Novelle umoristiche. Albertazzi Adolfo

Novelle umoristiche - Albertazzi Adolfo


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lontana correr via, maledetta!, Luisella; poi non vide più che la signora, morta!

      – Claudia! Claudia! – invocava disperato, anelante, bianco di terrore in faccia, e tutto inzaccherato. Ma il ciclista giungeva avvertendo: – Io medico! medico, io! – ; e affannoso anche lui, colui s'inginocchiò a slacciare il busto della poverina e a richiamarla in vita; mentre Gianni, che non aveva mai vista una donna svenuta, si strappava i capelli e ripeteva: – Morta!

      Ma ecco il miracolo: rinvenne: sospirò: emise un gemito lungo…

      – Rotta! – fece lo straniero nel deporla con cura.

      Gianni lamentava: – Claudia! Claudia! Ah sì! la poverina s'era rotto un braccio! Ora bisognerebbe descrivere l'animo di Limosa, in cui combattevano e si confondevano la voglia di ammazzare il ciclista a pugni, e dolore, amore, disperazione, speranza; bisognerebbe rappresentarlo nell'angosciosa attesa della carrozza mandata a prendere alla villa per un contadino; ma sarebbe cómpito arduo non meno che rintracciar le parole italiane, francesi, tedesche con cui quel medico straniero pregava la pericolata che facesse il piacere di ricuperare i sensi per non ismarrirli di nuovo, subito dopo. Tre volte ella tornò in sè a gemere, da sul cuscino, ch'era caduto con loro dalla charrette; finchè alla quarta rimase, più dolente e piangente, in vita.

      Adagiatala, quando Dio volle, su la carrozza – poichè il forestiero raccomandava di portarla al luogo più vicino – la trasferirono senza scrupolo a Villa Limosa. Del resto, il medico ciclista la credeva moglie del signore. E con gran premura accertò Gianni che, fuori del braccio, votre femme non aveva patito danno notevole; e si compiacque a fare lui, benissimo, la fasciatura; e lasciò qualche consiglio pel collega italiano che arriverebbe dal paese; e dimandò, a solo compenso, la firma nell'album dei ricordi. Infine, lieto d'essere stato utile, saltò in bicicletta e buon viaggio! – Al diavolo!

      Era a quel che aveva detto e a quel che si seppe poi, un medico di gran nome; il quale per provare i benefizi della ginnastica e per convincere della sentenza mens sana in corpore sano faceva il giro del mondo in bicicletta.

      IV

      Il giorno dopo Claudia chiamò Gianni e gli disse:

      – Iddio mi ha castigata, amico mio!

      A che, triste, l'amico:

      – Ci ha castigati tutti e due; purtroppo!

      – Avrei preferito – essa aggiunse – rimetterci il braccio che offendere il mio buon nome. Pensate: sono in casa vostra!

      Ribattè Limosa:

      – E io? tocca a me rimediare!

      – Io – soggiunse la signora – sperava di non rimaritarmi se non di mia spontanea volontà.

      – E io – ribattè Gianni – non voleva sposarvi prima di esser certo di tutto il vostro amore… Claudia – pregò – , me ne date almeno un poco?

      Ella tacque; poscia rispose:

      – Sono così dolente della percossa che non ho più forza di sentir altro. Lasciate che mi ricuperi l'anima, che possa riflettere, che mi ricordi.

      Più tardi lui tornò da lei; ed ella gli disse come se dicesse una cosa buffa:

      – Mi ricordo che quando mi parve d'andar per aria e invece andavamo in terra, sentii che con voi morivo volentieri.

      Ah! quale allora il cuore di Gianni! Ella lo amava! lo amava sul serio! Così, finalmente, un purissimo bacio fu suggello alla promessa fede di quelle due anime oneste.

      Dopo il quale, Gianni corse nella scuderia a veder Luisella; e, a vederlo, Luisella, ch'egli aveva bastonata a furia, nitrì senza rancore e senza rimorso.

      Se la puledra avesse perduto il vizio, Claudia si sarebbe mai accorta di amarlo fino a sentire di morir volentieri con lui?

      No. Dunque il grave odio, l'ardente ira da cui il giorno prima egli era stato infiammato contro Luisella, non solo per la caduta di Claudia ma per la ricaduta d'essa, la puledra, nell'antico fallo (e se non fosse stata una bestia, certamente l'avrebbe uccisa), ora divenne fervida e carezzevole riconoscenza. Gianni Limosa abbracciò al collo la sua cavalla.

      V

      Appena in grado di levarsi la signora partì per la città ad affrettarvi i preparativi delle nozze e la riparazione dello scandalo: questo tanto più ingiusto in quanto che era seguito a una disgrazia grave. Ma incrudelivano nelle chiacchiere i vecchi compagni di gioco; e quindi una nuova ragione per Limosa a detestare le carte. Egli, in quel mentre, rimeditava la purissima luna di miele anticipata; le ore di felicità trascorse al letto dell'inferma quando, parlassero o stessero cheti, sì dolci cose s'erano dette.

      Era un fenomeno stranissimo: pareva a Gianni che Claudia si adattasse a lui con le parole, gli sguardi, i sorrisi, le intenzioni del pensiero e dell'animo; nè avvertiva che lui s'adattava a lei, s'ingentiliva, poetizzava sè medesimo; e parlava a voce sommessa; e camminava in punta di piedi…

      Come ebbero risoluti tutti i problemi della felicità avvenire e scelti i luoghi da stare durante le quattro stagioni, e i viaggi da fare, e i metodi da tenere nell'educazione dei figlioli maschi e femmine, e contenuti i trasporti d'amore, per divagarsi si eran dati alle Letture. Limosa leggeva I tre Moschettieri, ritrovandosi non in Porthos, a cui rassomigliava un poco, ma in D'Artagnan; ed ella trovando lui in Aramis, al quale non rassomigliava affatto. Oh la beatitudine di quelle ore!; la gioia di comprendersi a vicenda, di conoscersi ogni dì meglio!

      Inutile dire che le carte non eran state desiderate dalla signora, la quale avrebbe dovuto giocare (ohibò!) con un braccio solo e sul letto; e che il buon Limosa alle carte quasi non ci pensava più. Pensandoci diceva tra sè: «Se mi sbagliai nel metodo di correggere Luisella, che è una bestia, non sbagliavo certo per Claudia, che è un angelo. Nessun dubbio che dalla mia abnegazione era già nata la pietà, e che dalla pietà sarebbe venuto l'amore. Luisella però – che sia benedetta in eterno! – l'ha fatta innamorare e guarire del vizio in un colpo solo. Adesso posso star sicuro che di gioco non se ne parlerà mai più.» Infatti chiodo scaccia chiodo, o un diavolo scaccia l'altro.

      Compiuti dunque i preparativi, subito Claudia telegrafò: Sono pronta; e Gianni, che era pronto da un pezzo, accorse…

*

      … I testimoni e i congiunti più stretti hanno accompagnati gli sposi alla ferrovia, ammirando la disinvolta esperienza nella sposa, la semplicità d'uomo un po' inesperto in certe cose di circostanza, ma sicuro di sè, nello sposo. E senza lagrime si affrettan gli addii; sono giocondi gli auguri di buon viaggio.

      Tatà… Un fischio… Partenza!

      Nè il treno è ancor fuori della tettoia che già lo sposo tira le tende della carrozza, forse perchè il sole a loro festa dardeggia i cristalli, o perchè non gl'importa, a Gianni, della veduta esterna. Or come la sposa lascia cadere il mazzo di fiori, che effondono una fragranza soverchia, lo sposo mormora:

      – Finalmente soli! liberi! Sei mia, Claudia! Legàti per sempre! Oh Claudia!

      Ella sorride in un modo, in un modo…

      Ma ecco: si alza, si svincola; e mentre col braccio risanato trattiene lui e l'impedisce, dalla tasca del mantello trae fuori un pacchetto, e mostrandolo vittoriosa, gloriosa, irresistibile:

      – Facciamo una partita?

      Doni nuziali

      I

      … – Gioielli, no; che a te come a me non piace il lusso; e neanche alla sposa, speriamo. Dunque?

      – Ma niente, zio… Non si disturbi!

      – E tu dàlli! Torno a dirti che non voglio sfigurare in faccia a nessuno. Cosa daranno i parenti della sposa, quelli così signori? E i testimoni?

      – Ma…

      – Eh eh! Me l'imagino: chi la spilla, chi le boccole, chi il monile… Vedrai…: sciocchezze, grandezze! moda! fumo, insomma! Ma se io avessi preso moglie (non l'ho presa perchè le donne costano), primo patto: fuori di casa i parenti


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