Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele
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CAPITOLO III
Contro lo scellerato signore s'era levata la colonia siciliana, Arabi e Berberi al paro; e da quattro anni tenean fermo, succedendo a lor posta i tumulti d'Affrica, quando, l'ottocento novantotto, non so per qual ribollimento di sangui o magagna d'Ibrahim, tornarono i Berberi ad assalire il giund. Vedendo fitti i coloni nell'assurdo intento di scuotere il giogo senza cessare di straziarsi l'un l'altro, Ibrahim, ridendosene, entrò di mezzo: scrisse ad ambe le fazioni ch'ei perdonerebbe, se tornassero alla ubbidienza, e che sarebbe contento a gastigare i capi soli; ch'erano, dei Berberi un Abu-Hosein-ibn-Iezîd, coi figliuoli; e del giund un Hadhrami, oriundo, come lo mostra tal nome, dell'Arabia meridionale. Affrettaronsi i sollevati a consegnarli di peso alle soldatesche affricane, di presidio, credo io, a Mazara: dalle quali furono imprigionati, imbarcati per l'Affrica, e quivi dati al supplizio. Il Berbero, per fuggirlo, bevve un veleno che di presente lo fe' morire; talchè non rimase ad Ibrahim che d'appiccare il cadavere al patibolo e scannare i figliuoli del suicida. Sfogò con nuovo argomento di tortura sopra l'Hadhrami. Fattoselo recare innanzi, disse a un carnefice pien di facezie, come tanti ve n'ha, che tentasse il condannato con motteggi e buffonerie: e quando il misero cominciava a sperarne salvezza e gli spuntava il riso in faccia, “No,” proruppe Ibrahim, “non è ora da burle:” e fe' cenno al manigoldo; il quale a colpi di bastone lo ammazzò.136
Mandava poi Ibrahim a reggere la Sicilia un uom di sangue aghlabita, statovi emiro, com'e' sembra, una ventina d'anni innanzi, per nome Abu-Mâlek-Ahmed-ibn-Omar-ibn-Abd-Allah.137 Con la riputazione del casato sperava il tiranno lusingare o tenere in rispetto i popoli; e con la imbecillità della costui persona si fidava governar la colonia a suo piacimento dall'Affrica. Ma le due inveterate discordie che sopra toccammo, non si poteano comporre sì di leggieri; e per giunta gli sdegni, i rancori, i rimproveri, che tengon dietro ad una rivoluzione repressa, fecer nascere nuove scissure. Donde l'anno ottocento novantanove, tante piccole fazioni, confusamente combattendo, empiean la Sicilia di sangue.138 Per ovviare alla debolezza di Ahmed, dicon le croniche, o piuttosto per domare la Sicilia nel solo modo che si poteva, Ibrahim vi mandò un esercito poderoso, capitanato dal proprio figliuolo Abu-Abbâs-Abd-Allah, vincitor dei ribelli d'Affrica.139
Salpò costui con centoventi navi da trasporto e quaranta da guerra, il ventiquattro luglio del novecento; arrivò a Mazara il primo d'agosto;140 donde movea all'assedio di Trapani. A ciò l'esercito palermitano, ch'era uscito a far guerra contro que' di Girgenti, si ritrasse immantinente alla capitale; e inviò al campo affricano il cadi e parecchi sceikhi, a protestare obbedienza verso il principe, e scusarsi, bene o male, dello assalto sopra Girgenti. Vennero al medesimo tempo messaggi di cotesta città a dolersi dell'esorbitanza dei Palermitani: e sufolarono all'orecchio di Abd-Allah, non si fidasse di quel popol contumace, senza legge nè fede, nè di sua simulata e frodolenta sommessione; e che, se volea pescare al fondo della magagna, chiamasse di Palermo il tale e il tale, e se ne chiarirebbe. Ed ei sì chiamolli: ma ricusarono; e tutta la città dichiarò che non andrebbero. Abd-Allah, a questo, ritien prigioni gli oratori palermitani, rilasciato il solo cadi; e poco appresso mandavi, a portar forse orgogliosi comandi, otto sceikhi affricani. Gli Arabi di Palermo a lor volta li imprigionavano; e risolveansi a tentar la sorte delle armi. Fu capo in questo periodo di rivoluzione un Rakamûweih, uom di nome persiano. Fu emir degli stolti, dice amaramente Ibn-el-Athîr che visse tre secoli appresso: contemporaneo del gran Saladino, scrittor non servile, incapricciatosi d'Ibrahim-ibn-Ahmed, per quella sua feroce severità. Perciò doveano parere savii ad Ibn-el-Athîr coloro che di queto si lasciasser divorare dalla tigre; perciò l'annalista metteva in non cale i dritti dei Musulmani, le sacre franchige calpestate da Ibrahim, valorosamente difese dal popol di Palermo!
Lascio indietro, perchè sembra error di compilazione, l'episodio narrato da un altro storico:141 che i Girgentini, dopo di avere stigato Abd-Allah, si unissero coi Palermitani contro di lui. Movea di Palermo il dì quindici agosto, alla volta di Trapani, lo esercito capitanato da un Mesûd-Bâgi.142 L'armata d'una trentina di vele uscì non guari dopo: fu colta da una tempesta nella breve e difficile navigazione ch'è da Palermo a Trapani, onde la più parte dei legni perì; quegli scampati, senza potere altrimenti offendere il nemico, si ridussero a casa. L'oste intanto assaliva il campo affricano sotto Trapani: si combattea fieramente da ambo le parti con gran sangue, e rimaneva indecisa la vittoria. Ma il ventidue agosto, rappiccata dai Palermitani la zuffa, mantenuta con uguale fortuna infino a vespro,143 prevalse in ultimo la esperienza di guerra di Abd-Allah, o il numero degli Affricani che arrivava al certo a quattordici o quindici mila nomini, se si risguardi ai centoventi legni che li avean portato. Abd-Allah, usando la vittoria, prese la via di Palermo su le orme del nemico; indirizzò a Palermo l'armata che aveva ormai libero il mare, e poteva assaltare la città e molestar anco l'oste che si ritraea. Lenti e minacciosi ritraeansi i Palermitani, come quelli che sapean difendere patria e libertà; sì che fecero far al vincitore una sessantina di miglia in quattordici giorni; e al decimoquinto, che fu l'otto settembre, gli presentaron la terza battaglia. Pugnarono dieci ore continue dall'alba a vespro, in una delle due valli, credo io, che sboccano nell'agro palermitano a dritta e a sinistra di Baida.144 Alfine menomati, rifiniti, sopraffatti, sbaragliaronsi fuggendo verso la città vecchia: gli Affricani da vespro a sera ferono orribil macello di loro; occuparono i sobborghi; saccheggiaronli,145 a spreto della legge che vietava di por mano nella roba e nel sangue dei ribelli musulmani. Con tuttociò non si fa ricordo di enormezze come quelle di Tunisi, dalle quali rifuggia l'animo alto e gentile di Abd-Allah. Gli increbbe anco della battaglia, se ci apponghiamo al sentimento di tre versi, che improvvisò in Sicilia, forse quel dì stesso; nei quali, disgustato delle stragi, incendii e distruzioni, quel prode, sospirando, pensava a qualche giorno tranquillo, vivuto nei giardini di Rakkâda, in mezzo alle sue donne e figliuoli.146
Palermo ingrossando di quartieri suburbani, stendeasi in questo tempo dalla parte di scirocco infino alla sponda dell'Oreto; da ponente ne saliva una catena di abituri per due miglia e più infino al villaggio di Baida, ossia alle falde dei monti: sobborghi sì importanti che racchiudeano da dugento moschee e però vi si debbon supporre a un di presso due quinti di tutta la popolazione palermitana.147 Su quel vasto aggregato di ville da diletto ed umili case della gente industriale, torreggiava la città antica, afforzata di bastioni e di lagune, il Cassaro come l'appellarono gli Arabi, spaziosa cittadella di figura ovale che tenea quasi il mezzo dell'odierna città.148 Occupati i sobborghi dal nemico, i cittadini si difesero nel Cassaro per dieci giorni e stipularono un accordo; onde furono schiuse le porte ad Abd-Allah, il diciotto settembre. Per patto, o innanzi che si fermasse, grandissimo numero di cittadini con lor donne e figliuoli andavano a rifuggirsi in Taormina; Rakamûweih e i più intinti nella rivoluzione facean vela chi per Costantinopoli, chi per altri paesi di Cristianità, ove mai non potesse arrivare il braccio d'Ibrahim. Dopo lo sgombro, rimase pure uno stuolo di ottimati sospetti che Abd-Allah inviava al padre in Affrica; forse di quelli cui non v'era pretesto ad uccidere, poichè le croniche non parlan di supplizio loro. Così riluce per ogni verso la umanità del vincitore.149
Sì lunghe discordie non poteano ignorarsi dai Cristiani. Que' di Val Demone le aveano usato nella tregua dell'ottocento novantacinque, nella quale sembra entrato, allora o poi, lo stratego di Calabria; atteso che Giovanni Diacono di Napoli dice provocata da cotesto accordo la guerra di Abd-Allah in quella provincia.150 Nel medesimo tempo Sant'Elia da Castrogiovanni, ancorchè ottuagenario e infermo, si apprestava a ripassare in Sicilia, lusingato, forse richiesto, dall'imperatore Leone il Sapiente: Elia da Castrogiovanni, stato ausiliare di Basilio Macedone nel tentato racquisto dell'isola venti anni innanzi; e il vedremo tra non guari incoraggiare, a modo suo, all'estrema difesa il popolo
136
Confrontinsi: il
137
Veggasi il Libro II, cap. IX, p. 390 del 1º vol., nota 4. Ho scritto il nome come si trova in Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167 recto; e MS. di Bibars, fog. 123 recto. Il Nowairi,
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Occorre di aggiugnere che il nome di Francoforte o altro simile non poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, nè v'è mai stato. Il comune attuale di Francofonte, e non Francoforte, fu fondato nel XIV secolo.
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Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167; MS. di Bibars, fog. 123 recto. Il Nowairi, nella
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La Cronica di Cambridge dice che Abd-Allah “passò” di Affrica a Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athîr che “arrivò” in Sicilia il primo di scia'bân, che risponde al primo agosto.
141
Questi è Ibn-Khaldûn, nella
142
Nei due MSS. di Ibn-el-Athîr si trova il secondo nome senza punti diacritici. Credo vada letto Bâgi. Questo, a detta del
143
Traduco “vespro” la voce
144
Il
145
Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167, seg.; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.;
146
Questi versi sono trascritti da Ibn-el-Athîr nella notizia biografica di Abd-Allah, anno 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. C, tomo IV, fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con qualche variante da Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso. Mettendo nell'ultimo verso un punto diacritico sotto la
“Bevo la salutar bevanda, in terra straniera, lungi da' miei e dalla mia casa:
“Ahi! soleva altre volte appressarla a'labbri, quand'io tutto olezzava di muschio e d'aloe;
“Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra i vortici del fumo e il polverio.”
Ho reso “salutar bevanda” la voce
147
Iakût nel
148
Oltre ciò che ho detto su la topografia di Palermo nei capitoli precedenti, veggasi Ibn-Haukal,
149
Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr; il
150
Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il Gaetani,