Tre racconti: Il cane del cieco - Un genio sconosciuto - Galatea. Bersezio Vittorio

Tre racconti: Il cane del cieco - Un genio sconosciuto - Galatea - Bersezio Vittorio


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      — Confidente!... che confidenze vuol egli farmi? —

      Pietro in un attimo scese dal terrazzo e fu al fianco dell'operaio: ne prese il braccio con amorevole domestichezza e lo fece avviare di buon passo giù della strada.

      Camminarono un bel tratto senza parlare. Atanasio non si avventurava ad interrogare; Pietro pareva provasse alcune difficoltà non leggiere a cominciare il discorso. Fumava rapidamente, guardava intorno, sospirava forte; finalmente ruppe il silenzio dicendo con un risolino forzato:

      “È strana! sai tu che in questo momento io ho addosso un'ansietà che mi dà un'agitazione delle maggiori ch'io abbia provato mai? Questo non l'avrei creduto.”

      “Che cos'è?” domandò Atanasio, tanto per dir qualche cosa. “Le capita forse alcuna contrarietà?”

      “No, contrarietà.... quello che provo io, vuoi che te lo dica?... è timore.”

      “Timore!... di che?”

      “Gli è che adesso adesso si sta decidendo la sorte della mia vita e dipende da una parola la mia felicità.”

      Atanasio si fermò su due piedi, stranamente turbato a un tratto.

      “Oh come mai?” dimandò egli.

      “Eccoti le confidenze.... sarai il solo che le abbia ricevute, fuori de' miei genitori. Amo Lucietta, e l'amo tanto che nol posso dire.”

      Per fortuna le nubi in quel punto avevano coperto la luna e l'oscurità era sì fitta da non potersi vedere il pallore e la contrazione dei muscoli che vennero a sconvolgere la faccia dell'operaio.

      Pietro, chiacchierone come tutti gl'innamorati, sentì il bisogno di raccontare più particolareggiate le semplici vicende dell'amor suo.

      “Quando sono partito di qua, Lucietta era già una cara fanciulla che prometteva diventare un tesoretto bello e buono; ma ora che l'ho rivista al mio ritorno, ora sì che la mi parve aver superate tutte le sue promesse! E nota che io ne aveva pure la grande aspettazione: mia madre mi scriveva sempre tanti prodigi di lei!... Ebbene, la trovai superiore a tutti gli elogi.... Che ti vo dicendo di più? Mi accorsi in breve che n'ero pazzamente innamorato. Ah! non esitai un momentino. Mi stimerai abbastanza, spero, da non supporre nemmeno che mi sia venuto un cattivo pensiero a tal riguardo. È una povera giovane che non ha nulla; e tanto essa quanto la sua famiglia devono dimolto a noi.... ragione di più per averne ogni rispetto. Parlai a mio padre e a mia madre che mi amano tanto da consentire a tutto quello che può farmi felice. Essa non è mia pari per condizione nè per fortuna; ma che importa? Fu allevata a meraviglia, ha talenti come poche ne hanno, è virtuosissima; tutto la fa degna del nostro grado. Della sua povertà non abbiamo da averne pensiero; non siamo noi ricchi abbastanza? Mia madre accettò il carico di scrutare il cuore della giovane questa sera medesima, e in questo stesso momento. — Va' via, — mi disse, — e lasciami sola con lei una mezz'ora: al tuo ritorno l'avrò confessata, e saprò dirti il tuo destino. — Uscii sul terrazzo, agitato come Dio tel dica. Mi è sembrata una buona fortuna vedere a passar te, così buono mio amico. Per occupare questa benedetta mezz'ora, avevo bisogno di camminare, di sfogarmi con qualcheduno.... E niuno meglio di te poteva convenire al mio caso.”

      Atanasio camminava a capo chino senza far parola, senza batter palpebra, quasi avreste detto senza tirare il fiato. Stringeva così forte le mani serrate a pugno, che le unghie delle dita gli entravano nelle carni della palma; teneva i denti stretti che più non potrebbe una morsa di ferro.

      Quando aveva udito Pietro parlare di benefizi fatti dalla sua famiglia a quella di Lucietta, e poi della disparità di condizioni fra lui e la ragazza, e dei meriti di costei che la facevano degna di venire innalzata fino a lui, un amarissimo sogghigno si era disegnato sulle sue labbra contratte e un'onda di collera eragli salita al cervello. Tutti i suoi pregiudizi contro la ricchezza, tutte le sue antipatie contro i ricchi, tutto il suo odio contro la società e le sue smanie furibonde di ribellione gli erano tornati, e più intensi e più vivaci a un tratto. Colui ricco, colui superiore, colui tutti i vantaggi; ed egli?... Si riscosse e volse al figlio del suo principale un'occhiata bieca, in cui traboccava l'idea orribile della violenza: ma Pietro, assorto tutto nella propria emozione, non vide per fortuna quello sguardo, come non avvertiva il cupo silenzio dell'operaio.

      Il giovane ricco si fermò di colpo.

      “Ma oramai il tempo dettomi da mia madre dev'essere trascorso.... o non ci mancheranno che pochi minuti..... Torniamo indietro.... io sto come sulle braci.... ho bisogno, non fosse altro, di vedere la casa dove Lucietta sta per pronunziare, dove forse avrà già pronunziata la mia sentenza. Solamente vedendo a traverso i vetri la luce del salotto dove stanno a discorrere, mi pare che sarò più tranquillo.”

      E voltò indietro, rifacendo i passi verso la casa.

      Atanasio si diede ad accarezzare la follia di una speranza. Se Lucietta non lo amasse, quel giovane, benchè ricco? aveva tanto buon senso quella ragazza! doveva preferire uno sposo della sua condizione: doveva capire che nessuno l'avrebbe amata mai quanto un bravo operaio.... come lui Atanasio per esempio. Mercè uno sforzo, l'infelice riuscì a disserrare i denti.

      “Ella non ha mai parlato a.... alla giovane?” domandò con voce soffocata. “Non l'ha mai interrogata?”

      “No.... me ne feci uno scrupolo.... ad una giovinetta che veniva come ospite e protetta in casa di mia madre!... E nella sua ingenua allegria essa ha una semplice dignità che m'impone.”

      Erano giunti nuovamente innanzi alla casa. La luna, liberata dal velo delle nubi, tornava a splendere brillante. Pietro trasse l'oriuolo e guardò l'ora.

      “Eh! la mezz'ora è passata oramai.... non mancano che tre minuti.... tre minuti più o meno, non monta.... non sarà in questi tre ultimi minuti che si sarà aspettato a parlare dell'argomento.... io non ci posso più reggere.... vado.”

      Atanasio lo arrestò bruscamente per un braccio. Pietro gli si volse stupito.

      “Che cosa?”

      “Un piacere:” disse l'operaio con voce tremante. “Mi faccia sapere.... subito la risposta di lei.... della giovane.... La prego!... una sola parola.”

      “Oh come?” domandò il principale vieppiù stupito. “Oh che tanto ti preme?”

      “Sì.... mi preme sapere se Ella sarà felice;” rispose Atanasio con voce roca.

      Pietro credette in questa spiegazione; strinse con forza la mano all'operaio dicendogli:

      “Grazie mio buon amico. L'ho sempre saputo che tu mi vuoi bene. Or via aspetta qui un momento e ti comunicherò l'esito....”

      Una delle porte-finestre s'aprì, e una donna inoltrata in età si avanzò sul terrazzo.

      “Sei tu Pietro?” diss'ella venendo fino alla ringhiera.

      “Mamma! mamma!” esclamò il giovine palpitante.

      “Vieni! presto!” disse la donna e rientrò sollecita in casa.

      Pietro si slanciò di corsa verso l'entrata.

      Atanasio rimase immobile, piantato innanzi al terrazzo. Non era una sufficientemente chiara risposta il fatto d'esser venuta la madre medesima a sollecitare il ritorno del figliuolo? Avrebbe ella fatto così se le parole di Lucietta non fossero state secondo il desiderio di Pietro? Eppure, vedete quanto è tenace la illusione nel cuore umano! il povero operaio rimaneva ancora colà, attaccato a un lieve filo di speranza.

      Pietro non obliò Atanasio e la promessa che gli aveva fatto. Dopo un poco uscì sul terrazzo e le sue sembianze, illuminate dalla luna in quel momento limpidissima, apparvero all'operaio così piene di gioia che niuna parola più occorreva ad annunziare la ventura del giovane.

      “Atanasio,” gridò Pietro con voce commossa e sonora: “Sono felice.... va', e che ciò possa farti passare una buona notte anche a te!”


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