Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900. vol. II. Elia Augusto

Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900. vol. II - Elia Augusto


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nemico aveva smontati.

      Il nemico, appena visto che i nostri muovevano in ritirata, baldanzosamente usciva in buon numero dal forte per inseguirli e molestarli; ma venne arrestato dalle punte delle baionette dei bravi bersaglieri che, guidati dal loro comandante capitano Pedotti e assecondati dal 3o battaglione comandato dal capitano De Caroli, lo misero in fuga, inseguendolo fin sotto ai bastioni di Capua, al grido di "viva Garibaldi".

      Il capitano Pedotti per la sua eroica condotta veniva proposto per la promozione e per la croce dell'Ordine Militare di Savoia.

      Altri ufficiali per la loro bella condotta ebbero pure meritate onorificienze.

      Il maggiore Cattabeni, partito secondo l'ordine ricevuto da Caserta alle 3 pom. del giorno 18, arrivava a Limatola a mezzanotte e mandava il seguente rapporto:

      Al generale Turr.

      "Mi trovo ad un terzo di miglio dalle sponde del fiume. Mi è riuscito ottenere tre pescatori che mi serviranno di guida. Da qui a Caiazzo vi sono circa 4 miglia. I soldati riposano, e alle 2 e mezza riprenderò la marcia. Ho ordinato ai soldati di mettere le giberne all'estremità del fucile, perchè troveremo un mezz'uomo d'acqua abbondante.

      "Dai rinsegnamenti avuti, in Caiazzo ci sono 600 regi, con due pezzi d'artiglieria.

      "Al giungere di questo rapporto, son sicuro Caiazzo sarà in nostro potere. Non potevamo scegliere un miglior punto di questo per passare il fiume. Alle 4 e mezza darò l'assalto a Caiazzo, e vedrà che i cacciatori di Bologna son degni di essere sotto i suoi comandi".

firmato G. B. Cattabeni.

      E, come aveva promesso, le truppe comandate dal Cattabeni alle 5 e mezza entravano a Caiazzo.

      Ottenuto lo scopo della ricognizione e di esplorare le forze del nemico, il Turr esponeva al generale Garibaldi la necessità di ordinare al Cattabeni di sgombrare Caiazzo; ma Garibaldi mostrava ripugnanza di abbandonare una così bella posizione; e allora Turr fatta comprendere la difficoltà di sostenere con un battaglione una posizione così lontana, al di là di un fiume, raccomandò a Garibaldi di farla occupare fortemente, e il generale dava ordini al Medici di mandarvi una brigata della sua divisione; disgraziatamente era però già troppo tardi.

      Il generale Garibaldi, visto che il Turr aveva bisogno di riposo, per migliorare la sua salute il 20 gli telegrafava così:

      Al generale Turr, Caserta.

      "Subito giunto Medici a Caserta incaricato del Comando, venite qui a passare qualche giorno Napoli 20, ore 6,50" G. Garibaldi.

      Intanto il generale Garibaldi avendo constatato colle ricognizioni del 19, opportunamente ordinate dal Turr, di avere da fare con un nemico che disponeva di molte forze, si preparava per affrontarlo.

      Ma, mentre questo avveniva nel campo garibaldino, i borbonici preoccupati della perdita di Caiazzo, determinavano di riprenderlo immediatamente e ad ogni costo.

      La mattina del 21 settembre cinque battaglioni di cacciatori regi, due squadroni di cavalleria ed una batteria da campagna, sotto il comando del generale Colonna uscivano da Capua per investire Caiazzo.

      Il comandante dell'11o battaglione garibaldino che occupava la posizione avanzata di Monte S. Nicola, avvisava il brigadiere Spangaro di questo movimento; ma era troppo tardi! I rinforzi non potevano arrivare in tempo, solo il colonnello Vacchieri con 600 uomini potè giungere in sussidio dal Cattabeni.

      Ma che potevano fare i comandanti garibaldini contro l'enorme superiorità delle forze nemiche? Essi occuparono un bosco di olivi, barricarono le strade di Caiazzo ed attesero di piè fermo il nemico. Si cominciò a combattere fuori le città ma, incalzati da ogni parte, i garibaldini mancanti di artiglieria, oppressi dal numero, abbandonarono la campagna e si ritirarono nella città dietro le barricate, per resistere fino all'estremo. Avveniva allora un fatto atroce; mentre i nostri combattevano alla difesa delle barricate, i reazionari li fucilavano alle spalle dalle case e dai tetti. Ogni resistenza diveniva impossibile, inutile; le barricate erano demolite dal cannone borbonico, i garibaldini assaliti di fronte e alle spalle; il Cattabeni cadeva ferito gravemente mentre incoraggiava alla resistenza; molti altri ufficiali feriti caddero prigionieri; i garibaldini cercarono di salvarsi ritirandosi, ma, incalzati dalla cavalleria, molti rimasero sul terreno, altri si gettarono nel fiume, ove non pochi perdettero la vita, sicchè del battaglione Cattabeni ben pochi rientrarono in Caserta.

      Verso la fine di settembre Garibaldi, presentendo che i napoletani, forti di oltre quarantamila uomini, rinchiusi a Capua avrebbero fatto un supremo sforzo per riconquistare Napoli al loro Re, aveva mandato fuori un caldo proclama chiamando i commilitoni a raccolta e chiedendo all'Italia nuovo aiuto d'uomini, pel compimento dei suoi voti di libertà e d'indipendenza.

      Alla chiamata di Garibaldi volle rispondere anche l'Elia, che il Prodittatore Depretis aveva mandato a Bologna alle cure del professore Rizzoli; sebbene assai sofferente e impedito di parlare, pur'egli sentì il dovere di non mancare allo appello, tanto più che il tenente Lanari, superstite del battaglione Cattabeni, si offriva di accompagnarlo.

      Quando il generale lo vide a Caserta lo accolse con gioia ed amore, rallegrandosi di vedere avverata la sua profezia del 15 maggio a Calatafimi "Coraggio, mio Elia, di queste ferite non si muore" che egli si compiacque di rammentare ai presenti del quartiere generale.

      Come Garibaldi aveva previsto i borbonici si preparavano ad una fiera, disperata riscossa.

      Ma il generale dal canto suo non si faceva cogliere sprovvisto. – Egli si approntava a ricevere il nemico come si conveniva, e prendeva il partito il fronteggiarlo in tutti i punti, pei quali avrebbe potuto sfondare e marciare su Napoli.

      A questo scopo dava le sue disposizioni.

      Le posizioni dell'esercito garibaldino, cominciando dalla sua estrema destra, cioè da Maddaloni, descrivendo un semicerchio erano le seguenti:

      Monte Longone, Monte Caro, Castelmorone, posto di prolungamento della linea tra Maddaloni e S. Leucio; S. Leucio, Sant'Angelo, Santa Maria e San Tommaso, le quali erano occupate così:

      Sopra Maddaloni Bixio colla sua divisione, che componevasi delle brigate Dezza e Spinazzi, più la brigata Eberhardt della Divisione Medici, con la colonna Fabrizi, in tutto 5500 uomini circa, con 8 pezzi di artiglieria.

      A Castelmorone, passo da Caserta a Limatola, il battaglione Bronzetti di soli 270 uomini.

      A S. Leucio il generale Sacchi colla sua brigata (divisione Turr) di 2000 uomini circa.

      A Sant'Angelo il generale Medici con la sua divisione (meno la brigata Eberhardt) e colla brigata Spangaro (divisione Turr) in tutto 4500 uomini circa, con 9 pezzi da campagna e il reggimento Brocchi del genio con 300 uomini.

      A San Tommaso, estrema sinistra, della divisione Cosenz, il reggimento Fardella esteso fino alla ferrovia di S. Maria e a Capua, ove eravi pure una mezza batteria, i reggimenti Malenchini e Laugè della divisione Cosenz, sulla strada ruotabile a destra di S. Maria, ed a sinistra verso la ferrovia la brigata La Masa con una compagnia del genio, distesa verso lo stradale Santa Maria-Sant'Angelo; la batteria della divisione Turr a Porta Capua di S. Maria. Tutta questa forza sotto gli ordini del generale Milbitz.

      Ad Aversa il colonnello Corte con la brigata di formazione.

      La riserva forte di 5500 uomini circa, con 12 pezzi di artiglieria, sotto gli ordini del generale Turr a Caserta.

      La battaglia era imminente; Garibaldi la presentiva. Il 30 di settembre aveva notato un gran movimento in Capua, e siccome era sicuro di aver indovinato il pensiero del suo avversario, mandava gli aiutanti ad avvertire i suoi Luogotenenti che facessero buona guardia perchè l'indomani sarebbe avvenuto l'attacco generale, ultimo, disperato tentativo da parte dei borboni.

      Il 1o ottobre, alle 3 del mattino, il generale Garibaldi seguito dal suo stato maggiore e dai suoi aiutanti montava in ferrovia e giungeva a S. Maria sul far dell'alba. Il Milbitz era già alle prese col generale Tabacchi in S. Maria, e il Medici con Afan de Rivera a S. Angelo.

      Il generale Tabacchi, attaccando S. Maria e trovando forte resistenza di fronte da parte dei reggimenti Lauger, Sprovieri, Corrao e La Porta, spinse una parte delle sue truppe a sinistra per girare la città e tagliare


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