Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo III. Botta Carlo
ma fu maggiore il numero degli Austriaci uccisi in quell'ostinato conflitto. Al tempo medesimo Serrurier e Guyeux varcavano la Piave a Vidoro e ad Ospidaletto, ed occupato Conegliano e Sacile si avvicinavano al Tagliamento. Aveva l'arciduca munito la sponda sinistra di questo, piuttosto impetuoso torrente che giusto fiume, di trincee con averle afforzate con artiglierie. Stanziavano anche numerose torme di cavalleggieri pronte a ributtare l'inimico, ove passasse. Ma queste erano meglio dimostrazioni per ritardare, che per arrestare l'inimico, perchè le acque del Tagliamento, non ancora sciolte le nevi sui monti, si potevano guadare in molti luoghi. Per la qual cosa i Francesi, schivando i passi muniti, riuscivano facilmente sulla sinistra. Fuvvi qualche incontro di cavallerìa assai brava, ma i fanti Tedeschi fecero sperienza di poca virtù, quando la cavallerìa dei repubblicani, varcato il fiume, gli ebbe assaltati. Al contrario i primi fanti francesi che avevano passato, percossi vigorosamente dalla cavallerìa tedesca, avevano contrastato con molta forza. Fu poco notabile in questo fatto la perdita dei repubblicani. Mancarono degl'imperiali meglio di seicento soldati tra uccisi e prigionieri: s'aggiunsero alle conquiste dei vincitori sei cannoni. Venne prigione in mano loro il generale Schultz.
Passato il Tagliamento, ed assicurato Buonaparte sulla sinistra per la vittoria di Massena, che già da Cadore, valicando dai fonti della Piave a quei del Tagliamento, si accostava con presti alloggiamenti alla Ponteba, si stendeva per tutto il Friuli, cacciandosi avanti verso il Lisonzo le armi Austriache, che debolmente combattendo facilmente gli cedevano del campo. Già le fortezze di Palmanova e di Gradisca, e già Gorizia erano in poter suo venute. Quindi allargandosi a destra s'impadroniva di Trieste abbandonato da' suoi difensori, e fatta una subita correrìa sopra Idria, faceva sue quelle ricche miniere d'argento vivo, bottino ricchissimo, ma non tanto quanto portò la fama. Verso sinistra, procedendo altresì molto risolutamente, prendeva Cividale e s'incamminava a Chiavoretto, perchè voleva consuonare con Massena nel carico, che questi aveva d'impossessarsi del passo importante della Ponteba. Grande era questo suo pensiero; conciossiacchè se Massena guadagnava il passo della Ponteba, poi quello di Tarvisio, che gli succede, gli sarebbe venuto fatto di spuntare il fianco destro dell'arciduca, di separarlo da Kerpen, e da Laudon, d'impedire i rinforzi, che dal Reno gli pervenivano, e forse ancora di giungere a Clagenfurt sulla strada per a Vienna innanzi che il generalissimo Austriaco vi arrivasse. Con ciò conseguiva anche l'altro intento di assicurarsi la congiunzione delle genti di Joubert, che per la valle della Drava dovevano venire dal Tirolo. Parte di questi pensieri recava ad effetto, e parte no, perchè gli venne interrotta dalla celerità e dalla prudenza dell'avversario.
Ma prima che raccontiamo le importanti fazioni che ne seguirono, necessaria cosa è il descrivere, come le cose passassero tra Joubert da un canto, e Liptay, Kerpen e Laudon dall'altro nel Tirolo. Come prima ebbe avviso Joubert dei prosperi fatti accaduti nel Friuli, si metteva all'ordine per eseguir le imprese, che alla fede, ed al valor suo aveva Buonaparte raccomandate. Varcava il Lavisio il dì venti di marzo, non ostante che i cacciatori Tirolesi posti ai passi, con ispessi tiri ogni opera facessero per impedirlo: urtava Kerpen, che aveva un forte campo sulle alture di Cembra, tentando di accerchiarlo a sinistra per Cavriana. Al tempo stesso per la strada di Bolzano, e a destra marciavano Delmas, e Baraguey d'Hilliers. Fu valida, ma non lunga la difesa, pel timore che ebbe Kerpen di essere circuito sulla destra della sua fronte, però con celeri passi si ritirava a San Michele, donde gagliardamente anche combattuto dai Francesi viemmaggiormente indietreggiando, andava a porsi più sopra a Bolzano. Grave danno patirono in tutti questi fatti gli Austriaci, avendo perduto tra uccisi, feriti e prigioni circa tre mila soldati. Entravano successivamente, benchè non senza nuove battaglie e molto sangue, i Francesi in Salorno, in Peza, ed in Newmarket. La ritirata tanto presta di Kerpen poneva in grave pericolo Laudon, che alloggiava sulla destra dell'Adige, perciocchè le raccontate fazioni accadevano sulla sinistra. Nè i Francesi trasandavano la occasione; anzi, varcato il fiume ai ponti di Salorno e di Newmarket, assalivano Laudon nel suo campo di Tranen, e lo rompevano con uccisione di molti, e con circa novecento prigioni, e parecchie artiglierìe prese. Dopo questa rotta, che faceva impossibile a Laudon di ricongiungersi con Kerpen, non ebbe altro rimedio, che di cercar ricovero nelle parti superiori della valle di Merano. Quivi stette aspettando, che la fortuna gli offerisse nuova occasione di risorgere.
Seguitavano i Francesi il corso della fortuna vincitrice, ed urtato Kerpen che aveva fatto un forte alloggiamento alla Chiusa, lo avevano sloggiato e percosso di modo, che abbandonato anche Brissio, pensava a ritirarsi a Sterzing, luogo molto scosceso, stretto, rotto, difficile, e posto nelle montagne del Brenner presso al sommo giogo dell'Alpi, dove si spartono le acque dell'Adige e dell'OEno, ultima difesa d'Alemagna contro chi viene dalle terre d'Italia. I Francesi lo assaltavano audacemente in quel fortissimo alloggiamento; fu dura e sanguinosa la battaglia; furono costretti a tornarsene indietro, o che l'intoppo fosse troppo forte, o, come pare più probabile, che l'intento loro fosse solamente di assicurarsi, non di passare, perchè era pericoloso a Joubert di condursi sino ad Inspruck, e non conveniente ai disegni di Buonaparte, che voleva vicina a se, e non lontana, nè separata da alte e disagevoli montagne quella schiera. Adunque Joubert si fermava a Brissio, dove poteva a suo grado o stare osservando le cose del Tirolo, o marciare per Bruneca e Toblaco a Linzo, e di là fino a Villaco per trovarvi Buonaparte. Ma non tardava a fare la fortuna, che quello, che era elezione per lui, diventasse necessità.
Chiamava Laudon i Tirolesi all'armi, gli chiamava Kerpen: secondava con ardenti esortazioni l'opera loro il conte di Lerback, personaggio di grande autorità, e molto potente nelle cose del Tirolo. I bellicosi abitatori di quelle montagne al suono di voci tanto gradite correvano all'armi bramosamente contro i conculcatori della patria loro: nè il sesso, nè l'età si rimanevano, perchè furono veduti e vecchi, e donne, e fanciulli, dato di mano alle armi, che il caso od il furore parava loro davanti, mettersi in piè per difendere le antiche ed amate sedi loro. Nè la stagione sinistra, nè le alte nevi, nè i grossi ed impetuosi torrenti, nè ogni disagio di guerra o di vettovaglia gl'impedivano. Passava tant'oltre quest'improvviso tumulto, che sul principiar di aprile, risuonando quelle valli d'ogni intorno d'armi e di grida guerriere, meglio di venti mila combattenti erano in pronto contro quella gente venuta da lontani paesi per conquistargli. Intanto i generali Tedeschi, che sapevano, che le moltitudini disordinate sono piuttosto preda, che danno ad un nemico bene ordinato, avevano distribuito in battaglioni giusti quella massa tumultuante, e mescolatovi, per dar polso e regola, alcuni drappelli di regolari. Principale fondamento facevano nell'opera di costoro, perchè questi popoli accorsi, sapendo il paese, potevano acconciamente ferire alla leggiera, opprimere i traviati, mozzar le strade, riuscire improvvisi alle spalle, bersagliare da lungi e da luoghi erti, soprapprendere le bagaglie, impedire la vettovaglia, insomma fare ogni cosa avanti, a' fianchi, e addietro sospetta e pericolosa.
Kerpen e Laudon, fatti forti da questo accalorato stormo, ed ingrossati anche da qualche battaglione di regolari venuti dall'esercito Renano, si consigliavano di voler cacciare del tutto dal Tirolo i repubblicani. Con questo pensiero Laudon, che aveva spogliato d'abitatori la valle di Merano, ed ordinatigli sotto le insegne, calava minacciosamente da quei luoghi alti e dirupati, ed andava a battere a mezza strada tra Brissio e Bolzano, col fine di tagliar il ritorno ai Francesi alle parti disottane dell'Adige. Gli riusciva l'intento, perchè assaltate con impeto le vanguardie Francesi, le faceva piegare, e s'impadroniva di Bolzano. Fatto poscia più audace dal fortunato successo, saliva per le rive dell'Adige per congiungersi con Kerpen, e per istringere vieppiù Joubert, che tra l'una schiera e l'altra stanziava a Brissio. Occupava la Chiusa, poi Steben, tanto ritirandosi i Francesi più in su, quanto più s'avvicinava Laudon: già Brissio medesimo pericolava. Nè se ne stava neghittoso in questo mezzo tempo Kerpen, perchè calando con le sue genti miste di Tirolesi e di Tedeschi da Sterzing, rincacciava i repubblicani fin sotto le mura di Brissio. Per questo modo a Joubert accerchiato da tre parti, a tramontana da Kerpen, a ostro ed a ponente da Laudon, non rimaneva più altro scampo, che a levante per la valle del Puster, poscia per quella della Drava sino a Villaco. Partitosi da Brissio il dì cinque aprile, e ritardato l'impeto di Kerpen, che lo voleva seguitare, con aver rotto il ponte sull'Eisaco, arrivava il giorno otto a salvamento a Linzo, dove trovava alcuni squadroni di cavalleria, che il generalissimo, geloso di quel passo, aveva mandati ad incontrarlo. Poscia marciando sollecitamente in giù per le rive della Drava, e rotte alcune squadre collettizie all'Ospedale, che volevano serrargli il passo, conduceva ad effetto a Villaco la congiunzione dei due eserciti. Ma Laudon non si ristava; che anzi cacciando all'ingiù dall'Adige i Francesi,