Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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doveva capir nulla di quanto avveniva.

      — Come vi chiamate?

      Interrogava sempre la donna, come l’unica che contasse.

      — Virginia…

      — E poi?

      — Non basta?… Virginia Worth…

      — Americana?

      — Sto da molti anni in Italia.

      — Quando ci siete venuta?

      — Prima della guerra…

      Se era vero, erano più di vent’anni. E il Pastore s’era stabilito a Milano nel ‘19.

      — Col Pastore?

      — È dal 1920 che servo il reverendo Down…

      — Come avete detto?!

      La vecchia si morse le labbra. Ma capì che era troppo tardi per tacere.

      — Ho detto che è dal 1920, che sono al servizio del Pastore.

      — Si chiama Down, il reverendo?

      — Non lo sapevate?

      — È fratello di miss Lolly Down?

      — Chiedetelo a lui…

      Non glielo avrebbe neppur chiesto, dopo tutto. Sentiva che i fatti precipitavano e che si sarebbero spiegati uno dopo l’altro, tra di loro.

      — E prima?

      — Oh!

      — E prima? – le si era avvicinato. Era questo che voleva sapere. La stringeva contro il muro.

      Il nano strisciò lungo la parete per allontanarsi.

      — Fermo!

      S’immobilizzò. Era tutto rosso in volto. Cattiva circolazione sanguigna e grande, fremente, orgasmo.

      — E lui? Lui chi è?

      Lo guardò con commiserazione.

      — Lui è italiano… Lo abbiamo preso da pochi anni. Matteo non sa nulla!

      — Dunque? Che cosa facevate prima di venire al Presbiterio?

      — L’infermiera…

      — Dove?

      Tacque. Evidentemente rifletteva. Si rendeva conto dell’importanza che avrebbe potuto avere la sua risposta. Il volto rugoso s’era contratto, raggrinzandosi ancor di più, facendosi piccino. Le labbra sottili, le si ripiegavano contro le gengive senza denti. Ebbene?

      — Oh! Insomma!… – Di colpo la violenza che s’era accesa in lei si spense. Fu come una capitolazione improvvisa. – Lo verreste a sapere ugualmente e non capisco perché dovrei nasconderlo. Ero infermiera a Mombello.

      De Vincenzi rimase muto. Cercava di trovare il nesso. Infermiera dei pazzi!… Quale rapporto?

      Diede due colpi ai cassetti e li richiuse.

      — Che cosa avevate paura che potessi trovare in quei cassetti?

      — Quel che non c’è! – Subito continuò: – Voialtri trovate sempre quel che non c’è, quando cercate!

      — Infatti! E anche questa volta troverò quel che non c’è più…

      Non sapeva neppur lui che cosa potesse essere; ma vide che le sue parole avevano colpito nel segno dal lampo di smarrimento che balenò negli occhi grigi della vecchia.

      Dal di fuori venne il rumore di un’auto, che si fermava. Si sentiva l’ànsimo del motore. Lo sportello si chiuse con un colpo secco.

      Poi il campanello saettò il suo suono argentino, saltellante, prolungato. Cessò. Riprese.

      Che ansia!

      Il commissario afferrò la donna per un braccio. Dove metterli, quei due?… Vide la porta nera della Chiesa. – Rimanete lì dentro…

      Vi aveva cacciato anche lo gnomo, che gli era sguisciato davanti, correndo, al primo suo gesto, quasi avesse temuto che lo picchiasse.

      E chiuse la porta a chiave. Sicuro! Sarebbero potuti fuggire per la porticina di via Sant’Orsola, ma a lui importava poco. Non potevano andar lontano e quel che soprattutto premeva era che non si incontrassero con Dorotea Winckers Shanahan.

      Corse all’uscio di strada e lo spalancò.

      La moglie di Giobbe Tuama si precipitò nel corridoio e dietro a lei miss Dolly Down.

      — Dov’è?… – e corse nella sala terrena.

      De Vincenzi lasciò che vi fossero entrate tutte e due, poi le seguì e chiuse la porta dietro di sé. Adesso, non le avrebbe fatte uscire di lì dentro che quando a lui fosse piaciuto.

      La vecchia correva attorno. Guardò il divano, sul quale ancora i cuscini eran disposti come per sorreggere il capo del ferito, la catinella con l’acqua arrossata dall’aceto, l’asciugatoio e le pezzuole.

      — Dov’è Giacomo?

      La giovane s’era fermata in mezzo alla stanza e fissava Dorotea, seguendola in tutti i suoi movimenti. Era pallidissima; ma aveva ancora gli occhi bistrati e le labbra rosse di minio artificiale.

      — Dov’è Giacomo? Chi lo ha ucciso?

      — Naturalmente, non è qui. Lo abbiamo fatto trasportare all’Ospedale. Quando sono giunto io al Presbiterio respirava ancora.

      Si lanciò verso la porta.

      — Voglio andare a vederlo. Chi vi ha detto che è morto?

      E subito chiese, quasi gridando:

      — Chi lo ha ucciso?

      De Vincenzi dovette sbarrarle la strada, trattenerla, ricacciarla.

      — Non potete vederlo, per ora. È più utile che restiate qui. Che parliate con me…

      La donna indietreggiò, si trovò accanto al divano, vi si lasciò cadere. Doveva esser stremata, adesso.

      Vestita come sempre era. Persino il cappellino coi lustrini s’era messo e tra le mani stringeva la sua grossa borsa nera.

      Allora, De Vincenzi si accorse che, invece, miss Lolly era in pigiama sotto la pelliccia e non aveva cappello. Si vedevano i pantaloni di seta rosa del pigiama uscir dal fondo della pelliccia chiusa.

      — Perché non sedete anche voi, miss Lolly Down?

      — A che scopo ci avete fatte venir qui?…

      — Adesso lo saprete!…

      — Chi lo ha ucciso?

      — Ascoltatemi, signora Shanahan. Per telefono ho dovuto dirvi che il Pastore era morto; ma non ho voluto rivelarvi come era morto.

      — Che cosa intendete?…

      — Giacomo Down non è stato ucciso… si è ucciso!

      Era questa la sua carta ultima. Se non riusciva, la partita era perduta.

      Fu istantaneo; ma non fu quello che il commissario si attendeva. Dorotea Winckers Shanahan si irrigidì. Inghiottì la saliva e il pomo d’Adamo le si disegnò nettamente sotto la pelle grinzosa, scomparendo dentro il colletto di seta nera dell’abito. Strinse le mani sulle ginocchia, quasi per puntellarsi con le braccia. Apparve tutta angoli e tutta bronzo. Una statua piena di asperità, che la seta opaca e aderente dell’abito non addolciva. Gli occhi soltanto vivevano accesi d’una fiamma verde.

      De Vincenzi sentì un tonfo dietro di sé e dovette correre a chinarsi su Lolly Down, che era svenuta. Per un istante non seppe che fare. Si volse a guardare la vecchia, temendo di sentirsela arrivare addosso; ma ella non si era mossa. Neppur trasalito aveva. Quella morte per suicidio era più terribile di tutto,


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