Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins
pensai. Mi chiesi se potesse aiutarmi a risolvere il mio “Voglio andare a letto con il mio forse ancora sposato collega che, oh sì giusto, tra l’altro mi odia”.
Questa non era però una conferenza hippie: il consulente era in realtà molto bravo. Oggi si imparava come richiedere uno sforzo maggiore o minore da un collega. Ci chiese di fare coppia con il collega con cui avevamo più bisogno di costruire una relazione di lavoro efficace.
Feci la mia entrata nella sala riunioni a tema floreale. Nel giro di pochi secondi, le coppie erano formate. Analizzai la stanza per individuare i pomposi capelli biondi alla texana di Emily, sperando che mi avesse aspettata, ma era già accoppiata con il capo dei consulenti legali, prendendo l’attività troppo sul serio. Le lanciai un’occhiataccia e lei scrollò le spalle, alzando le sopracciglia, come per dire “Non è colpa mia se mi dai buca e poi non riesci ad alzarti dal letto prima di mezzogiorno.” Sbuffai e mi misi a cercare un partner.
Mentre scrutavo la stanza, gli occhi senza vita di Nick incontrarono i miei. Non bene. Anch’io non lasciavo trasparire alcuna emozione, uno sforzo considerevole considerando che gli snack del minibar della notte scorsa cercavano di tornare fuori. Iniziai a girarmi, quando vidi che stava venendo verso di me. Mi aspettavo che mi superasse, ma non lo fece.
Non disse nulla, così lo feci io. Non riuscii a trattenermi. Conduco sempre io il gioco. Non c’è da stupirsi se mio fratello maggiore mi diceva che allontano gli uomini.
“Quindi, non ne hai avuto abbastanza di me?” E forzai un sorriso autocritico.
Lui non sorrise. “Sembra il modo migliore per risolvere ‘questa cosa’, così possiamo chiarirci prima di tornare in ufficio.” Agitava la mano indicando prima lui e poi me. Mi ricordava la scorsa notte, e non in senso buono.
Ci sedemmo. I fiori sulla carta da parati e sul pavimento non mi stavano risollevando il morale. Le vigne sul tappeto iniziarono improvvisamente ad alzarsi e ad incatenarmi alla sedia per le caviglie. No, testa di rapa, è la tua immaginazione, e troppo alcol. Ugh. Snervante. Sfregai le mani sulle braccia, cercando di smussare la pelle d’oca.
Nick lesse le istruzioni a voce alta. Dovevamo fare una lista di esercizi a turno. Per prima cosa, dovevamo dirci a vicenda le cose che apprezzavamo a vicenda; poi, le cose di cui avevamo più o meno bisogno da parte dell’altro; e infine, cosa volevamo impegnarci a fare di più o di meno. In caso ci fossimo scordati le istruzioni, erano state stampate a caratteri cubitali e incollate in tutte le pareti. Grazie, poster, per smorzare questo incubo floreale, pensai.
“Inizia tu, Nick. Credo tu abbia bisogno di ricordare cosa ti piace di me.” Dissi in tono giocoso.
Non ricambiò, né esitò. “Apprezzo che tu sia una professionista che fa un buon lavoro e lavora sodo. Sei importante per lo studio.” Non proprio caloroso.
“Grazie, Nick. Nient’altro? Puoi andare avanti quanto vuoi con i complimenti.” Provai a sfoggiare un altro sorriso, con la testa inclinata a destra. Il mio lato migliore.
“Ho finito.”
Stava andando alla grande.
“Okay, allora, di te apprezzo che…” mentre lui aveva scelto un atteggiamento puramente professionale, io mi rifiutavo di essere così impersonale, “… la tua creatività e sesto senso, e il lavoro che abbiamo svolto così bene sul caso Burnside.” Internalizzai le frasi fatte di cui trasudava l’atmosfera, come in una versione giuridica di un brutto episodio del Dr. Phil. “E apprezzo che tu non abbia un tovagliolo da bar con te oggi.” Ding, ding — Forza Nick, lasciamocelo alle spalle.
Impossibile. “Adesso passiamo alla seconda parte, più o meno bisogno di.” Si passò le mani fra i capelli. Oh-oh. “Cosa vorrei tu facessi di più è informare Gino quando hai bisogno di aiuto da parte mia, e me ne occuperò io. Cosa vorrei tu facessi di meno è,” esitò, e poi disse, “mettermi all’angolo.”
Avevo sentito male o Nick mi aveva appena scaricata? E accusata di stalking? In altre parole. Anche dopo la fine infelice della nostra serata, le ricadute professionali sembravano esagerate. Stava forse insinuando che l’avessi molestato sessualmente? In meno di un secondo, passai da zero a sessanta in una scala di rabbia.
“Non vuoi più lavorare con me? Ti metto all’ANGOLO? Abbiamo una conversazione difficile a livello personale e tu ti rifiuti di lavorare con me?”
“Puoi abbassare la voce per favore?” sibilò. Gettai le braccia in aria. Lo prese come un sì e continuò. “Voglio solo minimizzare i contatti,” disse. La sua voce rifletteva lo sguardo.
“Assurdo.” Nick alzò la mano, e io aumentai di nuovo il volume. “Siamo un’ottima squadra. Quando lavoriamo insieme portiamo grandi benefici allo studio. Non capisco perché lo stai facendo. Tutto a causa di ieri notte?”
Cento occhi mi stavano guardando mentre cadevo a pezzi emotivamente. No, era solo paranoia. Portai le mani al colletto per cercare di allentarlo.
“Non intendo parlare del perché. Ho solo bisogno di spazio. Se hai un problema con me, devi rivolgerti a Gino.”
Tempo di decisioni e autocontrollo. Se avessi fatto una scenata, l’avrei messo in imbarazzo e non sarei mai riuscita a rimettere le cose a posto. Avevo passato metà della notte prima a fare pace con il fatto che non ci sarebbe mai stato un “noi”, un “Nick e Katie”. Non mi piaceva l’avvocatura, ma nell’ultimo anno, avevo amato lavorare con Nick. Lavorare con lui era meglio di niente. Forse era anche abbastanza. Ma se me l’avesse impedito, l’unica cosa che mi sarebbe rimasta sarebbero stati pensieri che volevo continuare ad ignorare.
Dovevo anche essere realistica. Ero importante per lo studio. Ma il futuro ex-suocero di Nick era il nostro maggior cliente. Questo screzio doveva rimanere fra di noi. Non mi sarei “rivolta a Gino”. Inoltre, cosa gli avrei detto? Gino, Nick non vuole lavorare con me perché pensa che voglia andare a letto con lui. Fai in modo che sia gentile con me o faccio la matta.
Misurai le mie parole. “Immagino di non avere scelta. Rispetterò le tue richieste, ma lasciami essere chiara al cento per cento: questa è una tua decisione. Non la capisco e non è ciò che voglio. Inoltre, prometto di essere sincera con te. Iniziando da adesso.” Sembrava un bell’inizio, dato che gli avevo mentito la sera prima e lui lo sapeva. “Questo mi ferisce. Mi tratti come se mi odiassi. Abbiamo avuto un momento spiacevole questo fine settimana. Penso ne dovremmo riparlare in ufficio.”
“Non la penserò diversamente,” disse Nick. Fece per alzarsi, ma lo fermai.
“Aspetta. Devo dire cosa vorrei tu facessi di più e di meno.”
Si rimise a sedere. Ignorai il dolore lancinante allo stomaco e cominciai. “Vorrei che tu tenessi una mente più aperta, giudicassi meno e prendessi meno decisioni impulsive.”
“Okay.”
“Okay, ti impegnerai a farlo?”
“Sì, ho capito.”
Ci guardammo negli occhi per molti altri secondi. Poi Nick si alzò. Le gambe della sua sedia emisero un orribile “criiiic” sfregando contro il pavimento in resina. Rabbrividii. Probabilmente al momento sbagliato, visto come aggrottò la fronte e strinse le labbra. Se ne andò.
Rimasi inchiodata alla mia sedia.
Un po’ di tempo dopo — secondi? minuti? — Emily interruppe la mia imitazione di un blocco di ghiaccio.
“Terra chiama Katie. C’è la pausa. Vieni?” chiese. Il suo tono era nervoso, ma non quanto i messaggi di questa mattina.
Rivolsi lo sguardo verso di lei. Con le sue gambe lunghissime, aveva messo degli stivaletti texani e un paio di jeans, che aveva poi abbinato ad una giacca in denim della Gap e una camicetta di cotone viola. “Ehm, no, grazie. Ci rivediamo dopo qui,” dissi.
Emily uscì dalla sala riunioni con un gruppo di consulenti legali. Mi precipitai al bar. Qual è un cocktail che sia accettabile bere alle dieci del mattino? Ordinai un Bloody Mary, un drink che non avevo mai provato.