Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco

Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia - Carlo Bianco


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l'azione di prendere il danaro senza consenso di chi lo possede, e spenderlo senza darne conto, da ognuno considerata); e coi nomi poi di legittimità, di paternità, di eredità etc., titoli il niun valore de' quali è ora mai già in tutto il mondo ed anche dai più scimuniti conosciuto trar vogliono gl'Italiani nell'opinione, che a loro soli, tutti i diritti appartengano, e nessuno al popolo! E perchè mai dovran essere gl'Italiani da meno degl'Inglesi, degl'Americani, dei Francesi, et degl'Olandesi? Sono forse quei popoli d'un altro limo composti, che possano l'esercizio di certi diritti, il vantaggio di certe prerogative, la felicità provegnente da un certo sistema godere, a che noi nati nella bella Italia punto non siamo capaci? Saranno per avventura quelle istituzioni così sublimi, così complicate, così intralciate che all'italico genio, non meno a ben conoscerle che a metterle in pratica non sia dato d'arrivare? No certamente; e tutti ben sanno quei che lo vogliono sapere, che gl'Italiani, già illuminati e liberi quando tutte le dette nazioni erano ancora tra folte tenebre di supina ignoranza ravvolte, e nei ceppi della schiavitù contenute, le quali se non molti secoli dopo, quando già stanchi gl'Italiani di dominare il mondo, e di vivere in repubblica a sottrarsi al giogo non pervennero, posseggano quanto e più degli altri l'intelligenza, il genio, l'alacrità, la perspicacia necessaria onde capire la complicazione di un sistema popolare di governo, qualità che non saranno mai a quelle ben formate singolari teste, per essere mancanti. Qual dunque sarà la cagione, che quei citati popoli godono il vantaggio d'un governo migliore di quello degl'Italiani? Quali peculiari doti sopra gli altri li distinguono? Quai meriti straordinarj mettono forse in mostra? Eccone a vergogna d'Italia, le cagioni: prima d'ottenere un libero sistema passarono quei popoli per la trafila di molti guai, ebbero grandissimi urti a sostenere, ma li respinsero; ebbero per molti anni a patire, sopportarono miserie, disagi, afflizioni, e fatiche, ma sempre con quello scopo in mira punto non si disconfortarono, vollero fermamente, ed alla fine ottenne la loro costanza il ben meritato guiderdone; mentre in quell'epoche menzionate non ebbero gl'Italiani meno miserie, meno fatiche, meno guai a sofferire, ma senz'animo, e senz'amor di patria, da vituperevole avvilimento soprappresi, piuttosto a piegare, che a cozzare disposti, non sostennero mai, non respinsero gli urti, ed a servire di strumenti d'oppressione allo straniero contro loro stessi, ed i proprj fratelli volonterosamente assoggettaronsi, per quindi la rovina del paese, il disprezzo e vergogna per loro, e per tutta l'italica nazione in funesta ricompensa riceverne.

      Per non aver dunque avuto l'unione, l'independenza e la libertà del loro paese per meta, quei conquistatori dell'antico mondo, quegli scopritori del nuovo, che poi a stranieri lo regalarono, quelle fervide menti cui l'uman genere va debitore d'averlo con le scienze, e le belle arti dirozzato, ed illuminato, quel popolo che può tanto impareggiabili antecedenti a giusto titolo vantare, eccolo tenuto dagli stranieri in niun conto, come inetto e vile, come l'ultimo del mondo! Imperciocchè per nulla nella politica europea bilancia è in oggi calcolato, anzi come mancante della prima virtù cioè quella di saper essere libero, ed indipendente, trovasi disprezzato e deriso. Il paese come cloaca di vizj, come culla d'impostori, codardi, raggiratori è riputato, che esser dicono un paradiso abitato da diavoli; e mal non si appongono, perchè sotto la ferrea rugginosa verga di tristi e paurosi tiranni, come inerti machine, come servi oziosi ed effeminati, privi dell'esercizio di qual sisia di quei diritti che possono agli uomini riuniti competere, trascinano gl'Italiani una ignominiosa, disonorata esistenza dai vili che circondano i tiranni viemmaggiormente amareggiata; imperciocchè, siccome al dir di Polibio, al libro secondo, i re per lor natura, non hanno nè amici, nè inimici, e che il solo interesse loro è la misura della loro affezione, o del loro odio: e che la posizione in che si misero dal 1814 in quà, è senza dubbio alla felicità dei sudditi affatto contraria, ne avviene, che i soli per cui si dimostra in quegli stati, considerazione o stima sono gli amici del re i quali altri non sono, che i malvagi, viziosi o deboli, e geme la parte buona della nazione all'insolenza di questi vituperevoli stromenti della tirannia vilmente sottoposta. Ci dice de Comminis al capitolo 12, libro sesto: che Luigi XI aveva paura di tutti gli uomini, e particolarmente di tutti coloro ch'erano degni di avere qualche autorità: sono i tiranni, che in oggi con le sostanze nostre le loro ingordigia satollano, altrettanti Luigi XI, anzi peggiori cui si potrebbe senza timore di sbaglio il detto di Sallustio con ragione applicare: Regibus boni quam mali suspectiores sunt; semper que his aliena virtus formidolosa est: vale a dire che paventano più i buoni, che i cattivi, e temono una virtù che non posseggono. Sono tanti Tiberj, che come dice Tacito, al libro primo dei suoi annali, non era un odio antico, ma le ricchezze, la destrezza, i talenti eguali alla sua reputazione, che avvelenavano i sospetti di Tiberio contro Arrunzio: sono però in oggi i quattro quinti del popolo italiano tanti Arrunzi, rispetto ai nostri Tiberj, per la qual cosa sempre più cresce l'inasprimento del loro cuore e fassi la loro tirannia progressivamente maggiore: in modo tale trovasi maltrattata la povera Italia che se lo stato d'altri paesi d'Europa potrà per avventura più, o meno sopportabile parere, quello dei governi della nostra penisola dal tempo in che il malvagio Castelreagh in seggio ripose gli antichi smaniosi tiranni, è tanto derelitto, rovinato, e vile, tutto và così di male in peggio, che l'indispensabile necessità d'un grande cambiamento, di un ordine di cose affatto nuovo, fassi più che altrove sentire; già ben lo scorgono i tiranni, ma vogliono illudersi, la credono ancora bastevolmente lontana, e si lusingano di poter tutta la loro vita in quell'atroce sistema continuare, lasciando poi ai successori la bisogna di porre ai loro imbrogli rimedio; s'addormentarono fin ora sopra un volcano, perdettero favorevoli occasioni di stabilire buoni ordini pel publico vantaggio, abbandonandosi scioccamente al pensiero dal lor pazzo modo di vedere le cose suggerito, che in accordando poi qualche maestrato, più nominale ch'effettivo, quando già i popoli siansi levati a romore, di poterli con simile treccheria in ogni tempo a lor piacimento abbindolare, da tutto il mondo è in oggi quella tattica ben conosciuta, e disprezzata; troppo tardi aspettarono; l'ora fatale del rendimento de' conti, sta lì, lì, per suonare e se gl'Italiani vogliono agir da uomini, e non come abbietti bigi orecchiuti animalon da soma, tutti alla sprovvista li coglie, da non potere schivare il giusto castigo dell'esecrande loro nequizie che nella loro partenza da questo mondo consiste; imperciocchè non debbono gl'Italiani a quei mostri mercede alcuna; e sarebbe pur loro delitto di lasciar quelle cagioni di tanti pianti, di tanti disastri, e di tanta infamia, per quel paese, dall'infezione del mostifero loro alito avvelenato, una vita criminale tranquillamente godere.

      La soverchia paura ed il detestabile reo talento di queste belve le mantiene sempre in continua tensione ed attività, e da ciò ch'erano prima della rivoluzione di Francia ben differenti divennero; gemevano è vero in quel tempo sotto il giogo del poter assoluto i popoli, ma era quello assai mite; andavano i dominanti dietro agli usi antichi, cui erano pure i sudditi da secoli abituati; era la tirannia di quei tempi figlia del momentaneo capriccio ed il quasi patriarcale sistema del governo, con alquante buone azioni, che mitigavano il dispotismo continuamente la interpolava. Ma quella dopo il congresso di Vienna in Italia stabilita, è senza dubbio una vera tirannia sistematica, estratta da quanto vi era di despotico nelle leggi di Napoleone, alla crudele finezza, che distingueva gli italici governi del medio evo per nostro danno congiunta; tutto quanto sì nella rivoluzione francese, e nella repubblica come negli elementi dell'antica monarchia, e dei vecchi rimasugli della gerarchia romana, nel tempo della tirannia degl'imperatori vantaggioso al potere riconobbero, al governo assoluto sfacciatamente appropriaronlo.

      La formazione del costosissimo, arcitirannico, e numeroso corpo de' carabinieri reali in Piemonte, pontificj in Roma, gendarmi in Lombardia, e Napoli, è una fralle tante piaghe dal napoleonico governo ereditate, che non solo molestissima ed oppressiva com'era conservossi, ma con tutta la malizia, e l'astuzia propria dell'inquisizione studiosamente raffinata. Quel corpo il cui solo scopo esser dovrebbe la persecuzione, e l'arresto dei banditi, ed assassini di strada, sparso in tanti separati drappelli a picciola distanza, in modo di potersi al primo segnale in forza rispettabile riunire, è senza dubbio il più tormentoso e funesto alla tranquillità, e felicità degli onesti cittadini; ciascun soldato pieno di boria e con rozzi modi esercita nei villaggi, borghi etc., il potere assoluto alla grossolana sui poveri pacifici ed onesti cittadini; ciascun comandante in quanto al poter di far male un piccolo sovrano; le varie separate suddivisioni del distaccamento danno conto delle loro funestissime operazioni al comandante che trovasi al centro, questi al colonnello, ed al ministero, egli è incaricato non solo di avere minutissima conoscenza del procedere apparente, od occulto di ogni cittadino, ma bensì perfino negl'interni pensamenti del suo cuore penetrare;


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