La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

La plebe, parte II - Bersezio Vittorio


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male attorcigliato, così che, in vece della signora del luogo, uom la prenderebbe facilmente per l'ultima delle fanti della casa.

      La signora Teresa, appena entrata in istanza, si affrettò a levare dalle spalle del figliuolo l'umido pastrano, e traendolo amorosamente verso una poltrona che si trovava in faccia al fuoco divampante, ve lo fece sedere.

      – Costì: diss'ella, e rasciugati un po' i piedi a questa bella fiamma. Ve' che giudizio, per un tempaccio simile far sì lunga strada a piedi con di scarpe come queste, sottili come una pellicola d'aglio.

      E Francesco di rimbalzo, sforzandosi sempre a parer gaio e scherzoso:

      – E ve' da parte tua, mamma, che giudizio a star levata tutta notte a questa stagione, per che cosa? Per aspettare un figliuolo che non ha più i lattaiuoli e il quale s'è andato a divertire.

      – Oh! io, la è un altro paio di maniche… Prima di tutto io non posso fare diversamente… Che cosa varrebbe che mi mettessi a letto? Tanto e tanto nè potrei chiuder occhio, nè manco starmene ferma e tranquilla. Che cosa vuoi? Le son cose che le capisce soltanto una madre. Finchè tutti quelli della mia piccola famiglia, non sono rientrati nel nostro domestico tetto; finchè non li so tranquillamente coricati tutti, io non posso aver quiete. È una cosa puerile, assurda, tutto quello che vuoi; ma mille paure mi assalgono. Mi pare che qualche brutto avvenimento li può cogliere; che la disgrazia può approfittarsi di ciò che non siamo uniti per piombare addosso a quello che manca.

      Queste parole della madre erano troppo corrispondenti alla verità del caso avvenuto a Francesco, cui egli voleva ad ogni patto nascondere alla povera donna, perchè il giovane non fosse assalito da una subita dolorosa emozione. Si volse in là per nascondere alla madre il turbamento della sua faccia, ma tanto non potè reprimere il suo affanno che un doloroso sospiro non gli uscisse dalle labbra.

      Alla signora Teresa non isfuggì questo sospiro.

      – Che cos'hai? diss'ella vivacemente, levando la testa e lo sguardo sul volto del figliuolo.

      – Io?.. Nulla. Che cosa vuoi che abbia? Sono stanco, assonnato… To', poichè vedo la cuccuma lì, prenderei volentieri un po' di caffè.

      Il coprilume della lampada impediva che sul volto di Francesco percotesse tanta luce da distinguerne la pallidezza; poi la buona donna, volendo affrettarsi a soddisfare il desiderio del figliuolo, si precipitò verso il camino a mettere la polvere del caffè nella cuccuma in cui l'acqua bolliva. Per quella volta il giovane ottenne ancora il suo intento.

      – Ti sei tu ben divertito a codesta festa? domandava intanto la madre, curva sul fuoco, curando che il caffè bollisse a dovere senza traboccar nelle ceneri.

      – Sì, sì, molto: rispose Francesco, cercando sempre di dare alla voce il suo tono naturale.

      – C'era molta gente, non è vero? E che lusso neh? Ci saranno state tutte le belle signore di Torino.

      – Sicuro… Una confusione di gente da non poter trovar luogo nè da stare, nè da respirare.

      – A proposito di bellezze, c'era ella quella nobilissima signorina che fu compagna di Maria nel poco tempo che tua sorella stette nel convitto del Sacro Cuore, madamigella?.. Com'è già che si chiama?

      Francesco ebbe una lieve contrazione del viso che indicava quanto quella domanda lo turbasse: non ebbe forza a rispondere di subito. La madre, credendo che il figliuolo non avesse compreso di chi ella voleva parlare, si volse indietro del capo, mentre seguitava a star curva presso il fuoco e soggiunse:

      – Sai bene quel fior di bellezza, la nipote del marchese di Baldissero?

      Francesco fece uno sforzo su se medesimo, e rispose come se gli si parlasse d'una cosa indifferente.

      – Sì, sì: madamigella Virginia di Castelletto. La ci era… – Si fermò un istante e gli sfuggì un lieve sospiro, poi soggiunse: – … E più bella che mai.

      La madre si alzò colla caffettiera in mano, versò in una chicchera il liquido fumante, e messovi dentro lo zucchero, venne presso al giovane agitando il cucchiarino.

      – To', Cecchino, e dimmi se l'ho saputo fare al solito secondo il tuo gusto.

      – Eccellentissimo: disse il figliuolo, appena ne ebbe preso un sorso: eccellentissimo come sempre.

      Bevette, poi rimise la tazza nelle mani della madre; mentre questa andò a riporla sopra la tavola di marmo d'una mensola, Francesco s'alzò da sedere, si passò la mano sulla fronte, ed afferrato il suo mantello, se lo gettò sull'avanbraccio sinistro.

      – Addio mamma, diss'egli, mettiti a letto e fa di dormir bene.

      – Vai già? Domandò la signora Teresa che, posata in fretta la tazza, si volse vivacemente verso il figliuolo.

      – Sono stanco, ho bisogno di riposare ancor io… Dàmmi un bacio, mamma.

      Nel dire queste parole, la voce del giovane tremò un pochino. Teresa se ne accorse, fe' rattamente saltar via di sopra la lampada il coprilume e d'un balzo fu presso il figliuolo, le sue mani sulle spalle di lui, il volto innanzi al volto, gli occhi entro gli occhi. Vide allora il pallore di Francesco, vide i tratti accusare un turbamento interno che invano e' si sforzava nascondere, vide la nube di mestizia che ne copriva la bella fronte, ordinariamente così serena, seggio della sincerità.

      – Tu hai qualche cosa, Francesco? Di certo t'è capitato alcun che? Oh che cos'hai?

      Il giovane scosse il capo in segno negativo, non fidandosi abbastanza della fermezza della sua voce.

      – Forse non ti senti bene?

      Francesco avvisò che fra i motivi d'inquietudine per la buona madre, questo della salute era ancora minore d'assai di quello che sarebbe stato il conoscere la verità, e tostamente si decise di accettare la scappatoia che così gli veniva offerta.

      – Gli è ciò: diss'egli. Non mi sento del tutto bene… Ma l'è una cosa da nulla, si affrettò a soggiungere. Il gran caldo di quelle sale, la luce soverchia, i profumi mi hanno dato un po' alla testa.

      – Santa Madonna della Consolata! Esclamò la buona madre tutto già l'animo sottosopra. Ecco! Hai voluto venirne a piedi, ti sarai presa una costipazione…

      – Ma no, ma no…

      – Ed io che invece di lasciarti andare subito a coricare ti tengo qui!.. Presto presto che prendo lo scaldaletto e ti vado a metter sotto le coltri.

      Il figliuolo volle dissentire, pregò la madre di rimanersi nella camera sua e di non farne nulla; ma ogni sua parola fu inutile, Teresa pose nello scaldaletto tutta la bragia che c'era nel suo camino, spinse Francesco nella camera ove dormiva, lo sollecitò aiutandolo a spogliarsi, e non lo lasciò più, finchè non lo vide colle coltri fin sopra le orecchie.

      Prima di ritirarsi, e Francesco la pregava di andare a letto ancor essa senza ritardo, ch'egli si sentiva un gran sonno, Teresa depose un bacio amorosissimo sulla fronte del figliuolo, e gli disse:

      – Dormi bene; se hai bisogno di qualche cosa, suona che io sarò qui subito.

      – Sì, sì, grazie; ma non avrò bisogno di nulla. Dormi bene anche tu mamma. Fra poche ore sarò guarito.

      La madre uscì su queste parole.

      Francesco le tenne dietro collo sguardo pieno di amore, e quando essa ebbe chiuso l'uscio alle sue spalle il giovane sorse a sedere sul letto.

      – Fra poche ore: diss'egli. Chi sa che cosa sarà di me?

      Stette così un poco, immobile, sovrappreso dal tristo pensiero, poi sentendosi intirizzire dal freddo della notte, si riscosse, saltò giù dal letto ed acceso un lume si vestì di fretta. In quel punto rientrava la carrozza ch'egli aveva mandato a cercare dal portiere. Francesco guardò l'ora: erano le cinque meno un quarto.

      – Ho più di due ore per provvedere alle mie cose: diss'egli.

      Sedette alla sua scrivania e scrisse due lettere, una per suo padre, l'altra per la madre. S'interruppe assai volte nell'opera sotto l'assalto d'una profonda emozione. Chiese loro con calda supplicazione perdono del dolore che avrebbe cagionato,


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