La donna fiorentina del buon tempo antico. Isidoro Del Lungo

La donna fiorentina del buon tempo antico - Isidoro Del Lungo


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la donna fiorentina il secolo XIII, compagna de' forti mercatanti ed artefici che lavorando e combattendosi, non meno alacremente l'una cosa che l'altra; e senza tuttavia rimanere insufficienti ad altre faccende, — soggiogare i magnati, osteggiare i Comuni vicini, resistere all'Impero, tenere in rispetto la Curia Romana; — fondano la guelfa democrazia. Arti e mestieri, nonostante la intestina guerra, fioriscono; e con essi, i commerci e le industrie; la ricchezza muta i sentimenti e i costumi; l'arte del bello, figurato e scritto, comincia ad ingentilirli. Bensì lentamente. Siamo al primo di quegli ordinamenti popolari, a quello che fu chiamato «il primo popolo» o «popolo vecchio», del 1250; e la cronica[25] nota «che al Tempo del detto popolo, e in prima e poi a grande tempo, i cittadini di Fiorenza viveano sobrii e di grosse vivande, e con piccole spese, e di molti costumi e leggiadrie grossi e ruddi; e di grossi drappi vestieno loro e le loro donne, e molti portavano le pelli scoperte senza panno, e colle berrette in capo, e tutti con gli usatti in piede, e le donne fiorentine co' calzari senza ornamento; e passavansi, le maggiori, d'una gonnella assai stretta di grosso scarlatto d'Ipro o di Camo, cinta ivi su d'uno scaggiale all'antica, e uno mantello foderato di vaio col tassello sopra, e portavanlo in capo; e le comuni donne vestite d'uno grosso verde di Cambragio per lo simile modo. E lire cento era comune dota di moglie, e lire dugento o trecento era a quegli tempi tenuta isfolgorata; e le più delle pulcelle aveano venti e più anni anzi ch'andassono a marito».[26] Ma soggiungendosi poi che «di sì fatto abito e di grossi costumi erano allora i Fiorentini, ma erano di buona fe' e leali tra loro e al loro Comune», — il che quanto a «lealtà tra loro» cioè concordia cittadina, non poteva dopo il 1215 dirsi più, — mostra che molto della descrizione appartiene di più stretto diritto ai tempi anteriori, dai quali il cronista stesso ha dichiarato di muoverla. È insomma la descrizione d'una età di passaggio, dove, da un canto, le «pelli scoperte» e gli usatti ci ricordano i contemporanei di Cacciaguida

      andar contenti alla pelle scoperta;

      mentre i nomi di que' panni francesi e inghilesi delle gonnelle fiorentine, lo scarlatto d'Ypres o di Cam, il panno di Cambrai, ci fanno avvertiti esser passati i tempi nei quali

      ancor nessuna

      la stagion che 'l mondo foglia e fiora,

      soggiunge:

      ed ogni damigella in gioi' dimora,

      e a me n'abbondan smarrimenti e pianti:

      chè lo mio padre m'à messa in errore,

      e tenemi sovente in forte doglia;

      donar mi vuole, a mia forza, signore.

      Ed io di ciò non ò disio nè voglia,

      e 'n gran tormento vivo a tutte l'ore:

      però non mi rallegra fior nè foglia.

      Il monastero riparò molte di queste infelicissime; il monastero, del quale la Compiuta Donzella cantava:

      Lasciar vorria lo mondo, e Dio servire,

      e dipartirmi d'ogni vanitate:

      ..... marito non vorria nè sire,

      nè star al mondo per mia volontate.

      Membrandomi ch'ogni uom di mal s'adorna,

      di ciaschedun son forte disdegnosa,

      e verso Dio la mia persona torna.

      Lo padre mio mi fa stare pensosa,

      chè di servire a Cristo mi distorna,

      nè saccìo a cui mi vuol dar per isposa.

      Ma neanco il monastero fu talvolta asilo sicuro alla loro innocenza, alle loro sventure, alla libertà dell'anima loro. Dio solo, ha detto Dante, conobbe que' misteriosi dolori:

      Poichè a chi di voi non precorre qui alla mente la celestiale figura di Piccarda, che rimpiange la dolce chiostra dove giovinetta era fuggita dal mondo, e l'ombra delle sacre bende che ella ed altre indarno sperarono conservare sul capo canuto, e si compiace che

      non fur dal vel del cuor giammai disciolte?


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