Tre racconti: Il cane del cieco - Un genio sconosciuto - Galatea. Bersezio Vittorio

Tre racconti: Il cane del cieco - Un genio sconosciuto - Galatea - Bersezio Vittorio


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quando traverso le grandi invetrate delle officine scorgeva passare sollecita la giovinetta (e per un caso straordinario la scorgeva sempre) ed entrare nella casa dei principali, aveva sempre di lì a poco una qualche ragione per cercare del signor Frangia, e andava a cercarlo così bene che capitava sempre, sia nella casa, sia nel giardino, dov'erano la moglie del padrone e la Lucietta. Colà, prima ch'egli avesse domandato e la signora risposto, passavano sempre alcuni minuti; e il giovane sapeva trovare appigli tali di discorsi che faceva durare altri pochi minuti di più il colloquio, e nasceva occasione alla Lucietta, allegra e scherzosa per natura, di barzellettare e di ridere, ed egli, il giovane operaio, rientrava all'officina col cuor contento, colla mente serena e coll'umore più ilare del mondo.

      Non andò guari che l'operaio trovò modo di fare stretta relazione con papà Taddeo, che qualche volta scendeva all'osteria del villaggio a riconfortarsi lo stomaco mercè un mezzo litro di quel migliore. Un litro pagato a tempo ne fomenta dimolte di codeste amicizie cercate con premeditazione da una delle parti. Atanasio forte, robusto, audace, con un fare tra franco e riservato, piacque assai al vecchio militare.

      L'operaio beveva bene e lo faceva ber bene; si lasciava da Taddeo raccontare, anzi ce lo incitava, tutti gli aneddoti della sua campagna e della sua vita da cacciatore; non andò guari che il padre di Lucietta proclamò Atanasio il più piacevole compagno che si potesse trovare.

      Atanasio allora impiegò tutto il suo talento diplomatico a riuscire in un intento che gli stava a cuore quant'altro mai: quello di farsi invitare dal veterano ad andarlo a vedere lassù. E il furbo ci riuscì. Cominciò per andarvi raramente; seppe piacere alla madre di Lucietta, come aveva piaciuto al padre. La fanciulla stessa mostrò vederlo di buona voglia; e non andò gran tempo che quasi tutti i giorni Atanasio capitava alla casetta e vi era accolto con un amichevole sorriso e con cordiali strette di mano da tutti.

      A quel felice momento in cui poteva correre lassù, alle belle, ma troppo rapide ore ch'egli ci passava, Atanasio pensava tutto il giorno; lavorava con più ardore ed alacrità, quasi volesse col suo zelo guadagnarsi il premio di quella gioia, quasi, affrettandosi nel suo còmpito, affrettasse pure il passare del tempo.

      Certe volte in mezzo al più vivo del lavoro, sentiva ad un tratto venirgli su, come dal cuore al cervello, una subita ilarità, e si metteva a ridere d'un nonnulla, e intonava allegramente colla sua voce robusta, una gaia canzone. I suoi compagni, avvezzi a vederlo per l'innanzi sempre taciturno e imbroncito, lo guardavano meravigliati; alcuni gli chiedevano il perchè di quel buon umore inaspettato di cui non sapevan trovare ragione; egli rideva più forte, crollava le spalle e tirava via a lavorare con più ardore. Gli era che, a quei momenti, egli, tutto annerito dal fumo, dalla polvere, dal fuoco, vedeva comparirsi, in mezzo alle fiamme accecanti del metallo incandescente, le vaghe forme gentili d'una giovinetta tutta sorrisi, e sognava mille immagini beate di un desiato avvenire.

      Appena finita la giornata, correva a nettarsi per bene, cambiarsi la biancheria, mettersi la tunica pulita; e poi s'affrettava col suo passo lungo e svelto su per la cima del colle. Non aveva tanta pazienza da prendere la strada comune che girava e rigirava per la costa, ma tirava via dritto, traverso i boschi, in linea retta, senza seguir sentiero tracciato, arrampicandosi da albero ad albero, e sbucava fuori sulla piccola aia innanzi alla casetta. Vi arrivava sorridente: lo accoglievano sorridenti; perfino la cagnetta di Taddeo — una brutta bestiola, che il Guardaboschi in una delle sue innocenti escursioni aveva raccattata su per la strada mezzo moribonda di fame; — perfino lei gli faceva festa. Atanasio aiutava la vecchia alle faccenduole di casa, spaccava le legna per accendere il focherello della cena, strappava dalle mani di Lucietta il secchiolino per attingere acqua e correva a riempirlo alla fontana, diceva scherzando al veterano Taddeo:

      “Oh che non volete credere che io, quantunque non sia stato a mangiare il pan di munizione, son capace di ripulirvi quello schioppo intorno a cui sudate lavorando per renderne le canne così lucenti che il più schizzinoso caporal di settimana non vi avrebbe a ridire? Il ferro ed io ci conosciamo, e state a vedere...”

      E anche dalle mani del vecchio strappava lo schioppo e gli stracci ingrassati e la spazzoletta e il piattellino dell'olio, e si metteva a far egli il lavoro del Guardaboschi, tanto bene e sollecito che questi lo guardava ammirato, e sclamava ridendo che sembrava non avesse mai fatto altro. Era insomma diventato così di casa, che un congiunto non avrebbe potuto di più; e nella famigliuola non solo s'era usi ad aspettarlo e riceverlo con gioia, ma ad ogni lavoretto un po' faticoso che avvenisse di dover fare, si soleva dire gli uni agli altri: — Eh! lascia stare; ci verrà stasera Atanasio e farà lui. —

       Indice

      Quelli furono i migliori tempi della vita dell'operaio. Sotto l'influsso del suo tanto nobile e purissimo amore, egli sentiva a poco a poco svanire, proprio come la nebbia al sole, i suoi invidiosi pensieri, il suo maligno talento, la sua rabbia di proletario. Non gli pareva più d'essere condannato ad invidiar tutto agli altri; non trovava più che questo mondaccio fosse così male ordinato che impossibile lo starci un po' bene a chi non possedesse ricchezze: la sera, quando seduto sull'aia, alla porta della bianca casetta, vedeva la bella fanciulla correr di qua e di là, immaginava una vita bellissima, che gli sembrava proprio a gittata di mano, insieme con una compagna e con dei figliuoli; capiva allora il diritto di proprietà e la famiglia; sognava economie e risparmi, e si riconciliava mentalmente col capitale. Aveva disertato l'osteria, metteva più attenzione alle cose sue, al suo vestiario, ai suoi diportamenti, al suo parlare: era più umano e servizievole, più allegro e garbato con tutti: poteva proprio dirsi un altr'uomo.

      A Lucietta, nè ai genitori di lei, non aveva ancora parlato nemmeno alla lontana de' suoi disegni. L'eloquenza non era il suo forte, e nell'audacia della parola ei ci valeva poco. Ma pure non dubitava punto che la cosa avrebbe da riuscire a seconda de' suoi desiderii. Aveva tanta coscienza di quel ch'egli valeva, da credersi non indegno di Lucietta; le condizioni sociali ed economiche dall'una parte e dall'altra si pareggiavano; capiva d'essere ben visto, anzi aggraditissimo al padre e alla madre di lei; non vedeva intorno alla ragazza pur l'ombra d'un rivale; poteva senza soverchia illusione scambiare per indizio di più tenero affetto la cordialità dell'accoglimento e il sorriso di fraterna amicizia che aveva per lui la Lucietta. Quindi, tutto ben considerato, aveva risoluto che alla prima buona occasione che gli si presentasse, avrebbe, come si dice, saltato il fosso e parlato chiaro.

      Ma questa benedetta occasione tardava a venire, od almeno pareva sempre a lui che non fosse abbastanza buona; e frattanto chi venne fu Pietro, il quale, finiti i suoi studi alla città, se ne tornò alla casa paterna a prendere la direzione delle officine.

      Atanasio a questo ritorno provò strane e contradittorie sensazioni. L'assenza gli aveva pure fatto conoscere, che in realtà egli lo amava qual suo compagno d'infanzia, il quale era pur sempre stato così buono ed amichevole per lui; e sapendo ch'egli ritornava, il giovane operaio, fatto dalla sua passione più inchinevole alla tenerezza, ebbe un vero rallegramento. Ma quando il giovane principale fu giunto, più bello di quel che fosse quando era partito, avendo preso dal soggiorno della città non so qual grazia nel portamento, vestito con eleganza di gusto, fornito insomma di tutti quei vantaggi che danno la ricchezza e il praticare colla società eletta, una specie di presentimento assalse Atanasio, che quella venuta e quel giovane così caro e leggiadro gli sarebbero fatali.

      Primo danno che glie ne toccò fu intanto che dovette rinunciare a vedere così di frequente e per sì lunghe ore la Lucietta. Il signor Pietro era venuto con una quantità di ordinazioni di lavoro e di grandiosi progetti da dare nuovo slancio all'industria. Agli operai fu aumentato il salario, ma fu diminuito il tempo libero: l'ebbe diminuito più di tutti Atanasio, al quale Pietro fece il meritato onore di nominarlo capo d'officina.

      Parecchi giorni passarono per ciò, senza che l'operaio potesse correre alla bianca casetta: di che il suo umore tornò a intristirsi non poco; finalmente, quando a forza di industriarsi, potè strappare alle ore di lavoro e dei suoi pasti un briciolo di tempo per correre lassù, erano sì brevi momenti quelli, che pel gran desiderio da lui provato erano come un sorso d'acqua a chi muore di sete.


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