Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


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setta sciita, quegli che la ordinò in società segreta, seguiva tuttavia la scuola d'un eresiarca del secondo secolo, rimaso incerto tra il magismo e il cristianesimo, Ibn-Daisân, o Bardesane, come chiamasi con forma siriaca: dottore ascetico e dualista, il quale immaginò l'uomo mediatore tra la Luce e le Tenebre.214 Ma i Daisaniti sono stati confusi spesso coi Manichei, setta analoga che levò assai maggior grido. Mani, come ognun sa, non contento di recar da mero profeta un libro dettato dal Cielo, osò affermare con idea buddista e linguaggio cristiano ch'ei chiudesse in petto lo spirito paracleto o divin consolatore del vangelo; predicò in Persia, Tartaria e India una novella religione accozzata di varie altre, soprattutto di magismo e cristianesimo; dove, tra molte assurdità teologiche e molti ottimi principii di morale, insegnò aver tutti gli uomini uguale diritto al godimento dei beni e piaceri del mondo.215 Spento Mani dai monarchi sassanidi (272), e costretti i discepoli a rifuggirsi nella Transoxiana, ricomparvero dopo il conquisto musulmano in Khorassân e altre province dell'impero, e fino a Bagdad; ove se ne contava trecento nella seconda metà del decimo secolo. Or ignorati or perseguitati, e una volta (908-932) tollerati per intervenzione dei principi dell'Asia centrale,216 i Manichei dell'impero musulmano ordinarono una gerarchia occulta, la cui sede era per Io più in Babilonia e nei tempi difficili la trasportavano ove poteano.217

      Surse anche sotto i Sassanidi Mazdak,218 sacerdote e teologo di scuola manichea; il quale, speculando novità su la teoria socialista del maestro, talmente la allargò, che ne venne a bandire il comunismo dei beni e delle donne e la licenza di soddisfare a ogni desiderio che non nuocesse alla persona altrui: esortando, del resto, i proseliti alla beneficenza, all'ospitalità, ad astenersi dall'uccisione e afflizione corporale degli uomini e fin degli animali. Per trent'anni (498-531) Mazdak sconvolgea l'ordine costituito in Persia: e. arrivò a impadronirsi della autorità pubblica e mettere in pratica alcuna di sue dottrine; finchè il principato e la nobiltà, uniti insieme, lo spensero con uno spaventevole eccidio de' seguaci.219 Le teorie, che sopravvissero, divamparon di nuovo, due secoli appresso, in quelle medesime regioni signoreggiate ormai dai Musulmani.

      Perchè le sètte dell'antica religione dei Persiani, incoraggiate dall'antagonismo nazionale contro i vincitori, tentarono una serie di movimenti religiosi a insieme politici e sociali; nei quali apparisce sovente il lavoro di società segrete, e sempre vi primeggia la superstizione indiana dell'ipostasi. Volle dapprima un Khawâf, verso la metà dell'ottavo secolo, innestare il manicheismo sull'islam; e, denunziato, com'e' pare, da una setta rivale, fu messo a morte dal governatore musulmano a Nisapûr: se non che i suoi proseliti lo vider salire in cielo sopra un bel cavallo baio dorato, e lungamente poi aspettarono che tornasse giù a far vendetta.220 Nel medesimo anno o poco innanzi, Abu-Moslim,221 anch'egli del Khorassân, metteva in trono gli Abbassidi con una cospirazione, tramata sotto forme di società segreta: il quale ucciso poi a tradimento dagli Abbassidi (754), moltissimi uomini del Khorâssan lo tennero non morto nè mortale; e formarono un novello ramo di setta Mazdakiana, che fa detto degli Abumuslimiti.222 Un altro ramo si chiamò dei Rawendi; i quali pensarono adorar come iddio il califo abbassida Mansûr (758), ed egli molti ne imprigionò; gli altri apertamente sollevaronsi contro il nuovo lor nume.223 Non andò guari che Mokanna, come l'appellarono gli Arabi dall'uso di andar coperto d'una maschera di metallo, spacciava in Khorassân che lo spirito di Dio, trasmigrando di profeta in profeta, e, poc'anzi, in persona d'Abu-Moslim, fosse venuto per ultimo ad albergare in lui; e raggirava i proseliti con tiri da saltimbanco; accendeali di fanatismo; resisteva alle armi del califo; ridotto allo stremo in una fortezza (776), dava la morte a sè e ai compagni.224 Le quali repressioni non interruppero la propaganda occulta di tutte queste sètte del magismo, dei Zindîk, come furono detti, con voce generica che credesi derivata dal noto nome di Zend. Mehdi, di casa abbassida, fieramente li perseguitava (784-785); istituiva contro di essi un magistrato speciale detto il Preposto degli Zindîk,225 e, nell'atto di mandarne alcuno al supplizio, esortava il figliuolo Hadi a continuare la proscrizione, succedendogli nel califato, per essere i Zindîk, com'ei diceva, Manichei, scellerati che vietavano di mangiar carne, viveano in ippocrita astinenza, credeano a due principii Luce e Tenebre, praticavano schife abluzioni, permetteano il matrimonio con le figliuole e sorelle, e andavano rubando i bambini altrui per educarli al culto della Luce.226 Il poeta Besciâr-ibn-Bord, cieco e vecchio di novant'anni, era stato messo a morte da Mehdi (782) nella medesima persecuzione, la crudeltà della quale par consigliata da sospetto di Stato, più che da fanatismo religioso.227 Poi un Giân dewân228 aspirò agli onori divini; tenne la fortezza di Bedsds229 nell'Aderbaigiân; ebbevi adoratori e soldati; e spianò la via a Babek oriundo di Medâin, assai più terribile impostore. Perchè alla morte di Giân dewân, la moglie attestava ai partigiani aver visto raccogliere dal giovane Babek il soffio divino reso dal moribondo; ed essi, avendo mestieri d'un capo, credean queste e tante altre favole. Babek seguì necessariamente i dommi della trasmigrazion delle anime e della divinità dei ciurmadori antecedenti; seguì le dottrine comuniste di Mazdak, trascorrendo sino all'incesto; ma a quel vergognoso epicureismo aggiunse i furori dei Khâregi, il dovere di far guerra, la licenza di commettere guasti, rapine, omicidii sopra i seguaci d'altre credenze. La loro fu chiamata dagli Arabi la religione del libertinaggio, e ai settatori dieron anco il nome di Khorramii, o diremmo noi gli Sfrenati. Traendo alle bandiere di Bâbek uomini rotti ad ogni scelleratezza, costui per venti anni (816-836) affrontò e sovente sconfisse gli eserciti abbassidi nelle regioni settentrionali della Persia, ove si dice abbia fatto incredibili carnificine. In ultimo, presagli la cittadella di Bedsds, inseguito, raggiunto in Armenia, condotto a Bagdad, messo ad orribili supplizii, li durò fino alla morte con fortezza da eroe.230

      Non guari dopo cotesti estremi sforzi della schiatta persiana, veggiamo cominciare il movimento con altre forme nella schiatta arabica. Ne fu autore un Abd-Allah-ibn-Meimûn, detto il Kaddâh ossia l'Oculista, della gente di Kuzeh231 presso Ahwâz nel Kuzistân, uom di setta deisanita al par che il padre, come sopra accennammo.232 Meimûn avea promosso un novello ramo che prese nome da lui. Il figlio salì in maggior fama, per arte d'indovino e prestigii di fisica e destrezza di mano;233 imbeccando alla gente che gli bastava l'animo di passare in un baleno da un capo all'altro del mondo; e s'indettò con astrologi e intriganti e con qualche tardo discepolo di Babek e altri rottami delle sètte dei magi:234 che par leggere le memorie di Cagliostro a quel congegno di scienze naturali, imposture d'ogni maniera e cospirazioni; a quel sì lontano scopo politico, pazientemente apparecchiato ai figli dei figli. Lo scopo di Abd-Allah sembra di far ubbidire, se non a sè medesimo almeno a sua gente e a sue dottrine, la schiatta vincitrice, invano combattuta con le armi persiane da Mokanna e da Babek. Perciò volle impadronirsi della fazione sciita, sì grossa e zelante e fin allora disordinata; volle innestar su quel robusto ceppo gli ordinamenti misteriosi dei Persiani; onde i capi della setta lo sarebbero stati anche di una gran parte della società arabica, e avrebbero rivoltato lo impero e mutato la dinastia. Tra gli Sciiti, come accennammo, si notavano varii rami, ciascun dei quali tenea legittima una diversa linea di imâm, o vogliam dire califi, del sangue di Ali; chi i successori di Mohammed figliuolo di Ali e di Hanefia; chi quelli di Hasan e chi di Hosein figli di Ali e di Fatima; e nella discendenza di Hosein si correa d'accordo infino a Gia'far, detto il Verace (a. 765), ma poscia altri riconoscea Musa, quarto figliuolo lui, altri i figli d'Ismaele, secondogenito premorto a Gia'far: onde i partigiani di cotesta linea furon chiamati Ismaeliani.Скачать книгу


<p>214</p>

Su le sètte del magismo ci danno molto lume Mohammed-ibn-Ishak, autore del Kitâb-el-Fihrist, e Sciarestani ricordato di sopra; i quali vissero l'uno nel decimo, l'altro nell'undecimo secolo, ebbero alle mani gran copia di materiali persiani, ed erano entrambi uomini da saperne cavare costrutto. Ciò non ostante mancaron loro le cognizioni che a noi fornisce lo studio del buddismo, il quale ebbe tanta influenza su le varie sètte dei magi. Per quella d'Ibn-Daisân si vegga il Kitâb-el-Fihrist, MS. di Parigi, Suppl. Ar., 1400, tomo II, fog. 194 recto, e 211 recto e verso; e Sciarestani, op. cit., p. 194, 196. Il Kitâb-el-Fihrist porta il cominciamento dell'eresia d'Ibn-Daisân una trentina d'anni dopo quella dei Marcioniti, ai quali assegna il primo anno d'Antonino imperatore (138), e alla eresia di Mani il secondo anno di Gallo (252).

<p>215</p>

Questa teoria sociale è attribuita a Mani nella compilazione turca della cronica di Tabari, uno squarcio della quale, tradotto in inglese, è uscito alla luce nel Journal of the American oriental Society, tomo I, p. 443, New-Haven, 1849. Si trova altresì nelle compilazioni orientali che compendiano Tabari e si copian tra loro. Io presto fede a tale tradizione per la condizione politica della Persia al tempo di Mani, e perchè Mazdak, predicatore del comunismo in Persia, seguiva la sua scuola. Nondimeno debbo avvertire che non ne fan motto il Kitâb-el-Fihrist, tomo II, fog. 192 verso a 212 verso, nè Sciarestani, op. cit., p. 179 a 196, in lor dottissime analisi della religione manichea.

<p>216</p>

Confrontinsi il Kitâb-el-Fihrist e Sciarestani, ll. cc. Questo passo del Kitâb-el-Fihrist è stato tradotto dà M. Reinaud, Géographie d'Aboulfeda, Introduction, p. CCCLXI.

<p>217</p>

Kitâb-el-Fihrist, tomo II, fog. 203 verso e 209 recto. Quivi si dice del Râís, ossia capo, e della Raîsa, o vogliam dire direzione centrale, de' Manichei a Bâbel, sotto Walîd I (705-715).

<p>218</p>

Secondo il Kitâb-el-Fihrist tomo II, fog. 216 verso e 217 recto, v'ebbe due personaggi nominati Mazdak. Del primo non si dice l'epoca, ma solo ch'ebbe séguito nel Gebâl, Aderbaigian, Armenia, Deilem, Hamadân e Fars. I suoi settatori furon detti Khorramii. Il secondo Mazdâk è quelle di cui si conosce la istoria, e i settatori presero il nome di Mazdakiani.

<p>219</p>

Confrontisi: Procopio, De Bello Persico, lib. I, cap. V; Tabari, compilazione turca, versione del barone De Hammer, nel Journal Asiatique, ottobre 1850, p. 344; Kitâb-el-Fihrist, l. c.; Sciarestani, op. cit., p. 192, seg.; Mirkond, presso Sacy, Antiquités de la Perse, p. 353, seg.; Mogimel-et-Tewârikh, versione di M. Mohl, nel Journal Asiatique di luglio 1852, p. 117, e di maggio 1853, p. 398. Nella Introduzione al Solwân d'Ibn-Zafer, io ho toccato questo punto di storia, mettendo in forse i racconti dei cronisti sul comunismo di Mazdak; e penso tuttavia ch'ei non abbia mandato ad effetto tutte le sue teorie nel tempo che tenne lo Stato. Ma la licenza di quelle teorie non si può negare dopo l'autorevole testimonianza del Kitâb-el-Fihrist, nel quale si cita un trattato speciale di Thelgi su questo argomento.

<p>220</p>

Sciarestani, op. cit., p. 187.

<p>221</p>

Veggasi il Libro I, cap. VI, p. 140 e 141 del 1º volume.

<p>222</p>

Confrontinsi: il Kitâb-el-Fihrist, tomo II, fog. 220 recto, e Sciarestani, op. cit., p. 194. Entrambi noverano la setta di Abu-Moslim tra quelle derivate da Mazdak.

<p>223</p>

Ibn-el-Athîr, anno 141, MS. C,. tomo IV, fog. 125 verso; e Abulfeda che lo copia, Annales Moslemici, an. 141.

<p>224</p>

Ibn-el-Athîr, anni 159 e 161, MS. C, tomo IV, fog. 148 verso e 150 verso; Abulfeda, op. cit., an. 163. Ma seguo la cronologia d'Ibn-el-Athîr.

<p>225</p>

Ibn-el-Athîr, an. 168, MS. A, tomo I, fog. 29 verso.

<p>226</p>

Ibn-el-Athîr, an. 170, MS. A, tomo I, fog. 39 verso.

<p>227</p>

Abulfeda, Annales Moslemici, an. 166.

<p>228</p>

Questo soprannome, al dire d'Ibn-el-Athîr, significa “L'Eterno.” Il nome patronimico era Ibn-Sahl.

<p>229</p>

Così nel Merâsid-el-Ittila'. I cronisti la scrivono con l'articolo. Dando alla lettera dsal il valore di semplice d si pronunzierebbe Bedd, o El-Bedd.

<p>230</p>

Confrontinsi: Kitâb-el-Fihrist, MS. di Parigi, tomo II, fog. 217 recto, seg.; Ibn-el-Athîr, anni 201, 220, 221, MS. C, tomo IV, fog. 191 recto, 203 verso, 205 recto, seg.; Abulfeda, Annales Moslemici, anno 226.

<p>231</p>

Questo nome si trova nel solo Kitâb-el-Fihrist, nè son certo della lezione di quel mediocrissimo manoscritto.

<p>232</p>

Così il Kitâb-el-Fihrist, che toglie ogni dubbio. Makrizi, credendo patronimico il nome di Deisâni, scrisse Meimûn figlio di Deisân; e M. De Sacy sospettò qualche errore nel noto Bardesane; ma nol chiarì. Veggasi la sua Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 88 e 94. Ho detto della setta deisanita a pag. 109.

<p>233</p>

Nel Kitâb-el-Fihrist si legge Sce'âbîds, che significherebbe “giochi di mano” o di prestidigitation, come dicono i Francesi. Mi par che qui si debba prendere in senso più generale.

<p>234</p>

I varii racconti che correano su la origine della setta ismaeliana si leggono, più distintamente che altrove, nel Kitâb-el-Fihrist, MS. di Parigi, tomo II, fog. 5 verso a 9 verso, dove l'autore cita un trattato speciale sopra questa setta, scritto per combatterla, da Abu-Abd-Allah-ibn-Zorâm (o Rizâm). Non ostante la diversità delle tradizioni, date come dubbie nel Kitâb-el-Fihrist, mi par che molto ben si connettano insieme e che si possa accettare il grosso di tutti que' fatti. Si veggano altresì Makrizi, presso Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 88; Sacy stesso, Exposé de la religion des Druses, tomo I, p. LXIII e LXX, seg. – Makrizi sostiene, e M. de Sacy ripete con incredibile semplicità, che Abd-Allah-ibn-Meimûn fabbricasse questa gran macchina, non ad altro fine che di propagare l'ateismo e il libertinaggio!