Il Quadriregio. Frezzi Federico

Il Quadriregio - Frezzi Federico


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egli evapóra:

              il qual, quando è cacciato fuor dell'ano,

              s'infiammeria come trita vernice,

        150 se si scontrasse in acceso vulcano.

              Cosí il vapor, che sú 'l mio canto dice,

              s'infiamma giunto nell'aere acceso

              e d'ogni impressione è la radice. —

              Cupido, quando a questo io stava atteso,

        155 venía per l'aere quasi uccel veloce

              colle saette in mano e l'arco teso.

              – O Taura – chiamò ad alta voce, —

              tu proverai che piú 'l mio foco infiamma

              che quel del tuo Vulcano, e che piú coce.

        160 Ei l'ha provato, e sallo la mia mamma. —

              Cosí dicendo, un colpo tal gli porse

              col dardo acceso di sacrata fiamma,

              che trapassolla e insino a me trascorse;

              e tanto m'infiammò quella saetta,

        165 ch'io grida' aiuto, e l'Amor non soccorse.

              Taura bella, di dolor costretta,

              gridò al ciel: – Vulcano, ora m'aita,

              e del crudele Amor fammi vendetta. —

      E, detto questo, cadé tramortita.

      CAPITOLO XIV

      Come Cupido fece battaglia con Vulcano e come a prego di Venere Giove discese dal cielo e pose pace fra loro.

              Parve che quella voce andasse al cielo,

              ché venne con un tuon un gran baleno

              a lei sopra la faccia e 'l petto anelo.

              E nel dir «miserere» ed anche in meno

          5 l'aere si turbò e féssi fosco,

              il quale pria era chiaro e sereno.

              E ben mille ciclopi fuor d'un bosco

              io vidi uscir e fuor delli gran monti,

              alti, che tanto abeti io non conosco.

         10 Questi hanno sol un occhio in le lor fronti,

              fabbri di Iove e duri nelle braccia,

              crudel, nelle battaglie arditi e pronti.

              Poi tra le nubi con irata faccia

              e con tempesta apparve il gran Vulcano

         15 co' tuon, co' quali a' giganti minaccia.

              E tre saette avea nella sua mano;

              cosí discese giú con sí gran grido,

              ch'egli facea tremar tutto quel piano.

              – Dov'è – dicea, – dov'è 'l crudel Cupido?

         20 Dove se' ito, traditor bugiardo?

              Vieni, ché alla battaglia io ti disfido.

              Ahi, gran prodezze mostrarsi gagliardo

              contra una ninfa, a cu' il petto hai ferito

              sí crudelmente col tuo crudo dardo!

         25 Ma, se tu se' sí grande e sí ardito,

              perché non vieni, o nato d'adultèro,

              in campo alla battaglia, ov'io t'invito? —

              Cupido, in questo, superbo ed altèro

              vidi venir volando, e mai uccello

         30 corse alla preda sí ratto e leggero.

              Ed a Vulcan: – Ritorna a Mongibello,

              sciancato, storto e dal ciel messo in bando:

              ritorna alla fucina ed al martello.

              Il dardo orato mio, il qual io mando,

         35 tu proverai; e, se ti giunge addosso,

              tu griderai a me: – Mercé domando. —

              Poi scoccò 'l dardo, ed arebbel percosso,

              se non ch'e' si gittò alla supina:

              per questo il colpo andò da lui rimosso.

         40 Su ratto si levò e con ruina

              il folgore gittò, il qual la spada

              corrode e nulla fa alla vagina,

              ch'ello è fiamma sottile e fa che vada

              dentro alli pori e ciò che non ha poro,

         45 cosí disfá, come il sol la rugiada.

              Questo di piombo le saette e d'oro

              fuse nella faretra, e smunse e róse

              ciò che v'avea di metallin lavoro.

              Quando Cupido le polse penose

         50 volle trar fuor per trarre un'altra volta,

              nulla trovò, mentre sú la man pose.

              Onde ei, scornato e con furia molta:

              – Io ho l'altr'arme – disse – e 'l foco sacro:

              quest'arme a me da te mai non fia tolta. —

         55 Cosí dicendo, furibondo ed acro

              corse in Vulcano e sí gl'incese il mento,

              che 'l volto d'ogni barba li fe' macro.

              E, di questa vendetta non contento,

              col foco s'avventò nelli ciclopi;

         60 e, poi che 'l capo incese a piú di cento:

              – Tornate alle caverne come topi

              – diceva a lor, – tornate, o turba inerte,

              o falsi e vili e neri quanto etiòpi. —

              Vulcano, in questo, sú a braccia aperte,

         65 fuggendo, salse al regno di Iunone,

              ove il vapore in saette converte.

              Ma


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