Novelle umoristiche. Albertazzi Adolfo
v'entrò da una porticella, e al lume d'un fiammifero vide ove mettersi: su poco strame, dietro un pezzo di macina; nè egli chiedeva più tenero letto a riposare dalla dura battaglia. Ivi attenderebbe il giorno: per i giornali manderebbe il primo ragazzo o galantuomo che transitasse per la via e a cui farebbe credere, ridendo, che gli era caduto il cappello dal ponte. Freddo gli sembrava assai, ma sopportabile a chi non temeva il freddo della morte… Così, nell'attesa, si mise a pensare a cose che lo distraessero. Le altre sere a quell'ora, se non aveva teatro, giocava a biliardo col marito di… «Non pensiamoci!» (Non voleva pensare a donne, per non intenerirsi)… Ma quel marito, via!, non giocava mica male; anzi, da competitore formidabile… E il delegato Rosta?.. Un bravo amico, questo; sincero, sebbene questurino; giocatore mediocre a suo confronto, eppure vincitore in una classica partita… Che meraviglia! Era stato al tempo delle prove… Oh le sudate prove della Sposa!..; con quei violini che non andavano; con quella cornetta… Benvoluto da tutti, però; rispettato; temuto. Gli artisti di vaglia hanno in sè qualche cosa che fa perdonare ogni scatto. Per esempio, egli qualche volta era stato feroce; e mai un lamento. Solo Camandri, il bombardone, aveva detto a un compagno, dopo la seconda prova: – Se torna a darmi della bestia in orchestra, lo fracasso con lo strumento. – Ma lui, alla terza prova: – Camandri: è un la! un la! un la!, corpo di!..; e Camandri, giù gli occhi e il bombardone a posto; frenato e impaurito da quello sguardo…
Sparsasi la triste notizia fra i suonatori e i discepoli, quanti non direbbero, con certo orgoglio: – Bravo maestro! Gli uomini di fegato e di carattere fanno così; non scappano come quel mercante traditore… – A proposito! (fe' Bonarca) I tre soldi per i giornali? – Li aveva; aveva il resto dell'ultima lira, che si era tratta di saccoccia per l'ultimo cognac…
Dunque?
Dunque, poichè si fu riacconciata la paglia addosso ed ebbe appoggiato il capo alla pietra… a poco a poco, senza perdere il coraggio, s'addormentò.
III
«Il nostro valente capobanda, l'esimio maestro, il fortunato autore della Sposa selvaggia, nel quale tante speranze riponevano gli ammiratori concittadini, l'arte e la patria, ierisera si è miseramente ucciso gettandosi nel canal Torbo. Povero, illustre amico! Quale fu la causa che ti condusse al triste passo nel fiore della balda giovinezza destinata a uno splendido avvenire? Noi, a cui la commozione e l'ora d'andare in macchina impediscono d'enumerare adesso tutti i meriti del perduto amico, noi non solleveremo il velo della sua tomba. Noi rispettiamo il segreto e il desiderio del maestro Bonarca. Solo per debito di cronaca accenneremo che, appena sparsasi l'infausta notizia, si è vociferato in città di un amore infelice…»
– Un amore infelice? – esclamò Bonarca, stupito, non comprendendo, da prima il perchè di quella invenzione. – Infelice in amore lui, che delle amanti ne aveva avute tre in una volta: una nubile, una maritata e una nè maritata nè nubile? Infelice in amore un uomo della sua forza (con quei baffi)? Alla prima rappresentazione della Sposa, quando si voltava indietro a ringraziare il pubblico, non vedeva che, volendo, tutte le signore dei palchetti, in isplendide toilettes, sarebbero state sue? Ma di fra le righe della necrologia gli venne la luce; afferrò la ragione della pietosa menzogna; si commosse fino alle lagrime.
Per la ragione stessa gli parve anche più nobile e felice la trovata del Radicale, che gli dedicava un articolo di due colonne.
«Sposa selvaggia, addio!
«Io morirò per te!
«Lui! lui!, il povero compositore, è morto per la sua sposa; e la sua sposa – noi lo sappiamo – era l'arte. Un artista tanto più è grande quanto più è grande il concetto che ha dell'arte sua. Povero Bonarca! Aveva appena colti i recenti allori e non ne godeva; ne soffriva anzi, perchè gli sembrava di non aver fatto nulla in confronto a ciò che fecero Rossini e Verdi, Beethoven e Wagner: a ciò ch'egli temeva di non poter fare! E la bell'anima seguendo la mente alata che volava alla gloria, su in alto, nell'armonia dei cieli, si è sbigottita, è caduta, è precipitata nel canal Torbo.
«Io morirò per te!
Più breve, sebbene prodigo anch'esso di lodi, il Vero cattolico concludeva:
«Il nostro cordoglio è grande, avvegnachè nemmeno per il maestro Bonarca possiamo trovare un'eccezione alla regola della religione e della coscienza. Ripetiamolo a norma dei nostri lettori dilettissimi: Ogni suicida è un peccatore che o mancando di fede ha patito l'influenza del demonio, o è soggiaciuto a una improvvisa demenza.»
Proprio così: nell'opinione dei giornali, cioè nell'opinione pubblica, egli poteva, doveva essersi annegato o per il diavolo, o per il cervello voltosi sossopra, o per la donna, o per l'arte; non per la causa vera, nota a tutti. Come dire: che un artista il quale s'ammazza per i debiti non è artista. E questa era la ragione di quelle menzogne.
Ma artista e grande lo proclamavano tutti; con sincerità evidente, perchè essendo morto, nessun interesse lo legava a quei giornalisti; e perciò annegandosi egli compirebbe una corbelleria. E questa era la ragione del buonsenso.
Ecco l'efficacia d'un giusto conforto! ecco la necessità della logica! Doveva lamentare d'aver deposto il paletot con in tasca la lettera, sul ponte. Ma se non avesse deposto il paletot, non si sarebbe convinto della sua postuma gloria. Doveva lamentare di non essersi annegato subito. Ma se si fosse annegato subito non avrebbe appreso che annegarsi per debiti è una corbelleria. E, d'altra parte, non impunemente si scrive a un questore «mi uccido»; giacchè il ridicolo è anche peggio dell'onta, nè v'è cosa che più muova a disprezzo e a riso del venir meno per viltà a una faccenda seria come il suicidio. Ah! che errore non essersi buttato nell'acqua la sera innanzi mentre passava il birocciaio! Buttarcisi ora, in vista a qualcuno il quale lo salvasse, sarebbe peggio che peggio! A quest'ora nell'opinione pubblica egli era morto; cadavere era, quando a mente fredda (e si sentiva tutto intirizzito dal freddo della notte) rifletteva che alla fine il diavolo non è brutto come si dipinge e i creditori non sono crudeli quanto s'imagina; che agli artisti meritevoli della stima universale non mancò mai, alla fine, un insperato soccorso; che se egli, da quell'uomo coraggioso che era, avesse vinta l'ultima battaglia, l'avvenire l'avrebbe consolato di gloria e di quattrini. Morire, misero Bonarca, quando a' suoi occhi d'artista natura e vita apparivano così belle, pur nel grigio mattino autunnale, tra i miasmi del padule e nella desolazione dell'abituro ov'egli era tornato a gemere! Oh la natura! Udiva il cinguettare dei passeri; un lontano abbaiare; un lontano scampanare a festa e, giocondo, lo squasso dello sciacquatoio. Oh ammirare ancora una volta il sole, il verde!
Per vedere, si affacciò alla finestra… Ma si ritrasse d'urto, atterrito: due carabinieri, preceduti da un signore nero, in abito nero… (Forse l'amico Rosta? Il delegato Rosta? il compagno delle partite a biliardo?..) si avvicinavano al mulino. Ad arrestar chi? lui? per i debiti? per simulato suicidio?.. con le pertiche? Rosta! Confuso, spaventato quasi, il maestro s'avvolse nella paglia, si ritrasse in sè…
Le voci s'avvicinavano sempre più; si fermarono proprio sotto la finestra, chiarendosi benissimo la voce dell'amico Rosta. Ma non entrarono.
… – Che imbecille! poteva ammazzarsi in altro modo. Cinque ore di perlustrazione, signor delegato: siamo proprio stanchi!
– Certo, poteva impiccarsi!
– O farsi saltare il cervello.
E la voce del delegato amico gridò, forse a quelli delle pertiche:
– Spicciatevi, ragazzi!
Poscia:
– Se avesse posseduto un revolver, caro brigadiere, l'avrebbe venduto in piazza…
A chi si riferivano tali parole? Per fortuna l'amico s'interruppe di nuovo a chiedere con voce più alta:
– Si sente? C'è?
Da lungi uno rispose:
– Niente!
Proseguiva il dialogo, mentre proseguiva la misteriosa ricerca.
– Dicono che avesse da dare anche