Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


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versi sono trascritti da Ibn-el-Athîr nella notizia biografica di Abd-Allah, anno 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. C, tomo IV, fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con qualche variante da Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso. Mettendo nell'ultimo verso un punto diacritico sotto la h della voce b hâr e leggendola bigiâr, che vuol dire accanto, in vicinanza, traduco così:

“Bevo la salutar bevanda, in terra straniera, lungi da' miei e dalla mia casa:

“Ahi! soleva altre volte appressarla a'labbri, quand'io tutto olezzava di muschio e d'aloe;

“Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra i vortici del fumo e il polverio.”

Ho reso “salutar bevanda” la voce dewâ, medicamento, farmaco.

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Iakût nel Mo'gim el-Boldân, MS. di Oxford, articolo Palermo, trascrive uno squarcio della descrizione d'Ibn-Haukal, nel quale si dà questo numero di moschee e si ripete quel di 300 del resto della città, che si conoscea secondo la descrizione da me pubblicata. Quel passo va or corretto secondo Iakût, la cui aggiunta ne compie la sintassi che rimanea sospesa.

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Oltre ciò che ho detto su la topografia di Palermo nei capitoli precedenti, veggasi Ibn-Haukal, Description de Palerme, da me pubblicata nel Journal Asiatique, IV série, tomo V, p. 94, 95; e nell'Archivio Storico Italiano, appendice XVI, p. 22. I nomi delle porte della città antica che troviamo in Ibn-Haukal, ci permettono di fissare il perimetro. Movendo dalla odierna parrocchia di Sant'Antonio saliva verso libeccio per l'altura ov'è il monastero delle Vergini, continuava per la strada del Celso fino a Sant'Agata la Guilia, volgeasi a scirocco lungo una linea che or si tirasse dalla cattedrale allo Spedal grande, e, ripiegandosi verso greco, toccava gli attuali monisteri dei Benfratelli e Santa Chiara, Università degli studii, Uficio della Posta, Monistero di Santa Caterina, donde tornava alla chiesa di Sant'Antonio. Figura ellittica, il cui asse maggiore coincidea con la strada del Cassaro d'oggi presa dalla cattedrale a Sant'Antonio. A quest'asse correan quasi paralelle, d'ambo i lati, due strade che agevolmente oggi si riconoscono, anguste e serpeggianti come tutte quelle del medio evo; l'una dal Monastero delle Vergini alla Beccheria vecchia (Ocidituri); l'altra dal Palagio Comunale al monastero di Santa Chiara. Non si badi molto alla pianta del Morso, Palermo antico, che si riferisce ai tempi normanni, e d'altronde è inesattissima.

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Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr; il Baiân; e Ibn-Khaldûn ai luoghi citati nella nota 2 della p. 67 del presente vol. Il Baiân dice espressamente che Abd-Allah entrava dopo accordato l'amân il venti di ramadhân.

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Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 269.

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Vita di Sant'Elia, presso il Gaetani, op. cit., tomo II, p. 73.

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Si trova nel solo Ibn-el-Athîr, in un passo di cui abbiamo tre MSS. con tre lezioni diverse: Bartibûa, Iartînûa, e nel MS. ordinariamente più corretto, Bartanobûa. Facendo astrazione delle vocali non accentuate, il nome si riduce a sette lettere, alcune delle quali posson variare secondo i punti diacritici. Le lettere sono: 1ª b, i, n, t, th, e può anche rispondere alle nostre p e v; 2ª r, ovvero z; 3ª t; 4ª e 5ª stesse lettere che la prima; 6ª w, ovvero û; 7ª a, la quale potrebbe esser muta, onde la finale è anche incerta tra û e wa. Combinando le consonanti con varie vocali, la migliore lezione sembra Neritînû, che risponde al nome dato dai geografi antichi ai popoli di Neritum in terra d'Otranto. Neritum, oggi Nardò, città poco lontana dal mare, fu assai importante nel medio evo, fatta sede vescovile nel XV secolo. Ma la mia conghiettura è tanto più incerta, quanto sappiamo assai vagamente la regione di cui si tratti, come diremo nella nota seguente.

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Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167 verso; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; ed anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars, fog. …; Johannes Diaconus, Translatio corporis Sancti Severini, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 269, seg.; Baiân, tomo I, p. 123, anno 288; Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 44; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, p. 137, 138; e il cenno che ne fa Nowairi, con errore di data, nella Storia d'Affrica, in appendice alla Histoire des Berbères, par Ibn-Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 431; Chronicon Vulturnense presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 415.

Più che ad ogni altro si badi a Ibn-el-Athîr, e Giovanni Diacono. Nei MSS. A e di Bibars si legge che le navi musulmane tornavan da Reggio a Messina cariche di roba e dakík, che vuol dir farina, ma credo vada corretto rakîk, schiavi. La battaglia di Reggio è riferita da Ibn-el-Athîr al mese di regeb (21 giugno a 20 luglio 901), e dalla Cronica di Cambridge precisamente al 10 giugno; e questa data io ho seguito, ma forse è erronea, e si dee correggere 10 luglio, mutando una sola lettera nel testo arabico, e leggendovi iuliu in vece di iuniu. Il Baiân in luogo di Ríwa (Reggio) ha z la, che si potrebbe supporre Scilla, ma è alterazione del primo di questi nomi. Ibn-Khaldûn, per errore, credo io, di memoria, frettolosamente compendiando questi annali, scrisse che Abd-Allah, andato da Taormina a Catania, e trovandola ostinata alla difesa, se ne tornò per ripugnanza a spargere sangue musulmano. Ciò non si legge in ibn-el-Athîr; nè è probabile che Catania a questo tempo fosse già divenuta colonia musulmana. Anzi, la espugnazione del vicino castello di Aci nel 902, ch'era tenuto dai Cristiani, li fa supporre signori anco di Catania.

Adesso debbo allegar le testimonianze di quell'ultima impresa di Abd-Allah, dopo la distruzione delle mura di Messina. Ibn-el-Athîr, abbozzando sotto l'anno 261 una biografia di Ibrahim-ibn-Ahmed, dice che proponendosi costui il pellegrinaggio e la guerra sacra, andò a Susa l'anno 289 (902) “e indi passò col navilio in Sicilia, e pose il campo a Demona, Assediatala per diciassette giorni, andò a Messina, e passò a Reggio, ove s'era adunata gran gente dei Rûm. Ei li combatteva alle porte della città; li sbaragliava; e prendea Reggio, con la spada alla mano, del mese di regeb. Saccheggiatola, fece ritorno a Messina, di cui abbattè le mura; e, trovando in porto le navi arrivate da Costantinopoli, ne prese trenta. Andò poi a Neritînû (Bartîbû etc.), e se ne insignorì alla fine di regeb. Ei diè esempi di giustizia e di buona condotta verso i sudditi. Andò poi a Taormina etc.,” seguendo a narrare la espugnazione di questa città nel 902. Or lo squarcio che ho messo in carattere corsivo è compendio esatto, e in molti luoghi trascrizione, di quello che contiene le imprese di Abd-Allah del 901, il quale si trova sotto l'anno 287; se non che in quest'ultimo manca la impresa di Neritînû. E evidente dunque che Ibn-el-Athîr, o il copista, replicò nella guerra d'Ibrahim parecchi fatti di quella di Abd-Allah dell'anno precedente. È evidente, dico, per lo assedio di Demona, vittoria di Reggio, presura delle navi greche a Messina, e distruzione delle mura di questa città. Mi pare probabile per la occupazione di Neritînû.

E ciò perchè Ibn-Khaldûn, il quale compendiava gli annali di Ibn-el-Athîr, e un'altra cronica più antica, dopo tutte le imprese di Abd-Allah come noi le abbiamo narrato, fino alla distruzione delle mura di Messina, continua: “Indi tragittò nella vicina parte d'Italia (così va resa la denominazione di a'dwet-er-Rûm); combattè con popoli Franchi d'oltre il mare; e tornò in Sicilia.” La città dunque il cui nome leggiam sì male in Ibn-el-Athîr, par che giacesse nella regione vagamente chiamata a'dwet-er-Rûm,


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