L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto. F. T. Marinetti

L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto - F. T. Marinetti


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per una scala di ferro fra i calcinacci e i rottami delle cupole d’acciaio già disalveolate perchè il forte è già in parte smantellato.

      La tenerezza carnale rosea del crepuscolo inonda la vallata, spalma di olii dorati le groppe dure, le gravidanze grottesche, i gomiti ostili, le ondate ribelli e i rigonfiamenti pietrificati delle montagne.

      I nostri 75 campagna rispondono rabbiosamente ai forti austriaci di Tonezza...

      L’altissima terrazza sembra una passerella di corrazzata che navighi nelle acque seriche, viola azzurre dorate del crepuscolo, entrando in un golfo di sogno fra monti sereni che sognano.

      Ecco un nostro 149 del Cengio colpisce un baraccamento austriaco sulla groppa del Cimone. Vi scoppia un’incendio. Lentezza molle disinteressata del suo fumo che sale scapigliandosi e tentacolando con grazia una prima stella.

      Braaaaaa... di echi come frane di ghiaia. Un lontano soavissimo ronzio di aeroplano bevuto dagli ultimi rossori del Tramonto. Cip cip cip d’uccelli negli alberi rabbrividenti. Pi, pi... pi... di pulcini e galline sotto la porta del forte.

      Il maggiore Sannia m’invita a seguirlo nei sotterranei del forte.

      Lunghi corridoi di carcere. Scale a chiocciola fra feritoie di vento azzurro. I nostri passi echeggiano. Pedali d’organo che prolungano cannonate lontane. Una camerata buia con strani movimenti d’alghe marine. Sono soldati che dormono. Altra camerata con respirazioni e puzzi folti, aspri, stipati, selvaggi, ammoniacali. Finalmente un moccolo sospeso lingueggia giallastro e ci guida verso dei pacchi enormi di sonno e di odore di stiva.

      —Su, alzati! dice il maggiore scuotendo uno dei dormienti.

      E’ un disertore austriaco. Indovino i piccoli occhi celesti nel viso biondiccio. Breve interrogatorio. Appartiene alle truppe d’assalto, parla Italiano, si dice slovacco. Ha lavorato in Italia in una fabbrica di birra.

      —Perchè hai disertato?

      —Perchè il mio tenente mi ha schiaffeggiato ieri. Ogni sera di pattuglia. Sono stanco.

      —L’offensiva austriaca è sicura, non è vero?

      —Sì—e anche la data fissata—il 15 giugno alle 2 e mezza dall’Astico al mare, ma l’attacco importante sarà nel centro.

      —Ti hanno dato da mangiare e da bere?

      —Sì.

      Rimontiamo. Sulla terrazza sotto i trilli gioiosi delle prime stelle fra gli immensi ventagli freschi dell’Astico sicuro ritmato come il sangue d’un uomo forte, il maggiore Sannia dice:

      —Dato lo stato dei due eserciti è ormai sicuro che il primo dei due che oserà un’offensiva generale e non la vincerà sarà perduto per sempre... Quanto diversi, i nostri disertori! Noi abbiamo avuto nella brigata solo 3 soldati fucilati per diserzione. Uno appena uscito dalla linea fu subito inseguito da una pattuglia ordinata da me e fucilato a tre passi dai reticolati austriaci. Gli trovai addosso una lettera che spiegava la sua diserzione veramente strana dato il suo ottimo stato di servizio. Scriveva alla moglie: «Non mi farò ammazzare dal dispiacere. Domani mi darò prigioniero agli austriaci. Conserverò così la pellaccia per il dopo-guerra quando verrò a spaccarti il cuore per pagare il tuo tradimento...» Il secondo disertore fu preso dai carabinieri mentre abbandonava la linea. Disse: «Non vado via per paura. Me ne frego degli austriaci. Voglio andare a Trapani a uccidere mio padre che ogni notte va a letto colla mia fidanzata.»

      E il maggiore concluse: «Con simili disertori si deve assolutamente vincere la guerra.»

       LA DAMA AL BALCONE

       E LE SERENATE MASSACRATE

       Indice

      Il 14 Giugno tutto è pronto. La nostra linea aspetta l’urto con sicurezza. Si parla di nuove batterie austriache non ancora individuate. I pessimisti insistono sulla pericolosa propaganda disfattista che Milano e Torino particolarmente inoculano colla posta ai soldati in linea. Io ho trattenuto tutta la posta delle batterie nella baracca del Gruppo. Credo preferibile distribuire un rancio accurato invece di troppi sentimentalismi postali alla vigilia di una battaglia decisiva. Tutto lo schieramento di batterie che dal forte Corbin lungo Val D’Astico gira la cima Ardé e seguendo la cresta di Sculazzon in Val D’Assa raggiunge gli Inglesi a Cesuna, con le sue 200 bombarde, e le mitragliatrici e i fucili della brigata Casale, è pronto all’urto che si prevede furibondo, decisivo.

      Abbiamo bene pranzato nella baracca di legno e lamiera del Gruppo bombardieri, che appoggia le spalle a dei roccioni grigio ferro in forma di piccole torri. Fumiamo serenamente sull’orlo della Vallatella Silà verdissima bacinella quieta, colma di silenzio alpino, sospesa da un lato alle creste del Cengio e dall’altro alla strada che va al forte Corbin. Dolcezza languida, mansueta della sera madreperlacea che cede docilmente all’ombra salente delle valli profonde. Un frastuono ci scuote.

      Allegria degli echi turbati da una singolare mandolinata. Sono i miei bombardamenti che vogliono invitare gli austriaci alla prossima danza. Eccoli sotto di noi. I due primi grattano disperatamente due mandolini, due altri li seguono battendo a gomitate e a calci delle latte di benzina. Dietro viene sculettando e sgambettando il violoncellista. Ha per violoncello un lungo attaccapanni di ferro. L’orchestra si ferma per fare agli ufficiali una serenata, sotto la gesticolazione frenetica del più fantastico direttore d’orchestra.

      Porta in testa una gamella obliqua, sulle 33, a guisa di berretto inglese. Si è legato sul culo le falde rialzate del cappotto per imitare l’antica foggia militare italiana. Buffonescamente insulta i suonatori cadenzando la melopea con lazzi e pernacchi fragorosi. La tempesta di rumori e di grida sveglia gli accampamenti nella Vallatella Silà.

      Applausi. Applausi e ironie volubili degli echi freschi ventilati da morbidi rombi lontani.

      L’orchestra si ferma davanti al Comando del Gruppo. Il capitano mi prega di parlare. Si affollano bombardieri, artiglieri e suonatori.

      —Cari bombardieri, cari artiglieri e fanti d’Italia, grazie di tutto cuore per la serenata a noi e per i meravigliosi pernacchi scagliati contro gli austriaci! La vostra fragorosa allegria dimostra al cielo, al sole che tramonta e alle stelle, che sapete spavaldamente infischiarvi di tutti i pericoli! Voi avrete appreso dalle molte informazioni che se non è certa è probabile la grande battaglia questa notte alle due e mezza. Io personalmente ci credo. Ad ogni modo ciò non vi preoccupa, come vedo, non può preoccupare nessuno poichè altre informazioni e queste certissime mi hanno convinto come hanno convinto tutti i capi che l’intera linea italiana dall’Astico al mare è pronta, assolutamente pronta non soltanto a resistere a qualsiasi offensiva austriaca, ma anche a rintuzzarla vittoriosamente. Ricordatevi: qualsiasi offensiva, anche strapotente, sarà massacrata. Cadorna non era un generale incapace. Ebbe soltanto il torto di non dimettersi, quando si sentì stanco e logorato. Fu lui che scelse la linea del Piave, ed è una linea forte. Ora è di acciaio. Resisterà. La lotta sarà aspra, e vi saranno momenti gravi, forse delle oscillazioni. In quei momenti, pensate che quella pianura veneta, laggiù, è il letto della nostra sposa unica e divina: l’Italia... il letto delle vostre spose che adorate... Voi, ritti in piedi, custodite la porta, e la scala che gli austriaci vorrebbero assalire! Pensate che cedendo il passo un solo istante voi permettereste vergognosamente a quelle canaglie di entrare in casa vostra, piombare nel vostro letto e possedere le vostre donne. Meglio morire! Sono certo che nessuno di voi vorrà essere un vile idiota e becco contento. Ed ora andate a dormire, sarete svegliati a tempo opportuno!

      Giudicai opportuno di svestirmi per riposarmi meglio.

      In branda a 6 centimetri dal tenente Bosca. Abbiamo fra di noi come orinali un bossolo da 75 ed una scatola da conserva. Ogni 5 minuti (verifico l’orologio alla mano) la notte silenziosa succhia una nostra granata da 149 uuuussss uuufff. Mi addormento.

      Alle 2 e mezza siamo svegliati dal bombardamento.

      —Bosca, ci


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