Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


Скачать книгу
tomo II, p. 345. Meziza era nome di tribù berbera, secondo Ibn-Kaldûn, Histoire des Berbères, tomo I, p. 241 della versione, e I, 153 del testo.

Do la presente lista com'abbozzata appena; perocchè nè si trovan raccolti, nè io tutti li so, i nomi topografici secondarii della Sicilia, di monti, poderi, scaturigini d'acqua ec. Da un'altra mano scarseggiano le notizie su le denominazioni etniche di second'ordine e su le topografiche relative ai Berberi d'Affrica, e la lingua loro appena si è cominciata a studiare da Europei; ond'è possibile che siano berberi molti nomi topografici attuali della Sicilia o di quei ricordati nelle carte dal XII al XV secolo, la cui origine non pare arabica, nè greca, nè latina, nè francese. Son certo che si arriverà a scoprirne col tempo molti altri. Avverto infine che moltissimi dati anco dalla schiatta berbera non si riconosceranno giammai; perchè gli uomini di quella prendeano sovente nomi o soprannomi arabici. Occorrono inoltre parecchi nomi berberi tra i poeti siciliani dell'XI e XII secolo. La storia ricorda, nell'XI secolo, Ibn-Meklâti, uno dei regoli che si divisero l'isola, uom della tribù di Meklata, di cui Ibn-Khaldûn, op. cit., testo, tomo I, p. 108 ec.; versione, tomo I, pag. 172 ec. L'atto di vendita di una casa in Palermo, dato il 1132, porta il nome del venditore Abd-er-Rahman-ibn-Omar-ibn… – el-Lewâti, cioè di Lewâta, notissima tribù berbera; testo arabico presso Di Gregorio, De supputandis apud Arabos Siculos temporibus, p. 44.

88

Mœurs et Coutumes de l'Algérie, par le général Daumas, Paris 1853, p. 148, 166, seg.; 191, seg.

89

Ibn-Khaldûn, sì veggente in filosofia storica e sì accurato compilator degli annali dei Berberi, fa una distinzione tra i Berberi nomadi e gli agricoltori, dei quali i primi taglieggiavano i secondi e si teneano più nobili di loro, Storia dei Berberi, versione francese di M. De Slane, tomo I, p. 167, seg. Par che i nomadi non solamente esercitassero quella maggioranza, come più forti, sopra gli agricoltori, ma anco inclinassero all'aristocrazia nello ordinamento interiore di loro tribù. Quanto alla democrazia, ancorchè Ibn-Khaldûn non ne parli, trasparisce dai fatti che io andrò accennando; e fors'anco quello storico si accorse della diversità del reggimento politico, quando notò che i Berberi lontani dalle grandi città e però non soggetti alla dominazione romana, vandala o bizantina, “avean le forze, ordini, numero di genti, re, capi, reggitori (akiâl plurale di kâil) e comandanti che lor piacessero;” poichè la diversità di cotesti governanti, scrivendo lo autore in arabico e non in berbero, mostra differenza non di mero titolo, ma ancora di autorità e natura del magistrato. Veggasi il testo arabico, vol. I, p. 132; e la versione, vol. I, p. 207, che non è litterale.

90

Il califo fatemita Mo'ezz-li-din-Allah, verso il 908, apprestandosi al conquisto di Egitto, volea porre governatori suoi e riscuotere le decime legali nel paese della tribù di Kotâma. Rifiutaronli. Chiamati a corte alcuni sceikhi della tribù, Mo'ezz, non li potendo intimidare, lor disse che l'avea fatto per prova, e che si rallegrava di avere a' suoi servigi uomini di sì alti spiriti. Veggasi Makrizi, citato da M. Quatremère, Vie du Khalife fatimite Moezz-li-din-Allah, p. 30, 31.

91

Queste due tribù sendo state in guerra contro il principe zeirita d'Affrica, Mo'ezz-ibn-Badis, gli mandarono il 1026 loro sceikhi a trattare uno accordo con esso lui: Ibn-al-Athîr, MS. C, tomo V, fog. 59 recto, anno 417. Le milizie di Kotâma, stanziate al Cairo al principio del regno di Hâkein-bi-Amr-Allah (966), non vollero che si ingerisse nelle faccende loro altri che un proprio loro sceikh. Veggasi Iahîa-ibn-Sa'îd, Continuazione degli annali d'Eutichio, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, p. 62.

92

Veggasi il Libro II, cap. X, p. 424; e cap. XI, p. 440 del primo volume. Secondo Ibn-el-Athîr, e il Baiân, la cacciata dei Musulmani da Amantea e Santa Severina seguì il 272 (17 giugno 885 a' 6 giugno 886), la qual data si riscontra con quella degli annali bizantini. La prima guerra civile tra Arabi e Berberi in Sicilia scoppiò tra l'autunno dell'886 e la primavera dell'887, secondo la testimonianza della Cronica di Cambridge, combinata con quella del Baiân.

93

Veggasi il Libro II, cap. X, p. 429, seg., del primo volume.

94

Citato da Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, traduzione di M. Des Vergers, p. 139. Nel testo si legge in caratteri arabici Mâlankhûnîa (Μελανχολία). Forse attinse alla stessa sorgente l'autore del Baiân, tomo I, p. 126, il quale, in luogo di trascrivere la denominazione della malattia, la traduce: “bile negra.”

95

Litteralmente “la materia onde cresce il re, sono i rai'a.” Questa voce arabica, come ognun sa, vuol dir gregge; ed è passata in termine tecnico per designare il popol minuto delle città e campagne.

96

Nowairi, Storia d'Affrica, MSS. di Parigi, Ancien Fonds, 702, e 702 A, fog. 23 recto del primo, e 54 del secondo. Mi allontano alquanto dalle versioni non precise che han dato di questo passo M. Des Vergers, e M. De Slane, il primo in nota a Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 139, e l'altro in appendice a Ibn-Khaldûn stesso, Histoire des Berbères, tomo I, p. 435.

97

Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 32 verso. L'autore allega in esempio il distico d'Ibrahim:

“Astri siam noi, figli degli astri; avol nostro la luna del cielo, Abu-Nogiûm-Tamîm;

“Avola nostra il Sole. Or chi s'agguaglia a noi, discesi di due sì nobili schiatte?”

A chi non conosce l'arabico è da avvertire che in quella lingua la luna è di genere maschile, il sole femminino, e Abu-Nogiûm significa “padre delle stelle.”

Conde, Dominacion de los Arabes en España, parte IIª, cap. LXXV, riferisce, senza citare sorgente, un aneddoto anacreontico, seguito forse nella prima gioventù di Ibrahim. Certo poeta, per domandargli non so che grazia, scrivea due versi in un pelizzino, e il nascondea, come noi facciamo nei confetti, entro una rosa, presentata a Ibrahim mentre sedeva in un giardino tra le sue donne. Una lesse e cantò i versi; e Ibrahim donò al poeta cento monete d'oro.

98

Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 92 recto; e MS. C, tomo IV, fog. 246 verso, anno 261; Baiân, tomo I, p. 110, seg.; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, traduz. di M. Des Vergers, p. 126, seg.; Nowairi, in appendice a Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, traduz. di M. De Slane, tomo I, p. 424, seg.

99

Veggansi le autorità citate nella nota precedente; e vi si aggiungano: Bekri, Descrizione dell'Affrica nelle Notices et extraits des MSS., tomo XII, p. 470; Tigiani, Rehela nel Journal Asiatique, série IV, tomo XX (agosto 1852), p. 99; e tomo XXI (febbraio 1853), p. 133; Ibn-Wuedrân, MS. arabo, § 6; e versione di M. Cherbonneau, nella Revue de l'Orient, decembre 1853, p. 428. Il primo parla soltanto della Moschea di Kairewân; l'ultimo di quella di Tunis, e del serbatoio d'acqua.

100

Theophanes continuatus, lib. IV, cap. XXXV, p. 197; Constantinus Porphyrogenitus, De Cerimoniis aulæ Byzantinæ, appendice al Iº libro, p. 492; Symeon Magister, De Michæle et Theodora, cap. XLVI, p. 681. I posti in tutto erano nove, compreso quello di Costantinopoli. Il numero diverso dei fuochi indicava diversi casi, come: assalto dei Musulmani, battaglia, incendio, etc. Leone, arcivescovo di Tessalonica e professore alla Magnaura, al dire di Symeon Magister, avea perfezionato questo sistema telegrafico, ponendo a Tarso ed a Costantinopoli due orologi che si supponeano isocroni (ὲξ ἴσου κάμνοντα). L'imperator Michele l'ubbriaco fece sopprimere i segnali a vista della capitale, perchè i sinistri avvisi non lo venissero a sturbare tra i giochi dell'ippodromo.

101

Questa conghiettura è fondata su gli indizii seguenti. Primo, che i fuochi di segnali usati in Sicilia fino agli ultimi anni del secolo passato per dare avviso dei corsali barbareschi che si avvistassero, si chiamavan fáni, appunto la stessa voce φάνος, che troviamo nei citati scrittori bizantini. Da ciò par che l'usanza risalga ai tempi in cui il linguaggio oficiale in Sicilia era il greco. Secondo, che la montagna ove sorgea l'antica


Скачать книгу