Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins

Saving Grace - Pamela Fagan Hutchins


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di dover parlare dei miei problemi con tutti quegli alcolisti mi faceva sentire claustrofobica. Gli Alcolisti Anonimi forse aiutano la maggior parte delle persone, ma io non sono una ragazza da lavori di gruppo. E poi, non ero un’alcolista.

      “Queste ultime tre settimane sono state particolarmente dure, ma sei su questa strada da molto più tempo.” disse Collin. “Tipo un anno. Riesci a ridurre o smettere? Scommetto che ci hai già provato, vero?” Evitavo il suo sguardo. “E scommetto che non ha funzionato.”

      No, stronzo, non ci ho provato stavo per dire. Stavo per. Invece, dissi, “Non ci ho provato. So che posso, quando sarò pronta.”

      Arrivò la mia omelette al formaggio, ma non avevo fame. Nessuno di noi toccò il proprio cibo.

      “Ammetto che avrei dei problemi a farlo qui a Dallas, anche se ci provassi. Quando ci proverò. Ma so che, se riuscissi a mettere in pausa la mia vita per qualche settimana, potrei tenere tutto sotto controllo. Sono disposta a cominciare da qui. I centri non fanno per me. Forse se un giorno mi trovaste a dormire in un cassonetto allora sì, ma non adesso.”

      “Va bene. Ti darò una possibilità, fanne tesoro. Hai in mente qualcosa?” chiese Collin.

      Inspirai tutta l’aria che potevo, per poi sforzarmi a espirarla tutta, fino a quando il mio stomaco non crollò. “St. Marcos. Ho bisogno di superare ciò che è successo a mamma e papà.” Iniziai a piangere, poi mi trattenni. Aprii la bocca per parlare e le lacrime iniziarono a sfociare di nuovo.

      “Ne sei sicura?” chiese Collin.

      Annuii e usai la parte pulita del tovagliolo per asciugare le lacrime. Come alzai lo sguardo, una giovane donna nera attirò la mia attenzione, un po’ perché mi stava fissando, e un po’ perché era scalza all’IHOP e i suoi vestiti sembravano di centocinquanta stagioni fa. Ora, lei aveva un problema. Droga, a quanto sembrava. Un’ottima candidata per un centro di disintossicazione. Non io. Mi asciugai gli occhi di nuovo e quando li aprii, non c’era più. Niente di niente. Stavo impazzendo. Deglutii.

      Avevo un disperato bisogno di andarmene. Questo viaggio, questa disintossicazione in solitaria o periodo sabbatico o qualunque cosa fosse, sarebbe stato una manna dal cielo.

      E così concordammo che sarei partita. Immediatamente. Tipo, domani. Porca miseria. Un po’ prima di quanto avevo previsto, ma Collin insistette, e Emily promise di aiutarmi a renderlo possibile. Collin mi fece promettere con una stretta di mano, quando mi riaccompagnò all’appartamento, e Emily era proprio dietro di noi a testimoniare.

      Emily ed io ci presentammo a lavoro alla Hailey & Hart a metà mattinata, dopo essermi messa un tailleur estivo color crema, più adatto all’ufficio. Non facemmo molto se non pianificare il mio viaggio e liberare la mia agenda. Chiesi a Gino i giorni di ferie, aspettandomi di dover litigare, ma non fu così. Mi diede una pacca sulla mano. Ugh.

      “Un po’ di tempo libero ti farà molto bene,” disse. “Hai lavorato sodo quest’anno, in circostanze terribili, hai bisogno di ricaricarti e riportare qui la migliore versione di te stessa.”

      Ottimo. Che nella lingua dei capi, significava Sei un disastro, vai via da qui. Beh, lo ero. Un disastro mortificato. Domani non era poi così presto per andarsene, dopotutto.

      Sotto richiesta di Collin, Emily passò la notte da me a sorvegliarmi, lasciando il marito a casa da solo. Emily era un’amica molto migliore di quanto meritassi, ma, tanto tempo fa, avevo fatto lo stesso per lei quando Rich aveva temporaneamente annullato il loro fidanzamento. Il karma.

      Più tardi quella notte, finalmente menzionai il nome che nessuno aveva pronunciato per tutto il giorno. “Se Nick dovesse chiedere dove sono, per favore dagli la versione censurata.”

      Emily era seduta su uno sgabello ed io ero in piedi all’altro lato del piano cucina. Si sporse verso di me. “Non pensarci nemmeno. Da quando siamo andate a Shreveport, Nick si sta comportando come Heathcliff di Cime Tempestose. Forza. Lascia perdere.”

      Stavo ricevendo un sacco di consigli velati oggi. Questo era: la verità è che non gli piaci abbastanza. Ahia, ma aveva ragione.

      Ma sarei davvero riuscita a lasciare qui i miei sentimenti per lui ed andare a St. Marcos con la mente sgombra? Mi rigirai tutta la notte nel letto, in balia dei pensieri sui miei genitori e su Nick.

      Cinque

      Aeroporto Internazionale DFW, Dallas, Texas

      17 agosto 2012

      “Si pregano i gentili passeggeri di spegnere e riporre tutti i dispositivi elettronici,” disse la voce dell’assistente di volo dall’altoparlante dell’American Airlines. Merda. Stavo scrivendo un’e-mail ad Emily, promettendo di offrirle una costata di manzo da Del Frisco, se avesse tolto gli avanzi di sushi dal frigo di casa mia, e arrivai a premere invia per il rotto della cuffia.

      Mi ero sistemata al mio posto in prima classe, in attesa di arrivare a St. Marcos, con le cose più essenziali a portata di mano: passaporto, il mio portatile rosso della Vaio e iPhone, nella sua cover zebrata della Otter Box. So che la maggior parte degli avvocati preferisce i dispositivi della Dell e Blackberry, ma mi piaceva pensare che non ero come gli altri. Certo, ultimamente ero diventata il peggiore degli stereotipi sugli avvocati: quello che beve troppo. Purtroppo per me.

      L’e-mail che avevo mandato ieri agli amici esterni al lavoro spiegava la mia partenza improvvisa come una vacanza. Potevano immaginarmi a sorseggiare una Piña Colada sulla spiaggia, ballando tutta la notte sulle note di musica calypso con un attraente uomo caraibico, mentre mi davo alla pazza gioia. Emily si sarebbe occupata di dare la notizia al lavoro questa mattina.

      A proposito di uomini caraibici, l’uomo al mio fianco in prima classe stava cercando di leggere quello che scrivevo al telefono. Mi girai dall’altro lato. Dove sono le tue maniere da passeggero di prima classe?

      Tornai ad occuparmi delle mie e-mail. Non avrei dovuto avvisare Nick in prima persona? Forse si era comportato un po’ come Heathcliff ma, prima di Shreveport, gli avrei sicuramente mandato un avviso provocante sulla mia partenza. Se fosse stato lui a scomparire, avrei voluto saperne il perché. Ipso facto, non lo avrebbe voluto anche lui? Seguendo questo raziocinio logico scadente, mi buttai a scrivere un’e-mail veloce.

      A: [email protected]

      Da: [email protected]

      Oggetto: Viaggio

      Nick:

      Volevo farti sapere, nell’eventualità in cui tu notassi che me ne sono andata, che sono partita per una vacanza ai Caraibi. Torno fra una settimana. Emily si occuperà dei miei casi mentre sono via. E, Nick, mi dispiace. Per tutto.

      Katie

      Dopo Shreveport, gli avevo promesso di dire sempre la verità. Beh, ero stata quasi completamente sincera, era una sorta di vacanza. Chiusi gli occhi con il dito su invia, esitante.

      “Signora, dovrebbe spegnerlo e riporlo immediatamente, per favore.” L’assistente di volo dai capelli grigi si abbassò su di me, con un sorrisino sulla faccia. Doveva odiare ripetere le stesse cose in continuazione a persone come me che mentono, imbrogliano e fingono, solo per avere qualche secondo di connessione in più prima di decollare. Però, ero una brava ragazza questa volta.

      “Nessun problema,” dissi. Premetti invia e spensi lo schermo. Beh, più o meno brava. Risistemai lo schienale e sistemai le pieghe dell’abito lungo che indossavo.

      “Mi chiamo Guy,” disse l’uomo seduto vicino a me. Mi porse la mano.

      Nooo. Volevo dormire. Gli strinsi la mano — una mano molto morbida, morbida come se facesse il bagno nella vaselina — e dissi, “Katie. Piacere,” e distolsi lo sguardo. Appoggiai la nuca sullo schienale. “Non pensare alla forfora, pidocchi e altre schifezze che ci


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