Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
siete voi?
– Un bevitore assetato, – rispose lo sconosciuto.
– E dove credete di trovarvi?
– Diavolo!… In una taverna, mi pare.
– Che non è casa vostra, mi pare.
– Chiacchiera meno, taverniere di messer Belzebú, e portami invece da bere, che muoio dalla sete e poi ho molta fretta.
– E io nessuna.
– Ehi, taverniere dell’inferno! – urlò lo sconosciuto, picchiando un altro pugno sul tavolo. – L’hai finita? Mi porti una bottiglia si o no?
– No, – rispose l’oste.
– Vuoi che ti tagli gli orecchi?
– A chi?
– A te, por Dios!…
– Ah!… Baie!…
Il gentiluomo francese, che stava bevendo, proruppe in una clamorosa risata, la quale ebbe per effetto d’irritare sempre piú il bollente taverniere.
– Tonnerre!… – urlò. – Per chi mi si prende? Sono un guascone sapete?
Il secondo avventuriero si torse i baffi, appoggiò un gomito sul tavolino, ormai sgangherato da quei due poderosi pugni, e lo guardò, ridendo ironicamente.
– Come sono buffi questi guasconi! – disse poi.
Don Barrejo, proprietario della taverna d’El Moro, piccolo gentiluomo guascone, scoppiò come una bomba.
– Tuoni dei Pirenei e fulmini del mar di Biscaglia!… A me dare del buffone!… Ah, tu vuoi bere del mio vino!… È dalla tua botte che ne spillerò!… Carmencita!… La mia spada…
Il secondo venuto proruppe in un altro scroscio di risa, piú fragoroso del primo e che fece saltare la mosca al naso al bollente taverniere, il quale non aveva mai tollerato, da buon guascone, che si ridesse sulle sue spalle.
– Bisogna che vi uccida dunque? – urlò.
– Con che cosa? Col tuo spadone? Chiese ironicamente l’allegro sconosciuto, togliendosi il mantello. – Mio caro, deve avere a quest’ora un mezzo pollice di ruggine.
– Che lascerò tutta nel vostro corpo, mascalzone!..
– Tu sei sempre piú buffo, compare.
– Finitela por Dios! Uscite o vi uccido come un cane arrabbiato!… Panchita!… Portami la draghinassa!…
– Tua moglie pare non abbia nessuna premura di vedere il mio sangue, – disse lo sconosciuto, appoggiandosi ad un tavolino e guardando fisso il taverniere.
Poi, volgendosi verso il primo entrato, il quale assisteva a quella allegra scena che poteva però finire tragicamente, gli chiese:
– Non vi sembra, signore, che sia sempre lo stesso questo indiavolato guascone? Nemmeno il matrimonio lo ha calmato.
Queste parole le aveva pronunciate su un tono un po’ diverso del primo. Don Barrejo, colpito da quell’accento che gli pareva di aver già udito in altri tempi, stette un momento dubbioso, poi si precipitò addosso allo sconosciuto e se lo strinse fra le braccia, gridando:
– Tonnerre!… Mendoza il Basco!… Il braccio forte del figlio del Corsaro Rosso!…
– Ci voleva tanto dunque a riconoscermi? – disse il biscaglino, contraccambiando, con minore entusiasmo, l’abbraccio.
– Sono passati sei anni, mio caro.
– Ma sei sempre lo stesso. Per poco non mi aprivi il ventre colla tua famosa draghinassa e spillavi il mio sangue.
– Tonnerre!… Mi hai fatto uscire dai gangheri!…
– E l’ho fatto apposta per vedere se il mio guascone si era conservato ancora guascone.
– Briccone!… E tu ne dubitavi? – gridò don Barrejo, rinnovando l’abbraccio. – E che cosa fai qui? Da dove vieni tu? Qual buon vento ti ha portato alla taverna d’El Moro?
– Non tanta furia, mio caro guascone, – disse il basco.
Poi, indicandogli il gentiluomo francese della bassa Loira che si godeva sempre, sorridendo sotto i baffi, la scena, gli chiese:
– E quel signore là, che sta assaggiando il tuo pessimo vino lo conosci?
– Pessimo, hai detto?
– Giudicheremo piú tardi.
Don Barrejo aveva piantato gli occhi addosso al gentiluomo, mentre si passava e ripassava una mano sulla fronte come per evocare dei lontani ricordi.
Ad un tratto si slanciò verso il tavolo colle mani tese, gridando:
– Tonnerre!… Il signor Buttafuoco!…
Il famoso bucaniere della marchesa di Montelimar si alzò sorridendo, e strinse calorosamente le mani che gli venivano tese, dicendo:
– S’invecchia dunque, don Barrejo, per non riconoscere piú gli amici?
– È il matrimonio, – disse Mendoza, scoppiando in una risata.
Il bravo guascone non aveva nemmeno rilevata la frase. Si era slanciato dietro l’immenso banco di acagiú, urlando a squarciagola:
– Panchita!… Panchita!… Porta sopra le migliori bottiglie della nostra cantina e lascia in pace lo spadone. Non ne ho piú bisogno!…
Poi in tre passi tornò verso il tavolino occupato dal bucaniere e dal biscaglino e, piantandovi sopra a sua volta due pugni, chiese:
– Che cosa siete venuti a fare qui, dopo tanti anni di assenza? Come sta il conte di Ventimiglia? E la marchesa di Montelimar? Di dove siete sbucati voi? Sandomingo è lontano da Panama.
– Silenzio, – disse Mendoza, accennando con un dito i meticci che stavano bevendo il mezcal.
– Che cosa? – chiese il guascone.
– Puoi mandarli via?
– Se non andranno con le buone li manderò fuori a pedate – rispose il terribile taverniere. – Il fitto lo pago io e non loro, corpo d’un tuono secco!…
S’avviò verso il tavolino occupato dai tranquilli bevitori ed indicando loro la porta con un gesto tragico, disse:
– Mia moglie sta male ed ha bisogno di riposo. Andatevene subito senza pagamento. Il mezcal che avete bevuto ve lo regalo.
I meticci si guardarono l’un l’altro, un po’ stupefatti certamente, poiché proprio in quel momento la graziosa castigliana, invece di giacere su un letto, usciva dalla cantina reggendo fra le robuste braccia un gran paniere pieno di bottiglie polverose.
Lieti però di aver bevuto senza sborsare una piastra, si alzarono, levandosi i vecchi e sfilacciati sombreros, e se ne andarono senza protestare, quantunque al di fuori la pioggia continuasse ad infuriare.
– Moglie mia, – disse don Barrejo. – Ho l’altissimo onore di presentarti il signor Buttafuoco, un autentico gentiluomo francese e quella vecchia pelle, che tu hai già conosciuto, di Mendoza.
“Abbracciali pure: io non sono geloso di questi uomini.”
La bella taverniera depose il paniere e diede quattro grossi baci sulle gote degli amici del marito, senza che questi inarcasse le sopracciglia.
– Ora, moglie mia, chiudi la porta e sprangala, – disse il taverniere. – Oggi non si riceve nessuno, perché vi è festa in famiglia.
– Sí Pepito.
– Pepito!… – esclamò Mendoza. – Sei diventato un pollo, un pappagallo, un gallo, un toro…
– Mia moglie, vedi, ha una vera mania, – rispose il guascone.
– Quando è di buon umore, si ostina a chiamarmi Pepito.
– Pi…