Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
Nuova Caledonia non è molto lontana, ve lo ripeto… A mezzogiorno farò il punto e accerterò la posizione della zattera. Può darsi che ci siamo spostati di venti o trenta miglia verso settentrione, una distanza però che non deve spaventarci e che possiamo riconquistare in poche ore se i venti di levante cominceranno a soffiare.
– E se don Ramirez nel frattempo arrivasse alla baia?
– Siamo in buon numero per tenere testa ai suoi uomini e per disputargli il tesoro, – disse il capitano. – Voi avete il talismano?
– Lo porto sempre addosso, insieme al documento.
– Vi ripeto, perdete pure tutto, fuorché quello, poiché la sua scomparsa segnerebbe la rovina della nostra impresa.
Si erano avvicinati alla tenda davanti alla quale stava seduta Mina con la fronte pensierosa e con il viso appoggiato alle mani.
– Morto, è vero? – chiese la giovane.
– Una disgrazia, señorita, che poteva toccare a me, a voi o a qualunque altro e che non deve impressionarvi, – rispose il capitano. – Don Pedro, tenete compagnia a vostra sorella. Poiché il sole sta per sorgere, voglio vedere se riesco a scoprire le montagne dell’isola.
Stava per allungare la mano verso il cannocchiale, quando gli sfuggì una sorda imprecazione mentre il suo volto diventava rapidamente pallidissimo e livido.
– Il cronometro non batte più! – esclamò con accento di terrore. – È impossibile che si sia fermato da sé. L’ho caricato dodici giorni fa.
Prese l’orologio e se lo accostò a un orecchio. I battiti non si udivano più. Il capitano rimase muto per alcuni istanti, guardando con smarrimento la cassetta di vetro che racchiudeva il delicato strumento, senza cui non poteva ormai fare più il punto per conoscere esattamente la latitudine e la longitudine; poi lo depose e si impadronì del sestante. Un’altra imprecazione, che parve un ruggito, gli proruppe dalle labbra. Tre specchietti dello strumento erano spezzati e i loro frammenti giacevano in fondo alla cassa. Il capitano gettò intorno uno sguardo di furore. Tutti i marinai erano inginocchiati presso il cadavere di Cardozo. Solo Emanuel, il mozzo, se ne stava a poppa, seduto presso l’orlo della zattera e occupato, a quanto pareva, a sorprendere qualche pesce.
– Qui è stato commesso un infame tradimento! – esclamò. – il sestante e il cronometro sono stati guastati da qualche mano nemica. Ma da chi? Da chi? Io non ho mai dubitato della lealtà dei miei uomini che conosco da molti anni. E poi perché privarmi di questi strumenti?… Reton! A me!
Il bosmano, che stava in quel momento attraversando la zattera per riprendere il suo posto al lungo revoche serviva da timone, si fermò.
– Vieni qui insieme a don Pedro, – gli disse il capitano con voce alterata.
– Che cosa avete, signore? Mi sembrate atterrito.
– Taci, fa presto.
Il bosmano corse verso la tenda, chiamando il giovane che stava discorrendo con Mina, poi entrambi raggiunsero il comandante il quale teneva l’indice della mano destra puntato verso la sfera piccola del cronometro, ripetendo:
– Le undici e venti! Le undici e venti! Non un secondo!
V. UN TRADIMENTO MISTERIOSO
I lineamenti del comandante dell’Andalusia erano così alterati, che don Pedro e il bosmano si erano subito chiesti se qualche altra terribile disgrazia stava per colpire i superstiti del naufragio.
– Siete spaventato o incollerito, don Josè? – chiese don Pedro. – Che cosa vi è accaduto dunque per essere così agitato voi che ho sempre visto così calmo e freddo?
– Un momento, don Pedro, – disse il capitano. – Reton, chi vegliava questa notte, alle undici e venti minuti?
– Io, signore
– Chi c’era con te?
– I quattro marinai d’Iquique e il mozzo.
– Dov’eri tu?
– Al timone.
– E gli altri?
– Tutti intorno a me.
– Sei ben sicuro?
– Sì, comandante. Solo Emanuel era a prora.
– Di quel ragazzo non mi occupo, – soggiunse il capitano, alzando le spalle. – Hai visto nessuno accostarsi a questa cassa.?
– No, nessuno.
– Pensa bene, Reton, poiché si tratta di scoprire un traditore.
Il vecchio frugò e rifrugò nel suo cervello poi rispose senza alcuna esitazione:
– Sono sicurissimo che nessuno dei marinai di guardia si è accostato alla tenda.
– Quando hai lasciato il timone?
– Verso le undici, nel momento in cui il dugongo aveva mandato il primo grido.
– E sei andato a prora solo?
– No: tutti mi avevano seguito perché speravano di poter sorprendere e catturare il cetaceo.
– Allora qualcuno deve aver approfittato di quell’istante per commettere l’infame tradimento.
– Ma quale tradimento? – chiesero ad una voce Reton e don Pedro, vivamente impressionati dalle parole del comandante.
– Un miserabile ci ha guastato il sestante e anche il cronometro per impedirmi di fare il punto.
Il bosmano e don Pedro si erano guardati l’un l’altro con stupore. Ci fu fra i tre un lungo silenzio. Si sarebbe detto che non osavano più parlare.
– È un’infamia! – proruppe finalmente il giovane. – Ignora dunque quello sciagurato che cercando di perdere noi perde anche se stesso? Non sospettate di nessuno dei vostri uomini?
– Io ho sempre trovato in loro dei bravi marinai e non ho mai avuto a dolermene, è vero, Reton?
– No, mai, sono stati scelti con cura da me, – rispose il bosmano.
– Eppure il traditore deve nascondersi tra di loro.
– Certo, don Pedro, – soggiunse il capitano. – Siamo in pieno Oceano e nessun altro avrebbe potuto abbordare inosservato la zattera.
– Di chi sospettare? – brontolava con ira. – Se potessi trovarlo, parola di Reton che lo butto ai pescicani… E non poter fare più il punto! Miserabile assassino! Guai se ti prendo!
– Don Josè, che cosa farete ora? – chiese don Pedro dopo un altro momento di silenzio.
– Abbiamo ancora le bussole e con quelle possiamo dirigerci, – rispose il capitano. Non potremo certamente trovare lì per lì la baia di Bualabea, tuttavia, presto o tardi, le coste della Caledonia le raggiungeremo. Quello che vi raccomando per ora è di mantenere il più scrupoloso silenzio per non scoraggiare i marinai. Sorvegliamo attentamente tutti, senza darlo a vedere, e non perdiamo di vista le bussole. La mano infame che ha guastato il sestante e il cronometro potrebbe rovinare anche quelle e allora sarebbe finita per noi.
– Una domanda ancora, don Josè, – disse il giovane. – Vedete in questo tradimento la mano di Ramirez?
– Non ne dubito. Quel furfante deve aver comperato, forse a peso d’oro, qualcuno dei nostri uomini. Giuro però su Dio, che se io riuscirò a sorprendere il traditore lo ucciderò.
– Anch’io, – aggiunse il bosmano. – Gli pianterò il coltello nel cuore.
– Al timone, Reton. La brezza si alza a levante: cerca di dirigerti sempre verso nord-ovest.
– Contate su di me, capitano.
Don Josè prese il cannocchiale e si diresse verso prora seguito da don Pedro. I marinai erano ancora inginocchiati intorno alla salma del povero Cardozo, borbottando di quando in quando qualche preghiera. Solo uno di loro era occupato a fare a pezzi, non senza un certo