Storia degli Esseni. Benamozegh Elia

Storia degli Esseni - Benamozegh Elia


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manca quella nota impreteribile in ogni storica pertrattazione non solo, ma anche di un buon romanzo, la verosimiglianza. L’ebraismo ha una gloria più legittima e non men bella da vantare; quella di aver ammaestrato per mezzo della primitiva rivelazione i maestri stessi di Pitagora e di Platone, i legislatori, i Tesmofori e i poeti-teologi di Grecia e d’Italia: e questa e la Grecia a loro posta hanno titoli più legittimi che non il primato sull’oriente semitico; quello di avere sviluppato quei germi che l’Oriente vi dispose, in guisa che invano sariasi desiderato da popoli diversamente temprati, conciossiachè, nella guisa stessa che non ogni terreno è capace di fare allignare ogni sorta di pianta, così non ogni popolo è capace di fare fruttificare certi principj. I Dottori nostri, colla teoria loro dei Sarim o genj de’ popoli tutti necessarii e che nel loro insieme costituiscono la vera e completa Mercabà, cioè il carro che Dio stesso conduce e guida, gittarono le basi della più alta filosofia della storia che capir possa in mente mortale.

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Il dotto signor Munk è sventuratamente afflitto da quasi completa cecità.

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I fatti dall’illustre sig. Frank allegati, se provano improbabilissima un’influenza decisiva tra le due capitali e le due civiltà, non bastano però ad escludere ogni qualsiasi ascendente. Questo anzi è provato da quelle non scarse nozioni che di Alessandria e del suo ebraismo tralucono negli scritti dei dottori, e da quelle comunicazioni che la mercè dei viaggi intrapresi da varj cospicui dottori, non cessarono di rinnovarsi di tratto in tratto tra i due paesi. Il Talmud è ricco di notizie intorno all’organamento dell’ebraismo nella capitale dei Tolomei. Si rende ragione dei tribunali ebraici di Alessandria (Talmud Ketubot 25, 1), si magnifica la ricchezza delle sue Basiliche e delle Cattedre su cui siedevano pro-tribunali settanta dei più cospicui fra i cittadini; si descrive la magnificenza e le forme del culto, sino ai più minuti particolari della costruzione di quel tempio (Talmud Succa Babilonico e Gerosolomitano). Si mostra contezza delle loro arti (Moed Katan 26), degli abusi, delle prepotenze che si usavano sulle fidanzate altrui (Mezihà 104, 1), dei loro costumi dissoluti (Medras Ester in principio), della loro propensione alla magia (Ibidem e Kidduscin 49, 2). Ma ciò che più monta, sono i viaggi che si narrano dal Talmud colà intrapresi in varie epoche dai dottori Palestinesi. Non parleremo di Onia, che sugli esordj del secondo tempio, si recò dalla Palestina in Egitto, e vi fondò quel tempio che ne porta il nome. Si disputa nel Talmud se il tempio elevato da Onia in Egitto fu tempio dedicato al culto del vero Dio, o a un culto idolatrico. La prima opinione sembra prevalere. Ciò che importa non meno sapere, è una curiosa aggiunta che il Maimonide si permette fare nella storia del soggiorno di quest’Onia in Egitto, della quale, a quanto io mi sappia, non vi ha memoria negli antichi monumenti rabbinici. Il Maimonide, nel suo comento alla Miscnà (Trattato Menahot), ragionando di Onia, ne fa sapere che trovato avendo costui in Egitto una setta per nome Kabtazar, con essa si accontò o per dir meglio si fece suo capo. Kabtazar è invero il nome che si legge almeno nel comento stesso voltato dall’arabo all’ebraico. Però era naturale in me il dubbio che qualche altro nome ben altramente storico, sotto queste mentite sembianze si nascondesse. Infatti, la idea mi occorse che per questo nome guasto e corrotto di Kabtazar, si volesse significare per avventura i Copti; e per quanto la congettura mi sembrasse non infelice, pure non mi attentai a soscrivervi seriamente se prima non ebbi e l’attestato di antico documento e l’adesione di uomo competentissimo. Questo è l’illustre amico mio sig. Salomone Munk, socio dell’accademia delle Iscrizioni e belle lettere di Parigi, al quale m’indirizzai in cerca di notizie; e che con isquisita benevolenza risposemi nei termini seguenti: «Quant au mot Kabtazar, sur le quel vous me faites l’honneur de m’interroger, c’est tout simplement une faute d’impression, ou une faute de copiste dans la version hébraïque de commentaire de Maïmonide. La véritable leçon est Kobt Masr, et comme vous l’avez bien deviné dans un premier moment il s’agit ici des Coptes anciens ou des Egyptiens indigènes, par opposition aux Grecs qui depuis Alexandre s’étaient établis en grand nombre en Egypte. Maïmonide veut dire qu’Onia gagna un grand nombre d’Egyptiens indigènes, qu’il convertit au Judaisme. (È questo fatto principalmente che Maimonide introduce nella istoria, senza che si possa scuoprire d’onde derivato). Les mots Kobt Masr, sont généralement employés par les auteurs arabes pour désigner les anciens Egyptiens sous les Pharaons ou leurs déscendants à l’époque des Grecs et celle des Arabes. Encore aujourd’hui on appelle ainsi les chrétiens d’Egypte que nous designons ordinairement par le nom de coptes, et que descendent d’une race mêlée d’anciens Egyptiens et de Grecs. (Qui il dotto sig. Munk trascrive il testo arabo, e aggiunge.) J’ai fait copier ces mots arabes d’un manuscrit de la Bibliotheque imperiale que j’ai apporté moi même d’Egypte en 1810.» Senza più oltre aggiungere di Onia, è celebre il viaggio di Jeosciuah Ben Perahia, quegli stesso che a detto del Talmud fu precettore di Gesù, il quale insieme al maestro si sarebbe recato pur esso in Alessandria. Il Talmud ci conservò la Epistola che da Gerusalemme fu spedita alla Sinagoga d’Egitto per affrettare il ritorno del prenominato dottore. Ella è così concepita: Da me, Gerusalemme città santa, a te Alessandria. Lo Sposo mio dimora presso di te, ed io me ne sto in solitudine. Il dotto sig. rabbino Rapoport, nel suo Erech Millin altra volta citato (pag. 101), pare volere confermare questo viaggio di Gesù in Egitto con quanto narrano i Vangeli della fuga in quel paese. È noto però come questa avvenisse nella più tenera infanzia del fondatore del Cristianesimo; mentre il viaggio onde si narra nel Talmud sarebbe stato eseguito nella sua gioventù, anzi poco prima della sua rottura colla Sinagoga. Tuttavia non è a tacersi che di questo viaggio eseguito da Gesù nella età virile, narravano i Carpocraziani, antichissimi eretici, quando dicevano: «Que J. C. avait choisi dans ses 12 disciples, quelque fidèles amis, auxquels il avait confié toutes les connaissances qu’il avait acquises dans le Temple d’Isis, ou il etait resté près de treize ans a s’exercer à une étude pratique, dont on lui avait donnée la théorie pendant son enfance instruite et formée par les Prètres egyptiens.» (La Maçonnerie considerée comme le resultat de la Relig. egypt. juive et chrét., par R. D. S.; vol. I, pag. 289). Ciò pone almeno in salvo la buona fede dei Talmudisti, e l’antichità della tradizione di cui si fecero interpreti. Ella è attestata da un documento non meno antico, l’Evangelo di Nicodemo. In questo, tra le altre cose, gli Ebrei accusano Gesù che «arrivé à certain âge fut contraint de chercher fortune en Egypte, ou il apprit quelque secret; qu’il retourna dans son pays en Judée, et que par ce moyen il fit de la magie» (Ibid. vol. I, pag. 445). Il Talmud Gerosolimitano racconta di un altro viaggio posteriore, che Jehouda Ben Tabai ed un suo discepolo intrapresero nell’Egitto. Simone Ben Sciattah, capo dei Farisei, fuggì in Egitto per torsi alla persecuzione del cognato suo, il Re Janneo, amico dei Sadducei. Quindi R. Jeosciuah Ben Hanania, soprannominato lo Scolastico, visitò pur esso l’Egitto; e il Talmud racconta dei colloqui avvenuti colà tra il dottore Palestinese e gli Ebrei ivi stabiliti. Un altro dei più illustri Tanaiti, R. Johanan Asandellar, era di Alessandria (Talmud Gerosolomitano, Haghiga cap. III). Più tardi, troviamo domande in fatto di riti, dirette da Alessandria ai dottori di Palestina (Talmud Gerosolomitano, Kidduscin cap. III), e circolari da questi alle Sinagoghe di Alessandria (Talmud, Irrubin cap. III). R. Abhu, familiare nella Corte di Cesare, vi si recò esso pure e v’introdusse l’uso delle Palme nel primo giorno dei Tabernacoli caduto in Sabato (Ibidem). Tutti questi viaggi, dei quali il più antico è appena contemporaneo a Filone, non possono avere esercitato un’influenza decisiva nè sopra la di lui filosofia, nè sulla istituzione dei Terapeuti, che Filone descrive come da lungo tempo ivi stanziati e stretti in consorteria; e la ignoranza almeno parziale di quanto accadeva in Palestina, è prova in Filone di non aver subìto se non indirettamente l’ascendente palestinese. Forse anche meno probabile è l’altra ipotesi di un’azione qualunque esercitata dalle dottrine alessandrine sulle idee in Palestina, e quindi nella formazione della dottrina cabbalistica e dell’Essenato. Chi rifletta alle rare occasioni di contatto tra i pensatori delle due sinagoghe; all’autorità e preminenza che dovevano avere necessariamente i dottori di Palestina sulle sinagoghe straniere; alle antichissime menzioni che vengono fatte di una scienza acroamatica nei libri talmudici, rappresentandola come già esistente fin dai


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