Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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se tu l'ame.

              Le ninfe di Diana servitrici,

              rispetto a quelle, ti parran villane,

         15 incolte, indotte, zotiche e mendíci.

              O ben dell'aspre selve, o cose vane,

              tanto veloce lo tempo vi toglie,

              che come d'ombra nulla ne rimane!

              Non posson contentar l'umane voglie,

         20 che 'n sé non hanno esistente bontade,

              e 'l ciel le logra, mentre sopra voglie.

              E, perché il ciel voltando sempre rade,

              quel che fu nuovo riveste l'antico;

              però le cose belle si fan lade.

         25 E, perché meglio intendi ciò ch'io dico,

              vien' su nel carro mio, che alla 'nsú monta,

              tra l'esercito mio saggio e pudico. —

              Io salsi il carro e nella prima gionta

              io dissi: – O dea Minerva alta e benegna,

         30 del regno tuo alquanto mi racconta.

              E dimmi qual è 'l modo ch'io vi vegna

              e dove sta e chi 'l regge e nutríca,

              e della sua beltá ancor m'insegna.

              – Al regno mio, del qual vuoi ch'io ti dica

         35 – rispose quella – e vuoi ch'io ti dimostri,

              non vi si può salir senza fatica;

              ché nel cammino stanno sette mostri

              con lor satelli ad impedir la strada,

              che l'uom non giunga a' miei beati chiostri.

         40 E chi losinga acciò che a lei non vada,

              chi fa paura e chi occulta il laccio,

              che impacci altrui o che dentro vi cada.

              E s'alcun vince e trapassa ogni impaccio,

              lassati i mostri, trova una pianura.

         45 ove non caldo è mai troppo, né ghiaccio.

              Chi su per l'erbe di quella verzura

              s'ingegna sempre di salire avante,

              del regno mio poi trova sette mura.

              E ogni muro dall'altro è piú distante

         50 che cento miglia, e dentro alla sua mèta

              un regno tien di ninfe oneste e sante.

              Ed una donna umíle e mansueta,

              a chiunque sale, il sacro uscio disserra

              benignamente e mai a nullo il vieta.

         55 Ma pria conven che l'uom basci la terra:

              allora quella ratto apre la porta

              e va con lui; se no, 'l cammin egli erra.

              Tra quelli regni dietro a questa scorta

              chi entra trova le muse elicone,

         60 ed ognuna gli applaude e lo conforta.

              Con lieti balli e soavi canzone

              il menano a diletto su pel monte,

              facendo melodia dolce e consone.

              Pervengon poi al pegaseo fonte,

         65 ove i poeti bevon la sacra onda;

              e poi d'alloro inghirlandan la fronte.

              All'altro giro, che vieppiú circonda,

              va poi chi prega la guida che 'l mene,

              e dietro a' passi suoi sempre seconda.

         70 Sette reine, nobili camene,

              che dienno alli gran saggi le mamille,

              di latte di scienza tanto piene,

              si trovan lí e nitide e tranquille

              mostran sette scienze, ovver sett'arti,

         75 con dolce dire e con soavi stille.

              Altra regina trovi, se ti parti,

              che splende quanto il sol nel mezzogiorno,

              quando ha li raggi meno obbliqui o sparti.

              Quella regina è tutta intorno intorno

         80 fulcita d'occhi assai vieppiú che Argo

              ed ha del sole il nobil viso adorno.

              Con tutti gli occhi il regno lungo e largo

              ella contempla e rende tanta luce,

              ché quivi non può 'l viso aver letargo.

         85 La scorta saggia altrove anco conduce,

              dov'è l'altra regina sí modesta,

              ch'ogni costume e senno in lei riluce.

              Fabricio e Scipion nutricò questa.

              Ella è che ad ogni troppo pone il freno

         90 ed è negli atti e nel parlare onesta.

              Altra reina è anco dentro al seno

              d'esto mio regno, di tanta fortezza,

              che a nulla violenza mai vien meno.

              Né mai menacce, né losinghe apprezza;

         95 né fortuito caso mai la piega;

              né muta faccia a doglia, né a dolcezza:

              il piombo solo è che la vince e spiega

              sí come il diamante, e cosí face

              di questa dea chi umilmente la prega.

        100 Da questo regno sí alto e capace

              la guida sale alla nobile Astrea,

              che con Saturno resse il mondo in pace.

              Ma, poiché fu la gente fatta rea

              e l'avarizia resse il mondo male,

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