzione altamente tecnologica, ideata dal suo popolo per far fronte a situazioni di difesa o sopravvivenza. Il resto del suo corpo era coperto da un gel usato dai Sistiani per mantenere la temperatura corporea stabile in qualsiasi condizione meteorologica.

      Zàira, sua coetanea, era di Oria, il pianeta dall’atmosfera ridotta. Una bruna corazza naturale la ricopriva, partendo a punta dalla fronte, per allargarsi lungo tutta la schiena sino alla coda, era il tratto distintivo della sua razza. Una corta e fitta peluria bianca copriva il resto del suo corpo, tranne il viso dai tratti umani in cui spiccavano i suoi meravigliosi occhi grigio verdi. Sulla fronte, ai lati della corazza, aveva due lunghissimi ciuffi di capelli bianchi che legava dietro la testa e finivano in una treccia che le arrivava fino alle spalle.

      Ulica, la più giovane del gruppo, scienziata e matematica di alto livello, era di Eumenide. Fine ed elegante come una farfalla, il suo corpo era ricoperto da un velo naturale, color verde acqua e trasparente come ali di farfalla.

      Aprendo le braccia spiegava delle ali vere e proprie che le permettevano di planare. Arricciate e adagiate sui dorsi di entrambi le mani, quasi a sembrare una decorazione, sottili lingue di seta si allungavano a piacimento per essere utilizzate come lazzo o frusta.

      La ricerca durò più del previsto a causa di un malfunzionamento del rilevatore di posizione causato dagli strani effetti sulla strumentazione che si verificavano nel Mare del Silenzio. L’imprevisto li fece allontanare dal fiume portandoli fuori strada e causando un ritardo di alcuni giorni alla loro tabella di marcia.

      Accortisi finalmente del problema, ritornarono sui loro passi e costeggiarono il fiume finché scorsero una radura. I loro occhi si affacciarono su una serie di piccole capanne disposte in cerchio, con al centro un trespolo usato per cucinare in comune la cacciagione. Le pareti erano costruite con tronchi di bambù gigante, legati insieme e sigillati con fango e stralci d’erba. Le coperture, costituite da intrecci di foglie di palma, in cima avevano un foro, che fungeva da camino, ricoperto da un ulteriore cono intrecciato.

      Con loro grande sorpresa, si accorsero che il villaggio si trovava più vicino del previsto al luogo in cui erano atterrati.

      Tutti gli abitanti, alla vista degli stranieri, fuggirono per ogni dove, infilandosi nelle proprie abitazioni, sembravano palle di biliardo colpite dal boccino a inizio partita.

      Si trovavano davanti una delle poche tribù bonobiane che non si era voluta piegare al volere degli Anic, rifugiandosi in quel luogo impervio.

      Non sfuggirono alla vista delle sentinelle, passò solo qualche istante e davanti a loro si presentarono dei guerrieri armati di lance.

      - Siamo venuti in pace - si affrettò a dire Xam.

      - Anche noi vogliamo pace - affermò il più panciuto dei guerrieri, che probabilmente era il loro capo.

      - Per questo vogliamo che andiate via!

      - Non cerchiamo guai, abbiamo bisogno del vostro aiuto, Oalif ci ha parlato del vostro coraggio.

      - Oalif ci ha lasciati tanti anni fa. Cosa siete venuti a fare?

      - A cercare il monastero di Nativ.

      - Perché?

      - Siamo qui per una missione di pace che coinvolge tutti i popoli.

      - Molti inneggiano alla pace ma poi portano la guerra.

      - Ma noi, come puoi vedere, non siamo Anic. Sono Xam dei Tetramir, avrete sentito parlare di noi…

      - Xam del Sesto Pianeta?

      Xam annuì.

      - Andate a chiamare il saggio - ordinò il guerriero panciuto.

      Xam non si aspettava di vedere uscire dalla capanna un compagno di tante battaglie e lo chiamò per nome:

      - Xeri! Ecco dov’eri finito, pensavo ti avessero fatto sparire.

      - Xam? Cosa ci fai qui, amico mio? È morta solo la mia anima di combattente: ho visto troppi giovani amici morire.

      - Sono felice di vederti - esclamò Xam abbracciando il vecchio amico.

      - Anch’io, ma cosa vi porta qui? Dov’è Oalif?

      - Se avesse saputo che ti trovavi qui non saremmo riusciti a trattenerlo sulla navicella. Cerchiamo il monastero di Nativ.

      - Allora non vi serve andare lontano, vi basta alzare gli occhi. Si trova sull’isola fluttuante.

      I Tetramir alzarono lo sguardo al cielo e videro che, proprio sopra le loro teste, pendeva una spada di roccia enorme con in cima degli alberi che nascondevano la vista dell’interno dell’isola.

      - Come facciamo ad arrivarci?

      - Non è vicina come può sembrare, non fatevi ingannare, nessuno è mai riuscito a raggiungerla. Molti hanno provato inutilmente ad arrivarci - continuò Xeri - La distanza che vi separa dall’isola rimarrà sempre la stessa in qualsiasi modo cerchiate di raggiungerla, è come se si trovasse in un’altra dimensione. Guardatevi intorno, non proietta alcuna ombra sul terreno.

      Non ebbero il tempo di riportare gli occhi sul loro amico, che un sibilo colpì la loro attenzione. Videro cadere a terra Xeri, Xam accorse per soccorrerlo ma comprese che era troppo tardi.

      - Tutti al riparo - urlò.

      - Alle armi - gridò il capo guerriero.

      Di nuovo le palle di biliardo si sparpagliarono, ma questa volta le buche si trovavano nel sottobosco della giungla.

      La battaglia infuriava, i soldati di Mastigo erano arrivati più velocemente del previsto. Alcuni piccoli erano rimasti pietrificati per la paura al centro del villaggio.

      - Dobbiamo fare qualcosa - disse Xam, ma non ebbe il tempo di finire la frase che l’Oriana si era già precipitata su di loro per proteggerli con la sua corazza avvolgendoli.


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