Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco

Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia - Carlo Bianco


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per ogni verso esaurita; ciò non pertanto incitato dalle grandi sciagure cui va, pur troppo, l'amatissima e dolente patria mia soggetta, quell'amabile terra cui come ben dice il nostro Foscolo, nè la barbarie de' Goti, nè le animosità provinciali, nè le devastazioni di tanti eserciti spensero nelle sue aure quel fuoco immortale che animò gli Etruschi ed i Latini, mi decisi con animo risoluto ad intraprendere un lavoro, di metter mano al quale, scrittore non alcuno aveva peranco in Italia pensato, e che deve al mio parere di grandissima utilità per ammarginar le inasprite sue piaghe, considerarsi, e qual salutifero balsamo servire.

      Nè desiderio di lucro, nè odio personale, nè smania di dottrinale rinomanza, nè alcuna particolare veduta pel tempo presente ed avvenire, mi mossero a tale determinazione: ma l'ardentissimo ed inalterabile amore del paese che nel mio cuore di continuo avvampa, e che ogn'altra passione in comparazione sua divenuta volgare, assottiglia ed annienta.

      Eccoti, o benevolo lettore, il primo saggio da me dato alle stampe: sarà oggetto di grave censura, di avvelenata critica, di pungenti ed amari sarcasmi, di rabbiose invettive, fors'anche di segreta ed eccedente vendetta, cose tutte che potrebbero far tremar le vene ed i polsi a chiunque per tutt'altro, che pel puro amor di patria prendesse a scrivere; ma non colui che senz'altre mire ad indicare s'accigne ai suoi compatrioti gl'adeguati mezzi per giungere all'appice della gloria, della prosperità, e della grandezza! Mi sarà da tutte le accademie, dalla loquace congerie di tutti i letterati, e rettori, grammatici, pedanti, gramuffastronzoli, sersaccenti, e salamistri, tanto rispetto alla purità della lingua, alla chiarezza delle idee, alla concisione dello stile, quanto al sugo dei concetti, alla proprietà delle frasi, bandita la croce addosso; mi rimprovereranno, mi calunnieranno, lacereranno il mio nome, perseguiteranno la mia persona e forse avverrà che armato del sanguinolento coltello de' tiranni, sarà un qualche sicario per passarmi il cuore; io non pavento: la coscienza della purità delle mie intenzioni tranquilla il mio cuore; l'amore della mia patria mi rende qualunque maggior rischio disprezzevole; chi tutto è consagrato all'Italia, non allibbisce ai pericoli, ma con dolcissimo piacere pel bene di quella gli affronta; ai pedanti arrabbiati non bado; perchè di essere ammesso nella repubblica letteraria non mai pretesi nè pretendo; non scrissi per quella meta; non composi un opera di letteratura, nè per acquistar fama d'erudito; ma solo dalla perfetta conoscenza, della necessità in che si trova l'afflitta Italia d'un sollecito, ed intiero cambiamento di sistema eccitato, non meno che dalla certezza ch'ella possiede in se tutti gl'opportuni mezzi per riescir vittoriosa convinto, ai precetti dettati dalla mia esperienza, e meditazione accozzai quanto in molti libri e nelle conversazioni con esperimentati duci che luminosi allori nella guerra d'insurrezione per bande riportarono e nella famigliar pratica di profondi statisti potei di vantaggioso al mio sistema rinvenire; e ne feci un breve ma importante manuale di rigenerazione italiana; gracchiate pedanti, gridate al plagio, al sacrilegio, all'empietà! scagliate l'anatema contro un trattato che deve alla dappocaggine ripugnare, contro un autore che dice delle verità le quali non siete usi a udire, che forse offendono il delicatissimo timpano delle indebolite vostre orecchie? Ululate vilissimi prezzolati scrittori! vi compiango e me ne rido, io non bramo di essere considerato come autore, d'uopo è all'Italia, che la dottorale beretta, la cappa magistrale, in elmi, ed usberghi si cambino, e si riposi la penna per dar luogo al luccicare dei brandi; mi vergognerei di far parte della vostra cicalante brigata; sono le vostre lingue con catenelle d'oro dai tiranni avvinghiate o paralitiche per la paura; dalle vostre penne bagnate nel fango, altro che sozzura non cola; pochissimi di voi osano palesare apertamente la verità, e da quei pochissimi benemeriti, solo una debolissima scintilla, del tutto incapace di accendere quel gran fuoco di che tanto gl'Italiani abbisognano, appena, appena, traluce; io non sono letterato, Dio me ne guardi; abborro i parolaj, ma ho la fondata pretensione d'essere di tutti quei mercaparole venduti ai tiranni, o contenuti dal timore assai da più; i miei concetti, sì per mancanza di tempo, attesochè gl'avvenimenti politici europei esigono che io al più presto pubblichi questo trattato, e lo dia al torchio senza neppure correggerne lo stile, come per insufficienza di magistero, poco essendo nelle grammatiche e scientifiche discipline ammaestrato, non sono certamente dolci, limati, e conditi con miele, ma un idea Italiana, forte, robusta, ed ardente racchiudono; se una tal essenza in quelli per avventura non risplenderà, nè sarà la mia penna da imputarsi che bastevolmente non seppe i miei pensamenti esprimere o se pure chi lo legge, non possedendo un animo italiano ma pur troppo afforestierato, non sentirà in se generare dalla sua lettura quei violenti stimoli, quei sublimi impulsi, quei forti sentimenti di muovere, i quali è principal mio intendimento non a mia colpa, ma bensì a se stesso dovrà la sua inefficacia in questo caso attribuire. Sì lo ripeto: io non pretendo di venir in fama di letterato; (non dev'essere in oggi la gloria della penna sufficiente) ma solo quella, con ragione ambisco, di valoroso cittadino italiano, accerrimo, implacabile, dichiarato nemico dei nemici dell'amatissima mia patria, di ardentissimo suo campione, di vero suo figlio.......... Scrissi contro tutti i nemici d'Italia in qualsivoglia parte del mondo si trovino, se mai parlando in generale, a confondere alcune volte buoni e cattivi la mia penna trascorse, sappiasi che ogniqualvolta io parlai di stranieri, di popoli, di stati, etc., io non intesi di tutte imputare le unità formanti la nazione, ma solo i gabinetti, e le genti che a quelli danno mano, e sostengono; è pur anche questa distinzione ai Tedeschi applicabile contro i quali più degli altri mi scatenai perchè lo meritano, ma che non si deve ai tanti buoni, sopratutto a molti popoli della Magna, che nutrono le stesse nostre opinioni estendere; parlai contro una gran parte d'Italiani con proposito determinato di offenderli, sperando di poterli con quel mezzo a luminose imprese stimolare, sarei contentissimo se con isdegnosaggine se l'arrecassero a male, gemerei se come bestie fossero alle punture nella parte più delicata dell'onore loro insensibili...... Offesi i tiranni perchè il mio paese atrocemente offendono; potranno farmi del male, togliermi di vita, ma sarà tardi; non potranno più impedire l'effetto de' miei precetti, ed io spirerò contento per quella patria che adoro, soddisfatto di aver detto agl'Italiani chiaramente la verità, e loro insegnato il modo certo di rendersi uniti, liberi ed independenti. Dante, oppresso dalle sciagure, e disagi dell'esilio, Machiavelli martoriato dai tormenti della tortura, Galileo perseguitato dalla spaventevole inquisizione, Sarpi sotto il ferro degl'assassini papali, e tanti altri grandissimi ingegni del nostro tempo raminghi, e poveri, grandi, ed infelici, mi servono d'illustre modello d'amor di patria, di gloria del vero, ed accrescono nel mio cuore, per disprezzare i pericoli, la necessaria costanza; e riandando le pagine conservatrici alla nostra memoria delle sublimi e splendide azioni degl'avi, scorgo che nel ritiro, nell'esilio, e con la morte aprironsi quei magnanimi, a vera gloria il cammino, e se avviene che la voce della verità per lo mio mezzo tonante in Italia, un prematuro fine m'apporti, la lusinghiera idea da me voluttuosamente nutrita, che una volta disceso nella fossa, le meste lagrime di ottimi, valorosi, incorrotti, ardenti, e veri amici di quella patria, per cui caddi immolato si mescolino alle mie ceneri, mi conforta e mi alletta; essendo questo il maggior tributo che io dalle mie opere aspetti, e della perdita di mia vita, il più dolce, il più gradevole, il meritato compenso.

      L'AUTORE.

       Indice

      Liberate diuturna cura Italiam.

      Extirpate has immanes belluas, quæ hominis

      Præter faciem et vocem nihil habent.

      Machiavelli. Lettere Familiari, LXVIII.

      Non meno disonorevoli che inumane per avventura, ed empie, parecchie massime nel presente trattato contenute, potranno a cert'uni parere; come tali eziandio crediamo, da considerarsi, sarebbero, se nelle guerre tra re e re ben di rado nazionali, o tra nazione e nazione per particolari convenienze, la loro pratica si proponesse; imperciocchè non mettendosi in quelle la libertà, o la politica esistenza di un popolo intero in forse, aver non debbono l'oppressione, o lo sterminio di nessuna delle parti belligeranti per iscopo; ma quando di una insurrezione nazionale si tratta, all'unione del paese, alla sua indipendenza e libertà, diretta, per quei sacrosanti oggetti, i più essenziali ed i più cari agli uomini dabbene, intrapresa, quando quegl'inalienabili diritti, dallo straniero e dai tiranni nazionali conculcati, si vogliano fermamente colla forza riprendere; allora ben lungi di doversi con tali sozze denominazioni qualificare, si debbono in conto di


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