La plebe, parte III. Bersezio Vittorio

La plebe, parte III - Bersezio Vittorio


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si mostrava che nell'apoteosi dell'uniforme, colla corte olimpica del suo stato maggiore.

      Ma quello che non poteva vedere per sè, voleva sapere per esatti e moltiplici rapporti d'agenti. Aveva una polizia segreta, tutta sua personale, che camminava parallela e faceva il riscontro a quella dei Ministri. Talvolta questa polizia vi metteva tanto zelo che gli apprendeva anche ciò che non era. Il Re ascoltava cupamente tutte le narrazioni e le denunzie, leggeva da solo tutti i rapporti che gli venivano comunicati, li rinchiudeva in un suo stipo segreto – e non diceva nulla. Ma quali e quante diverse impressioni si avvicendavano in quell'animo sempre chiuso!

      Quando il marchese di Baldissero venne ad esporgli i fatti che conosciamo, per conchiuderne, doversi quei giovinotti considerare come imprudenti ed esaltati cervellini e non altro, e quindi non aggravare su di loro la mano severamente punitrice dell'autorità, Carlo Alberto sapeva già tutto; ma pure si guardò bene dall'interrompere il marchese nella sua narrazione, e lo ascoltò immobile, in quell'attitudine di stanco abbandono che gli era abituale, il capo reclinato, il petto curvo, il suo giallognolo pallore sulla faccia incommossa, levando di quando in quando i suoi occhi generalmente miti dallo sguardo velato, per fissarli in volto a chi gli parlava e riabbassarli poi tosto.

      Quando Baldissero ebbe finito, successe un istante di silenzio: pareva che il Re andasse cercando le parole che aveva da dire. Poi levò lentamente quella mano che teneva appoggiata alla tavola, se la passò sulla fronte due o tre volte, quindi vi appoggiò su il mento, tenendo il gomito puntato al piano della tavola e parlò colla sua voce bassa, come soffocata, di debole vibrazione, ma non disgradita:

      – Ella dunque, signor marchese, è per la clemenza ed il perdono?

      Baldissero s'inchinò.

      – Ha ragione. Ella sa interpretare appunto i miei sentimenti, e consigliarmi quel partito a cui propendo. E tanto maggior effetto mi fanno le sue parole, in quanto che ho sempre creduto… so… che Ella conta fra coloro… fra quei zelanti difensori del trono che lo vogliono difeso validamente e senza debolezza nessuna contro gli assalti de' suoi nemici.

      – Contro veri assalti di veri nemici, Maestà sì: ma questi giovani non mi sembrano tali, e i loro atti non meritano altro titolo che di ragazzate.

      Il Re tornò a stare alquanto tempo in silenzio.

      – Sono del suo parere, diss'egli poi, ma vi è qualcheduno che pretende esservi qualche cosa di più serio e di più colpevole che non paia, e che Ella non creda, signor marchese. Il vero è che una frotta di giovani si radunava in casa di un certo pittore, e di qual tenore fossero i discorsi che aveano luogo lo provano i libri che si rinvennero presso uno degli arrestati e certo scritto che fu trovato presso un altro…

      S'interruppe e volse uno di quegli sguardi che balenavano raramente nelle sue pupille – uno sguardo vivo e scrutatore – sulla faccia del marchese.

      – Anzi, soggiunse, Ella, s'io son bene informato, ha presso di sè codesto scritto.

      – Sì Maestà.

      – E può giudicare adunque meglio di qualunque altro delle tendenze e delle segrete volontà di codestoro.

      – Quello scritto è l'opera giovanile di un'intelligenza precoce che ha molte idee e poca esperienza. Gli errori vi sono molti; anzi è tutto un errore, poggiando ogni sua considerazione ed opinione sopra una falsa base primitiva; ma in quelle pagine, a dir vero, non si rivela mai l'empia foga di chi non anela ad altro che mandare a soqquadro la società. Lo scrittore cerca e propugna una modificazione degli ordini esistenti – una modificazione assurda, già s'intende – ma non vuole violenza di rivoluzione… Io pensava, Sire, che queste giovani intelligenze irrequiete, mosse ordinariamente da una ambizione che non è neppur condannevole, si possono agevolmente acquistare alla buona causa mercè qualche benignità e favore; e primo favore oggidì per codestoro è un generoso perdono.

      Carlo Alberto guardava innanzi a sè coll'occhio appannato, e pareva immerso in una profonda meditazione.

      – I momenti sono molto gravi: diss'egli poi lentamente, con parola quasi mozzicata e voce contenuta; i tempi sembrano preparare chi sa che difficoltà e pericoli. Nelle ombre, sotto lo strato apparentemente tranquillo della società, si agitano passioni parecchie, diverse, ed alcune feroci. L'empia opera contro l'altare ed il trono si va propagando sordamente coll'arte delle congiure e coll'audacia delle ispirazioni diaboliche. Tutte le relazioni che ricevo da ogni parte si accordano a certificare il pericolo. Il nuovo Pontefice solo colla sua clemenza non par egli aver data ansa ai più audaci propositi dei liberali italiani? Di Francia giungono spaventose notizie di cospirazioni, di tendenze sovvertitrici peggiori di quelle del tempo del terrore, cui troppo si teme che la monarchia parlamentare sia debole per contenere e reprimere. In tali epoche di crisi conviene egli esser clementi?..

      S'interruppe e tacque un istante, immobile nel suo atteggio, come impietrito, senza volgere pure uno sguardo al suo interlocutore.

      – Una modificazione degli ordini esistenti? Riprese egli poi, quasi parlando a se stesso. Quella benedetta gioventù non dubita di nulla. Quale modificazione? Non sono dunque mai soddisfatti questi indiscreti di novatori! Dacchè Dio mi chiamò al trono fu un continuo introdurre di tutte le migliorie possibili in ogni ramo della pubblica azienda. Ma essi vogliono l'impossibile!.. Marchese, Ella mi disse che in quello scritto c'era dell'ingegno e c'erano molte idee.

      – Sì, Maestà.

      – Non è dunque un tempo sciupato il gettarvi sopra gli occhi?.. Voglio vederlo.

      Baldissero s'inchinò in segno di ubbidiente assentimento.

      – Esser clemente! continuò il Re con una specie di sospiro: è pure codesto il mio più caro desiderio… Avrei voluto esserlo sempre.

      Una nube sembrò passare sulla sua fronte; e la luce del suo sguardo parve offuscarsi maggiormente. Forse pensava alle fatali fucilazioni d'Alessandria.

      – Ma un re, soggiunse con alquanto più di vivacità, può essere clemente per tutte le temerità che minacciano la sua persona soltanto, ma quando è il trono che si vuole assalire, quando è la dignità della corona che è offesa, quando in noi è ferita quella sacra istituzione che rappresentiamo: la monarchia; allora è dovere – ah! crudele dovere – in un re l'essere inesorabile.

      – Sire: disse il marchese, poichè il Re si fu taciuto; come ho già avuto l'onore di accennare, io continuo a credere che in questo caso…

      Carlo Alberto lo interruppe facendo un cenno colla mano che tolse da sostenere il mento e che con lenta mossa ripose, richiusa a pugno, sul piano della tavola.

      – Io non parlo di questo caso. Parlo in generale.

      Vi fu di nuovo una pausa di pochi minuti secondi.

      – Sa Ella, marchese, ripigliò a dire il Re schiudendo le pallide labbra ad un pallido sorriso; sa Ella che poc'anzi il conte Della *** propugnava qui la causa precisamente contraria a quella da Lei sostenuta? Egli vuole la severità.

      – A V. M. l'apprezzare quale delle due cause sia più degna di Lei.

      Carlo Alberto estinse ad un tratto quel lieve sorriso che gli aleggiava sulle labbra, chinò il capo e si tacque.

      – Il conte Della ***, continuò il marchese, ha egli prove maggiori di quelle ch'io conosca della colpevolezza pericolosa di que' giovani?

      – Ha delle presunzioni… che hanno un certo valore… Una prova però sarebbe quella che sotto nome finto e sotto le spoglie d'un artista di canto avesse strettissime attinenze con quei giovani un tal emigrato romano, ribelle alla Santa Sede, audacissimo rivoluzionario.

      – Ma la cosa mi pare quasi affatto esclusa. Il conte San-Luca ha affermato a suo zio Barranchi che questo tale è precisamente quel che si spaccia e non altro.

      – Venne ad affermarlo anche il duca di Lucca.

      Le labbra del Re tornarono a stirarsi in quel cotale fugace e leggiero sorriso.

      – Ma egli è una testa così sventata!

      Quel sorriso scomparve, come quell'altra volta, di botto.

      – Fra quei giovani, soggiunse


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