Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2. Botta Carlo

Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - Botta Carlo


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parte del popolo, ma sibbene questo signoreggia, e, perpetuamente armata essendo, è sempre apparecchiata a mandar ad effetto le leggi ed i comandamenti del principe. Per lo contrario nelle colonie inglesi la milizia non era altra, ma sì la stessa col popolo, e, mancata questa, mancava di necessità ogni nervo del governo. Tuttavia i governatori si adoperarono più o meno efficacemente, secondo la natura e circostanze loro, nel voler mantenere l'autorità del Re; dal che ne nacquero memorabili effetti, siccome in appresso si vedrà, e l'estinzion totale del governo regio.

      Abbiamo già notato i disgusti che correvano tra lord Dunmore e l'assemblea, e generalmente tutti i popoli della provincia di Virginia. Nuovi umori si mossero, tostochè arrivarono dall'Inghilterra le novelle della provvisione d'accordo del lord North, e si può dire, che un mezzo, che portava in titolo la pace e la concordia, sia stato la cagione, non solo di discordia, ma di aperta guerra. Il governatore pose innanzi gli occhi dell'assemblea, che fu a quest'uopo convocata, la provvisione, dicendo molte cose della bontà del Parlamento. Ei si lasciò anche intendere, che il frutto della condiscendenza loro sarebbe stato l'annullazione delle lamentate leggi. Ma le dolci parole poco profittavano negli animi esacerbati e nelle menti insospettite dei Virginiani. L'assemblea, che voleva la gara, in vece di entrare nella disquisizione della proposta, venne tosto in sulla querela del magazzino, e voleva che si ristorasse. Ma non potendo ciò fare senza il consenso del governatore, mandarongli dicendo, fosse contento, vi potessero entrare. Qui nacquero le altercazioni, e mentre tra il sì ed il no si tenzonava, ecco che il popolo a calca vi fè impeto dentro, e ne portò via le armi. Ma se prima erano alterati, ora, veduto lo stato in cui si trovava, entrarono in grandissimo furore; la polvere guasta; i focili tolti dagli archibusi; ogni cosa mancante, artiglierie piantate, ed effetti predati nell'ultime turbolenze.

      Il governatore, veduta la mala parata, si ritirò colla sua donna ed i figliuoli a bordo di una nave da guerra, ch'era sorta in sull'ancore presso Jork-Town nella riviera di questo nome. Prima di partire lasciò un messaggio indiritto all'assemblea, col quale dopo di aver narrato, che in rispetto al pericolo, ch'egli e la sua famiglia correvano per causa della infuriata moltitudine, aveva cosa prudente stimato di ritrarsi ad un luogo di sicurezza; annunziava, ch'ei desiderava, continuassero le bisogne loro; che dal canto suo avrebbe continuato ad esercitare l'uffizio; e mandassero, secondo che mestiero ne sarebbe, alcuni dei membri loro a conferir con lui a bordo della nave sugli affari che correvano.

      Rispose l'assemblea, che non potevano recarsi a credere, che alcuno vi fosse in mezzo ai Virginiani d'animo così scellerato, che fosse capace di trascorrere all'eccesso, del quale il governatore apprendeva. Si lamentavano, ch'ei non gli avesse fatti consapevoli dei suoi timori prima di abbandonar la sede del governo; che avrebbero volonterosamente tutti quei partiti abbracciati, ch'egli stesso avesse saputo proporre per la sicurezza sua e della sua famiglia; che in quel luogo così sconcio non era possibile di seguir il corso degli affari con quella convenevolezza e celerità, che richiedevano. Lo pregavano perciò, ritornasse, soddisfacesse all'impazienza dei popoli, e gli disponesse con questa pruova di confidenza alla quiete ed alla concordia.

      Il governatore rescrisse molto acerbamente, perchè questi moti popolari troppo più, che non si conveniva, gli perturbavano l'animo. Ritornò però in fine sulla provvision dell'accordo, conchiudendo, che sarebbesi recato a felicità sua, se avesse potuto esser l'istrumento della concordia tra le disgiunte parti dell'impero britannico.

      La mansuetudine del fine non era valevole a mitigare l'acerbità concetta negli animi per le male parole del principio della lettera. E se questa fu aspra, nissun dubiti, che la risposta dell'assemblea non lo sia stata molto più. In rispetto poi alla provvisione d'accordo risposero, ch'essa era vana ed insidiosa. Conchiusero, che cambiava bene il modo dell'oppressione, ma non la levava; perciò non la volevano accettare.

      Stando in tal tempera gli animi da ambe le parti, le altercazioni eran senza fine. Finalmente avendo l'assemblea fatte le provvisioni, mandò dicendo al governatore, fosse contento di venire nella città di Williamsburgo per dar la ferma alle medesime. Rispose Dunmore, che non voleva la sua persona arrisicare in mezzo ad un popolo impazzato, mandassergli le provvisioni; le avrebbe esaminate. Venisse anche l'assemblea per fermar gli atti che avesse approvati. Qui fu fatto fine ad ogni pubblica corrispondenza tra il governatore e la colonia di Virginia. Se il governatore non voleva fidar sè stesso ai Virginiani, questi non vollero di vantaggio fidarsi in lui. Senza di che pareva anche una strana cosa, che in mezzo a tanti sospetti gli uomini principali di tutta una provincia andassero a mettersi a bordo di una nave da guerra affatto in balìa di una persona, che credevano avversa, e che avrebbe in tal modo potuto ritenergli, come statichi a' suoi ulteriori disegni.

      Ricevuta questa risposta l'assemblea vinse un partito, col quale dichiarò, che si avevano sospetti, che qualche sinistro disegno si tramasse contro il popolo di quella colonia. Perciò si avvertivano gli abitatori di star avvisati e pronti a difendere le proprietà e gl'inestimabili diritti loro. Fatte poscia protestazioni di lealtà al Re, e di amore verso l'antica patria si risolvettero, aggiornandosi al mese di ottobre. Così verso la metà di luglio cessò affatto il governo reale in Virginia, dopo ch'esso aveva bastato per ben dugento anni con universale soddisfazione dei popoli, e felicità di tutti.

      Ma soprastava grave travaglio e pericolo alla provincia. Si temevano sulle coste e sulle rive dei grossi e numerosi fiumi, che la bagnano, le correrie del nemico, che tanto prevaleva per le forze di mare. Nè si stava senza sospetto sugli schiavi, che in essa erano numerosissimi, e che Dunmore aveva dato intenzione di voler far rivoltare contro i padroni. Questa generazione d'uomini crudele, e crudelmente trattata, se si fosse congiunta con alcuni leali in quei primi momenti, in cui il governo virginiano era tuttavia così tenero, avrebbe potuto operare i più perniziosi effetti, e forse lo sterminio totale della provincia. Per la qual cosa fecero i Virginiani un convento, nel quale presero grandissima confidenza. Procedettero senza soprastamento alcuno ad assoldar genti, a procacciar munizioni, a far provvisioni di pecunia, ed a tutti quei partiti pigliare, che credettero poter partorire qualche benefizio alle cose loro.

      Escluso in tal modo Dunmore o per propria caparbietà, o dalla necessità delle cose dal proprio governo, non volle per altro, essendo egli uomo pratico nell'arte della guerra, abbandonar la speranza di ricuperar l'autorità; al qual tentativo l'invitavano oltre l'animo suo tenace e capace di ogni più grande disegno, anche il desiderio, che aveva grandissimo, di far qualche rilevata pruova in servigio del suo Re, e l'opinione, in cui egli era, che sarebbe nato qualche gran moto infra gli schiavi. Credeva eziandio, che fosse grande il numero dei leali, i quali non avrebbero, come ei riputava, mancato di romoreggiare, quando si fosse rappresentato con forti e numerose navi sulle coste, e per fino nel cuore stesso della provincia. La quale speranza, se non era affatto vana, non aveva però in sè certezza alcuna; ed il motto volgare, che dice, che chi vive nella speranza muore a stento, in nissun caso più pienamente si è verificato, che in questo. Ma questo sperare nelle Sette e divisioni intestine dei popoli sollevati è stato un errore comune in tutti i tempi, ed a tutti i capitani. In fatto però vennero a congiungersi col governatore tutti coloro, che venuti essendo in voce di popolo non potevan più rimanere sicuramente nella provincia, ed un certo numero di schiavi, gente tutta di mal affare. Con questi, e colle fregate da guerra, che là stanziavano, aveva in animo di poter fare qualche impressione di momento nei vicini luoghi. Ei non omise nemmeno nissuna diligenza per accrescere il suo navilio, per poter raccor più gente, e maggiormente alla terra avvicinarsi. Nel che avendo ottenuto il suo intento, poichè già aveva in pronto oltre le fregate un gran numero di navi minute, si mise all'opera, mostrandosi ora in questa parte, ora in quella. Ma di per sè non era abile a produrre qualche considerabil effetto. Sperava bensì, che il popolo avrebbe fortuneggiato, e pigliate le armi in favore del Re. Ma questa speranza fu vana. Allora stretto dalla necessità incominciò le ostilità, le quali riuscirono piuttosto una ladronaia, che una buona e giusta guerra. Cosa in vero brutta, che il governatore corresse con ogni sforzo ai danni della sua provincia, e fosse costretto ad accattar colla forza i viveri, dei quali abbisognava. E che dall'altro canto coloro, che testè, e per lungo tempo, obbedito avevano ai comandamenti suoi, s'ingegnassero diligentemente a ributtarlo. Abbenchè i Virginiani affermavano, ch'era loro data onesta cagione di così far dal governatore; poichè le soldatesche regie non solo la conservazione di sè, ma di più la distruzione del paese avevano in mira. Si lamentavano, che rapissero le persone a loro moleste, ed in sulle navi le confinassero; che guastassero le piantagioni, incendiassero


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