Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - Amari Michele


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aspro caso della vita, pure la unità del culto e del Dio era serbata nella usanza antichissima che portava le tribù al pellegrinaggio della Caaba, la quadrata, come suona tal voce; la casa di Dio, come diceano gli Arabi anco avanti lo islamismo. Vaghe tradizioni ne riferivano la riedificazione ad Abramo e ad Ismaele; la prima fondazione a niuna mano mortale, poichè il rozzo tempio scese intero dal cielo. In prova se ne mostrava, e mostrasi tuttavia, un frammento: la pietra negra incastrata nell'angolo orientale del santuario; e nulla toglie che la tradizione riferisca il vero, e che la sacra pietra sia un pezzo di areolite o prodotto di eruzioni vulcaniche, sapendosi che ne siano avvenute in varii tempi alla Mecca. I mercatanti che fabbricavano questa città presso il tempio, coltivarono la proficua superstizione; istituirono sacerdoti, sagrifizii d'animali e riti di girare attorno la Caaba; e dettervi albergo a tutti gli idoli delle tribù, sì che divenne il panteon della nazione. E invano i cristiani abissinii, conquistatori del Iemen, faceano venire artefici di Costantinopoli, edificavano di marmi la splendida chiesa di Sana', mandavano la grida per invitar le tribù a quel nuovo pellegrinaggio; e fin moveano con un esercito per spiantare il rivale santuario della Mecca. Un miracolo lo salvò: fu esterminato lo esercito cristiano, forse dal vajolo e dalla rosolia che allor comparirono per la prima volta in Arabia. Il culto della Caaba divenne pertanto vero legame nazionale della schiatta arabica, e ne fe' come capitale la Mecca; i cui sacerdoti ordinarono un calendario con le stesse denominazioni di mesi che son rimaste in uso appo i Musulmani; regolarono la tregua annuale, primo passo all'unione della schiatta. E vicendevolmente si ripercossero in quel centro commerciale e religioso, le opinioni che germogliavano per tutta la penisola, recate da culti stranieri: il giudaismo, cioè, e il cristianesimo dei quali ho detto; e due di assai minor momento, cioè il magismo professato da qualche tribù del Golfo Persico, e il sabeismo, mistura d'una pretesa rivelazione e del culto de' corpi celesti, credenza antichissima che dura fin oggi, ma par non abbia giammai saputo accendere di zelo i settatori. Dond'egli avvenne che mentre l'universale degli uomini aspirava al perfezionamento morale e intellettuale appartenente ad età eroica, alcuni cittadini della Mecca lo cercarono a dirittura nella religione. Verso la fine del sesto secolo, un dì festivo in cui i Meccani tripudiavano intorno a loro idoli, quattro spiriti eletti si trassero in disparte; compiansero gli errori del volgo; diffidarono dei proprii ragionamenti, e si promessero di andare per estranei paesi in traccia della vera fede d'Abramo. Le non sospette tradizioni musulmane aggiungono che que' savii in lor viaggi profondamente studiassero la Bibbia, il Vangelo, il Talmud; conversassero coi dotti delle tradizioni giudaica e cristiana: e che al fine tre di loro si facessero cristiani; l'altro tornato in patria, perseguitato come novatore, spinto in esilio, perisse dopo parecchi anni, mentre ansioso correa di nuovo alla Mecca ad ascoltar la parola di Maometto.

      Lo sviluppo di una nuova religione, apparecchiato da coteste condizioni di cose, fu favorito dalla forma del reggimento politico della Mecca. Questa città era stanza di parecchi rami della schiatta di Adnân; tra i quali a poco a poco prevalse la tribù dei Koreisciti, mercatanti, come si vuol che significhi il nome: e certo lo meritavano per essere, più che niuna altra gente, solerti e intraprendenti nei traffichi. Un Kossai, koreiscita, impadronitosi del sacerdozio della Caaba, chiamò alla Mecca altri rami di sua tribù; cacciò o assoggettò le vecchie genti, che di allora in poi veggiamo sempre confederate o clienti di case koreiscite; e sì ridusse la potestà politica in un consiglio degli anziani koreisciti detti Sâdât, ossiano i signori;140 aristocrazia, della quale ei si fe' capo, e come principe della città. Chiara mi sembra la distinzione del potere esecutivo e del legislativo nella rozza repubblica della Mecca; sottile forma di reggimento, che parrà stranissima in uno Stato ove non era potere giudiziario, nè magistrati civili o penali; ma le costumanze universali delle tribù spiegano cotesta anomalia. Alla morte di Kossai i discendenti di lui si contesero, e alfine si divisero l'autorità esecutiva; talchè rimaneano ereditarii in poche famiglie gli uficii pubblici: adunare il consiglio; dare i segni del comando ai capitani in caso di guerra; riscuotere una contribuzione per sussidio ai pellegrini poveri; soprantendere alla distribuzione delle acque; tener le chiavi del tempio; promulgare il calendario, cosa di grave momento, per cagion della tregua. Ma il reggimento non può dirsi oligarchia, poichè, se gli uficii eran pochi e sovente cumulati, il potere supremo risedea non in quelli ma nel consiglio. Durò tal ordine politico finchè l'islamismo non lo ridusse a municipalità. Negli ultimi anni intanto del sesto secolo, privati cittadini avean riparato al difetto delle leggi penali, nella stessa guisa che avvenne molti secoli appresso in Europa. Avendo un Koreiscita sfacciatamente preso la roba d'un mercatante straniero, parecchi generosi, e tra quelli si notava Maometto giovane di venticinque anni, s'adunarono a convito, si ingaggiarono a proteggere i deboli, cittadini o stranieri, liberi o schiavi, che ricevessero alcun torto alla Mecca da uomini di qual famiglia che si fosse. Chiamaronsi la lega dei Fodhûl, dal nome di quella più antica che ricordai di sopra: e giurarono il patto, invocando l'Iddio supremo, e libando in giro una coppa di acqua del sacro pozzo Zemzem. Questa era l'Arabia innanzi la predicazione di Maometto, ai tempi dell'ignoranza come opportunamente li nominarono i Musulmani.

      Nacque Maometto (a. 570) della tribù koreiscita, della nobile progenie di Kossai per Hascem, soprannome che in lingua nostra suonerebbe Frangi-pane, e fu ricompensa data dai poveri al bisavolo del Profeta. Unico figliuolo di giovane coppia, Maometto venne al mondo dopo la morte del padre; perdè la madre a sei anni; poco appresso, l'avol paterno: rimase orfanello e povero in tutela dello zio Abu-Taleb, uomo di alto affare nella città. Secondo il costume, era stato allevato in una tribù beduina, ove si avvezzò alla dura vita del deserto; ma lo rimandarono a casa, credendolo indemoniato, per insulti di epilessia. Fe' parecchi viaggi in Siria e altrove con le carovane: e una ne condusse per conto di Khadigia, donna vedova e giovane. Avvenente e ben complesso della persona; piacevole al tratto; amato da tutti per probità, gravi costumi, saviezza e bel parlare, gli altri diergli il nome di Amîn, che noi diremmo il fidato; Khadigia invaghissene e lo sposò. Così nella tranquillità d'una mediocre fortuna e nella pace domestica, ch'ei non prese altre mogli mentr'ebbe Khadigia, visse infino ai quarant'anni, praticando le virtù che appartengono ad uom privato, amando il raccoglimento e la solitudine, senza far parlare altrimenti di sè. Non si rese chiaro nelle armi fino alla guerra civile ch'egli accese, nella quale poi non mostrossi gran capitano, e moltissimi l'avanzarono di fierezza e valor nella mischia. Da meno di tutti gli altri Koreisciti, ch'eran pure i più tristi poeti dell'Arabia, ei non fe' mai versi, non potea ripeterne senza guastarli. Vantossi di non saper leggere nè scrivere; il che non tolse ch'apprendesse le tradizioni nazionali e straniere, i principii filosofici e i libri sacri d'altri popoli, che, tra quel fermento di intelletti, gli tornavano da cento bocche diverse; tra gli altri da un parente della moglie, ch'era de' quattro ricercatori della vera religione d'Abramo.

      Di quegli elementi disparati Maometto prese ciò che seppe e potè adattare ai bisogni degli Arabi. Ne compose un sistema religioso e politico, semplice, vasto, ottimo alla prova; poichè e rigenerò una nazione più prontamente che non l'abbia mai fatto altra legge, e contribuì non poco all'incivilimento d'una gran parte del genere umano, e si regge tuttavia, nè par disposto a morire. Il disegno di tal religione potrebbe adombrarsi in questo modo. Tolti da' Giudei e dai Cristiani e racconci un po' all'arabica i dommi cardinali: Dio uno, senza compagni, senza nè genitori nè figliuoli, vivente, eterno, immateriale, onnipossente; creazione; gradazione di esseri ragionevoli, angioli, demonii, genii, uomini; vita futura; giudizio universale; premio ai credenti e virtuosi di soggiornare in eterno in giardini lieti d'acque e di frutta, con modeste donzelle dagli occhi negri; supplizio agli empii il fuoco sempiterno; predestinata da Dio ogni cosa, fin chi crederebbe e chi no; ciò non ostante, come per divin trastullo, messi gli uomini tra la tentazione perpetua di Satan, e la voce dei profeti; profeti o apostoli tutti que' dell'antico testamento e Gesù Cristo; rivelati il Pentateuco e il Vangelo; ultimo e massimo apostolo Maometto; l'ultima edizione de' comandi del Creatore scritta ab eterno; recitata a brani dall'angiolo Gabriele all'apostolo illitterato, il quale venia ripetendo la rivelazione, e sì chiamolla Korân, ossia lettura. Primissimo dovere degli uomini verso Dio, la fede, anzi l'assoluto abbandono in lui; che ciò significa islâm, e indi son detti musulmani i credenti, ossia abbandonati in Dio: idea cristiana sotto nuovo nome. Il culto tra giudeo ed arabo: frequenti preghiere, pellegrinaggio alla Mecca, digiuni, con una lunga appendice di purificazioni da osservarsi e impurità da scansarsi; raccomandandosi alla coscienza di ciascuno le pratiche private, le pubbliche alla scambievole vigilanza


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Sâdât è plurale di plurale, come lo chiamano i grammatici arabi, della voce notissima Sâid, signore. Con questo titolo significativo chiamansi i senatori della Mecca di quel tempo nelle antiche tradizioni che raccolse Ibn-Zafer nel libro intitolato Nogiabâ-'l-Ebnâ ossia dei “fanciulli egregii.” Se ne parla a proposito di un aneddoto di Maometto fanciullo di dodici anni, entrato per caso nella sala del consiglio, mentre vi si trattava un alto affare. Vedi il MS. di Parigi, Suppl. arabe 486, fol. 48 verso, e Supp. arabe 487… La presente citazione si riferisca al solo titolo che non credo sia dato da altro autore. La istituzione e autorità del consiglio è nota.